Reincarnazione, rinascita, ridivenire: la visione buddhista

Dalla pagina di Dhammadāna - Buddhismo Theravāda in Italia

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    Questo post è stato scritto dal/sul gruppo/sito Buddhismo Theravada in italia

    ... raggiungibile su Facebook Dhammadāna - Buddhismo Theravāda in Italia (www.facebook.com/theravadaitalia/)
    O in rete Buddhismo Theravada in italia (https://theravadaitalia.wordpress.com)

    che si poropone di

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    1) far conoscere al pubblico italiano la teoria e la pratica del primo buddhismo e del sistema Theravāda -l'unica delle diciotto scuole del buddhismo antico (Nikāya) tutt'oggi esistente- nei suoi molteplici aspetti e tendenze, attraverso la pubblicazione di testi tradotti dalle fonti in lingua pali (discorsi) e di altri materiali a carattere esplicativo;

    2) far conoscere la storia della genesi e degli sviluppi del pensiero buddhista e delle sue pratiche meditative, dagli albori, fino ai giorni nostri, attraverso lo studio filologico delle fonti testuali, storiche, e cronologiche;

    3) lavorare al fine di riscoprire e rinverdire le radici comuni di tutte le correnti e scuole di pensiero buddhiste (Theravāda, Mahāyāna, Vajrayāna) -radici rintracciabili negli insegnamenti del fondatore storico, Siddhārtha Gautama, come preservate nei testi canonici- attraverso lo studio comparato dei testi e dei materiali disponibili.

    Il link al post originale è www.facebook.com/theravadaitalia/posts/1602378643160361 oppure https://theravadaitalia.wordpress.com/2017...a-o-ridivenire/


    CITAZIONE
    Reincarnazione, rinascita, ridivenire: la visione buddhista
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    I termini reincarnazione, rinascita e ridivenire vengono spesso considerati identici o simili, ma in realtà ognuno dei tre possiede un proprio significato peculiare.
    Di questi tre concetti, i primi due non appartengono al Buddhismo, che invece asserisce il ri-essere o ri-divenire (punabbhava).

    Il concetto di reincarnazione (re-in-carne-azione) presuppone l'idea che qualcosa - l'anima o qualcosa di simile- trasmigri immutata da un corpo di carne ed ossa a un altro; il Buddha ha chiaramente affermato che non esiste una tale entità, dato che ogni cosa, incluso la coscienza, è un prodotto contingente di cause e condizioni e come tale soggetto al mutamento. per questa ragione, la teoria della reincarnazione non può essere ascrivibile al Buddha.

    Neanche il termine rinascita è adatto a rappresentare la visione buddhista, dato che l'idea di ri-nascita presuppone l'idea che qualcuno, un individuo o persona nasca nuovamente, identico a se stesso, di vita in vita.

    Il termine impiegato dal Buddha è Punabbhava (puna+bhava), dove puna sta per 'ancora' e bhava 'esistenza';
    Punabbhava è traducibile quindi con 'ridivenire', e concettualmente indica la continuità del bhava o esistenza condizionata, di istante istante e di vita in vita, esistenza plasmata dalle decisioni (kamma) ed alimentata dalla sete, nel suo triplice aspetto di sete di gratificazione sensuale(Kāmataṇhā), sete di esistenza( bhavataṇhā ) e sete di non-esistere(vibhavataṇhā).

    Ciò che è soggetto all'esistere o divenire è il nāmarūpa unito al Viññāṇa, ossia la materia interna ed esterna (il proprio corpo, e gli oggetti con cui interagiamo) detti rūpa,i processi mentali quali la sensazione, la percezione, il contatto, la volizione e l'attenzione, fattori atti a dare un nome o definire le cose materiali incluso il proprio corpo, o nāma, ed il processo della cognizione di tutto ciò che viene esperito soggettivamente nei termini di Io, mio (per me),il Viññāṇa.

    Dal discorso esteso sulle concause:

    "Viññāṇañca hi, ānanda, nāmarūpe patiṭṭhaṃ na labhissatha, api nu kho āyatiṃ jātijarāmaraṇaṃ dukkhasamudayasambhavo
    paññāyethā”ti? “No hetaṃ, bhante”. “Tasmātihānanda, eseva hetu etaṃ nidānaṃ esa samudayo esa paccayo viññāṇassa yadidaṃ nāmarūpaṃ.

    "Ananda, se il Viññāṇa (cognizione) non fosse ben fondato nel nāmarūpa (mente e materia), forse che si sperimenterebbero ancora nascita, invecchiamento, morte, ed il sorgere della sofferenza? "No di certo Signore"."Perciò, Ananda, questa è la causa,questa la base,questa è l'origine e la condizione del Viññāṇa, ovvero il nāmarūpaṃ."

    "Ettāvatā kho, ānanda, jāyetha vā jīyetha vā mīyetha vā cavetha vā upapajjetha vā. Ettāvatā adhivacanapatho, ettāvatā niruttipatho, ettāvatā paññattipatho, ettāvatā paññāvacaraṃ, ettāvatā vaṭṭaṃ vattati itthattaṃ paññāpanāya yadidaṃ nāmarūpaṃ saha viññāṇena aññamaññapaccayatā pavattati."

    "Ed è In questo modo, o Ananda, che esistono la nascita, l'invecchiamento, la morte, il trapasso ed il ri-apparire; In questo modo esiste un viatico per la designazione (adhivacana), la descrizione (nirutti), e la delineazione (paññatti); ed è in questo senso che esiste la sfera del discernimento (paññā) finalizzata al rendere manifesto questo stato dell'essere, ed è in questo modo che il circolo vizioso [del samsara] continua a vorticare, ovvero : mente e materia fluiscono, assieme alla cognizione, sostenendosi l'un l'altro."

    Il divenire non è quindi un processo di TRASMIGRAZIONE di un qualcosa ma la CREAZIONE reiterata della propria esistenza soggettiva (bhava) attraverso le proprie scelte, intenzioni ed azioni in una determinata sfera spazio temporale.

    Non vi è, in altre parole, alcun passaggio da un corpo all'altro, nella stessa maniera in cui una persona la cui immagine viene ripresa da una telecamera per essere ritrasmessa in televisione non viene in realtà proiettata dentro lo schermo televisivo. Si tratta di mere onde elettromagnetiche captate da un'antenna, inviate all'apparecchio televisivo attraverso un cavo coassiale e riprodotte sullo schermo. Nessuna trasmigrazione.

    Allo stesso modo, le intenzioni(kamma), alimentate dai desideri, creano la nostra esistenza, plasmandola in continuazione, e la cognizione (la consapevolezza della presenza di qualcosa) riconosce questo stato di cose, senza che vi sia alcun passaggio di alcuna entità da un corpo all'altro. Il Buddhismo afferma che questo processo dell'esistere continui dopo la morte, come effetto i tale Kamma e desideri, anche se in nessuno dei discorsi attribuiti al Buddha viene spiegato come ciò avvenga.
     
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    Trovo errato questo suo modo di analizzare il buddhismo theravada, che - guarda caso, poi - porta verso una concezione materialistica della realtà, con un deleterio determinismo della storia e della volontà, e verso una visione razionalizzante della meditazione.

    1) Il buddha sostiene che ogni cosa è coprodotta condizionatamente. Benissimo, ciò non significa che essa non continui ad esistere nelle sue conseguenze, così come una valanga o come un ceffone che diventa un livido.
    2) Il ragionamento qui mi sembra fallace: il fatto che qualcuno o qualcosa "ri-nasca" non implica che lo faccia nella sua interezza, come individuo, ma può anche rinascere in modi, forme e gradi diversi.
    Ma è lo stesso autore a portare una frase del Buddha difficilmente contestabile: "Ed è In questo modo, o Ananda, che esistono la nascita, l'invecchiamento, la morte, il trapasso ed il ri-apparire" (per altro ho il sospetto che il termine tradotto con "riapparire" in originale sia lo stesso termine di "rinascere").

    Personalmente non so fino a che grado vi sia una teoria della rinascita, nella dottrina buddhista e particolarmente in quella delle origini. Tuttavia bisogna ricordare che, all'epoca del Buddha, il ciclo delle rinascite era verità indubitabile della tradizione spirituale indiana, e che lo stesso Buddha parla sempre di "ciclo delle rinascite", e non del divenire di una sola vita. Detto questo, possiamo anche benissimo credere (come credo io) che l'insegnamento buddhista sia egualmente valido anche per salvarci solo da questa vita; così come possiamo credere (come io credo) che non sia necessario aderire alla dottrina canonica delle rinascite per considerarsi buddhisti. Quello che non si può fare, a mio avviso, è rendere l'insegnamento del buddha un insegnamento psicologico e materialistico: perché esso è un insegnamento spirituale.
    Al di là di questi punti, comunque, apprezzo molto il lavoro del ragazzo che ha creato "Buddhismo theravada in Italia" (ex "Essere Dharma" - titolo che, per inciso, è un peccato abbia accantonato, era molto bello).
     
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    Su questa "cosa" io ho solo domande. Il fatto che cosa si possa fare o non si possa fare - sempre e solo
    per quello che mi riguarda - è personale e determinato molto dalle mie storie.
    Poi meriterebbe capacità e dedizione che attualmente non riesco ad avere. In sintesi, io non so che cosa abbia detto il Buddha.
    Non penso che quanto al di fuori dell'esperienza umana debba essere in alternativa a quelle cose di cui crediamo di essere più consapevoli. In fondo si tratta comunque di percezione, di capacità di elaborare, di memoria.
    Non contrapporrei due schemi, perchè IMHO non si tratta di scrivere l'equazione corretta.
    Poi banalizzo: se non sbaglio ogni tot anni il nostro corpo cambia totalmente le sue cellule, e questo non toglie che quando finisco, finisco io e non altro. Non so se ci sia gradualità nella morte, comunque che trovo dopo non sono "io", come quel livido non è quel ceffone ... e la neve in vetta, dopo la valanga, potrebbe non trovarsi a valle.
    Suppongo che più che cercare di capire, occorra trovare una modalità: personalmente nel brano colgo forte l'invito a non accostarsi/aggrapparsi nuovamente ad una incognita che migra da qui a lì.
     
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