Differenza scuole...

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    Qualcuno saprebbe dirmi a grandi linee le differenze tra le scuole del buddhismo vajrayana? Sia da un punto di vista dottrinale quanto dal tipo di persone che da certe scuole vengono più attirate. Ho cercato in giro qualche informazione al riguardo ma non ho trovato molto. Si tratta solo di sviluppi geografici? interpretativi? o di traduzione (come ho sentito dire dal Dalai Lama).

    Inoltre una domanda specifica: tutte le grandi scuole Vajrayana sono Madhyamaka?
     
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    Il fossile con le ali

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    CITAZIONE (Almax @ 30/10/2015, 11:34) 
    Inoltre una domanda specifica: tutte le grandi scuole Vajrayana sono Madhyamaka?

    Rispondo a questa dato che probabilmente con l'altra innescherei una polemica che non mi va di innescare.

    Ciò detto, sarebbe da capire che buddhismo hai in mente. Da alcuni viene legittimamente denominato Varjayana ciò che comprende anche la via dei Sutra (penso al Buddhismo tibetano, ad esempio). Mentre è altrettanto legittimo che tu potessi avere in mente solo la via tantrica. In ogni caso per quanto ne so la risposta è grossomodo "no", soprattutto per la via dei Sutra. No nel senso che esiste un certo spazio per tenere separate la visione filosofica dalla pratica. Resta sempre fermo il principio che la filosofia deve essere uno strumento e come tale si può scegliere quello adatto a sé stessi e tale che permetta di progredire nella pratica. Potrebbero esistere monaci theravada la cui visione filosofica è la Prasangika-Madhyamaka oppure praticanti tantrici la cui visione è quella Yogācāra. Probabilmente non si danno in pratica casi più estremi di questi nel senso che si dice nei testi che a un certo punto i progressi sono possibili solo facendo riferimento a scuole per così dire "allineate" agli stati meditativi e di pratica. A prescindere da tutto resta questa ampia libertà di aderire a una scuola o all'altra e soprattutto la sua indipendenza dal tipo di visione Theravada vs. Mahayana, etc.

    Il tutto a quanto ne so, ovviamente.

    Edited by arkeo2001 - 31/10/2015, 13:29
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  3. chi@g tsel
     
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    La buddhismo si divide in hinayana e mahayana. La differenti tra i due è data dallo scopo con cui si pratica: nel prmo caso si vuole raggiungere la propria liberazione, nel secondo caso lo scopo è il raggiungimento dell'illuminazione per aiutare .ogni singolo essere ad uscire dal Samsara. Il mahayana si divide a sua volta in sutrayana e vajrayana. Qui la differenza consiste principalmente nel metodo usato. Ne sutra ci si affida alla saggezza ( comprensione della vacuità) e al metodo ( 6 perfezioni 10 terreni ecc). Seguendo quanto scritto nei sutra. Nel vajrayana cu si affida a numerose pratiche (sadane, recitazione di mantra ecc) che necessitano dell'iniziazione da parte du un maestro tantrico. Si dice che vol tantra di possa raggiungere l'illuminazione anche in una sola vita, ma che se praticato da un discepolo inadatto possa portare dritto nei reami inferiori .
    La scuola madyamaka ( prasangikae svatantrika) è una della principali 4 scuole filosofiche del buddhismo insieme alla Cittamatra, alla Sautrantika e alla Vaibashika. Non c'è alcun collegamento tra il praticare o meno il Tantra e k'appartenenza all'una o all'altra scuola filosifica.

    Il Dalai Lama è un seguace della scuola Prasangika, ma molti maestri del passato sono stati seguaci delle altre scuole. Personalmente consiglio di seguire insegnamenti di tutte la scuole filosofiche perché è di grande arricchimento nella pratica. Ps: scusate gli errori di battitura, ma scrivere col cellulare è terribile!

    Dimenticavo: esistono 4 tipi di tantra che si praticano in base alla preparazione del discepolo. Il vajrayana era chiamato anche la via del mantra segreto e si trasmetteva a pochissimi discepoli meritevoli: per forza ai trovare poco;-) se ti interessa l'argomento puoi leggere "la via del tantra" di Lama Yeshr. Ciao!
     
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    Il fossile con le ali

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    CITAZIONE (chi@g tsel @ 4/11/2015, 21:22) 
    Non c'è alcun collegamento tra il praticare o meno il Tantra e k'appartenenza all'una o all'altra scuola filosifica.

    Sicuro/a? Se si pratica il Tantra, a quanto ne so, è necessario seguire una delle due scuole superiori (inutile che dica da non intendersi ciò in senso dogmatico eccetera). Per quanto ne so, la pratica del Tantra si basa almeno sull'aspirazione a coltivare rinuncia, bodhicitta e corretta visione della vacuità e qui casca l'asino :): le due scuole impropriamente dette "inferiori" non presentano una visione e un'analisi della vacuità sufficientemente raffinata per tutta una serie di motivi, che forse all'OP non interessano né io sarei in grado di analizzare a fondo.

    CITAZIONE
    Il Dalai Lama è un seguace della scuola Prasangika, ma molti maestri del passato sono stati seguaci delle altre scuole. Personalmente consiglio di seguire insegnamenti di tutte la scuole filosofiche perché è di grande arricchimento nella pratica. Ps: scusate gli errori di battitura, ma scrivere col cellulare è terribile!

    Io non ho le qualifiche per consigliare alcunché quindi non so cosa dire; che sia molto utile conoscerle è vero, tanto che lo studio di tutte e quattro fa parte del curriculum di studi monastici. Sul fatto che tutte e quattro siano state coltivate da molti maestri andrebbe esaminato un minimo; la sistematizzazione in quattro non è antica ed è stata stabilita prevalentemente per fini didattici, quindi l'adesione consapevole a una qualsiasi di esse ha riguardato una percentuale, credo, non maggioritaria di tutti i maestri apparsi da che il Buddha ha insegnato. Se il DL segue la scuola più "alta" delle quattro un motivo ci sarà :) Metto le mani avanti: non solo non sono praticante né altro che un semplice curioso, ma a me è di gran lunga più affine lo Yogachara. Quindi non sto insinuando che conti solo la Prasangika perché è a questa che fa riferimento il DL.

    ciao!

    Apx.
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  5. chi@g tsel
     
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    Qualcuno di un certo rilievo che non sia stato Prasangika c'è: Vasubandu, Dignaga, Chandrakirti sono i primi che mi vengono in mente. Quanto al fatto che la Prasangika sia la scuola più elevata nob saprei.... personalmente la trovo la più convincente, ma la mia è solo una personalissima opinione data dal mio percorso e dal mio karma ;-)
    Quanto ha quello che scrivi sull'incompatibilità tra scuole "inferiori" (non mi piace chiamarle così) e la via del vajra..... non sono sicura,ma non ho mai sentito mettere le due cose in contrapposizione

    Ps Una curiosità: yogachara Cittamatra o Svatantrika?
    Buona serata
     
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    Il fossile con le ali

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    Qualcuno di un certo rilievo che non sia stato Prasangika c'è: Vasubandu, Dignaga, Chandrakirti sono i primi che mi vengono in mente.

    Altro che rilievo, parliamo dei Grandi Dottori del Dharma... però io credo che il punto sia un po' diverso. Ovvero, ciascuno di loro potrebbe aver benissimo esposto tutte e quattro le scuole a fini didattici, posso tranquillamente credere che come visione personale (ma potremmo non conoscerla mai dato che nell'esposizione uno si "immedesima" nel soggetto) possano esserci stati grandissimi maestri non prasangika ma...: hanno davvero potuto ottenere realizzazioni molto alte aderendo dal profondo del convincimento a Sautrantika o Vaibashika? Ecco, di questo non sono affatto sicuro, e credo sia il punto centrale della discussione. Ovvero non tanto la distinzione tra le correnti delle due scuole superiori quanto il fatto che certi livelli di pratica siano "supportabili" dalle prime due.

    CITAZIONE
    Quanto al fatto che la Prasangika sia la scuola più elevata nob saprei.... personalmente la trovo la più convincente, ma la mia è solo una personalissima opinione data dal mio percorso e dal mio karma ;-)

    Beh, dai è un bel karma... Io personalmente se penso davvero alle implicazioni della visione Prasangika mi sento mancare il terreno sotto i piedi. Parlo del tentativo di farne un'esperienza per quanto nebulosa e roba di qualche istante ogni tanto; invece dal punto di vista logico-discorsivo aderire alla Prasangika si potrebbe anche definire "scontato" e "naturale".

    CITAZIONE
    Quanto ha quello che scrivi sull'incompatibilità tra scuole "inferiori" (non mi piace chiamarle così) e la via del vajra..... non sono sicura,ma non ho mai sentito mettere le due cose in contrapposizione

    In effetti non è un bell'aggettivo e non andrebbe adoperato mai. Ma non ne conosco uno migliore, sintetico e soprattutto adottato in letteratura. Per fortuna persino l'intero Buddhismo è un campo dello scibile così specifico che è facile mettersi d'accordo sul significato. Potremmo chiamarle scuole "preparatorie" ma se sono solo io a farlo non ha molto senso.

    Nemmeno io le ho mai sentite mettere in contrapposizione. Ma per esempio non si legge mai di stare attenti a non mescolare il nitrato d'ammonio con il caffè. Voglio dire, molte cose nel loro contesto possono essere scontate. Potrebbe, e sottolineo potrebbe darsi che per gli adepti della tradizione - e parlo di gente o in monastero o comunque molto a contatto - sia scontato non tanto contrapporre le scuole vs. pratica quanto adottare la visione filosofica "commisurata" agli stadi di realizzazione su cui si sta lavorando. Poi se esce fuori che una percentuale non piccola di praticanti ha potuto lavorare sull'Anuttaryogatantra avendo come base di riferimento le prime due scuole - apprezza come ho girato la frase per non usare l'aggettivo cattivo :) - avrò imparato una cosa che non sapevo.

    CITAZIONE
    Ps Una curiosità: yogachara Cittamatra o Svatantrika?

    Nessuna o se vuoi entrambe. E' una distinzione abbastanza sottile per il mio modesto livello di persona. Parlo, come prima, di essere capaci di interiorizzare quello che si legge dato che altrimenti è "spontaneo" aderire alla visione Madhyamika-Prasangika, tanto più che grazie allo scetticismo antico della civiltà greco-romana non è affatto difficile entrarci in sintonia. Per questo, sono essenzialmente attratto dall'idea di una mente che "crea" il mondo (nel senso che ovviamente non ho bisogno di dirti) mentre non mi ritengo capace di trovare pertinente la distinzione tra le due correnti (e mi pare ce ne sia pure una terza, ma forse "cade dall'alto" e fa parte delle divisioni della Madhyamika, ora su due piedi non ricordo). Posso capirla ma è un dato che resta lì, per limiti miei.

    Ciao :)

    Apx.
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  7. chi@g tsel
     
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    Si dice che quando, riflettendo sulla vacuità, si comincia a sentirsi mancare la terra sotto i piedi si sia sulla buona strada. :D

    Si dice che sia peculiarità di un Buddha adattare il proprio insegnamento alle capacità più o meno acute del discepolo e che, per questo egli abbia dato insegnamenti che appaiono in contraddizione gli uni con gli altri. Crederlo o meno è questione
    Di fede. Lo stesso quesito può essere posto anche su quanto gli esponenti delle varie scuole credessero effettivamente in quanto insegnavano.

    Sicuramente la visione della vacuità data dalla scuola Prasangika è assai difficile da comprendere, figuriamoci da "applicare"! Per fortuna la prospettiva buddhista è a lungo raggio! Vita dopo vita mi auguro di riuscire a muovermi nella giusta direzione. A prest
     
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    Wow! la scientificità di queste risposte mi lascia letteralmente a bocca aperta!

    La mia domanda innanzitutto è sorta da una, implicita,precedente, che non volevo esplicitare e che speravo che qualcuno tra le righe rispondesse. Ma ora vengo allo scoperto: la scuola Kagyu è sola-mente? (credo che sia yogacara ? ). Questo mi disse un'insegnante laica con cui feci un ritiro di Nyungne. Non ci ho mai dato tanto peso, sino a quando non ho cominciato a leggere il commentario del Dalai Lama (Practicing Wisdom) all'ultimo capitolo della Guida al Bodhisattva (Shantideva).

    Orbene, in questo libro tutto il testo è impegnato a confutare le altre scuole di pensiero, elevando la visione Prasangika a discapito dello Svatantrika, Cittamatra ecc ecc.

    Leggendo di queste cose quindi la domanda è emersa: i Kagyu sono veramente una scuola mind-only?

    Anche se la risposta fosse negativa, vi chiedo quindi (per curiosità personale) cosa significa essere mind-only.
    Il sito buddhism.about.com da questa definizione iniziale "The Mahayana philosophy of Yogacara (Sanskrit, "application of yoga") teaches that the reality we think we perceive does not exist except as as a process of knowing".

    questo termine (fondamentale) EXCEPT è un game changer (oggi sto in fissa con gli inglesismi). " [...] la realtà che pensiamo di percepire non esiste ECCETTO (SE NON) attraverso un processo di conoscenza ". Quindi lo Yogacara ammette un livello di esistenza intrinseca?
    se si di che cosa?
     
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  9. Latrinity
     
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    CITAZIONE (Almax @ 7/11/2015, 09:58) 
    Wow! la scientificità di queste risposte mi lascia letteralmente a bocca aperta!

    La mia domanda innanzitutto è sorta da una, implicita,precedente, che non volevo esplicitare e che speravo che qualcuno tra le righe rispondesse. Ma ora vengo allo scoperto: la scuola Kagyu è sola-mente? (credo che sia yogacara ? ). Questo mi disse un'insegnante laica con cui feci un ritiro di Nyungne. Non ci ho mai dato tanto peso, sino a quando non ho cominciato a leggere il commentario del Dalai Lama (Practicing Wisdom) all'ultimo capitolo della Guida al Bodhisattva (Shantideva).

    Orbene, in questo libro tutto il testo è impegnato a confutare le altre scuole di pensiero, elevando la visione Prasangika a discapito dello Svatantrika, Cittamatra ecc ecc.

    Leggendo di queste cose quindi la domanda è emersa: i Kagyu sono veramente una scuola mind-only?

    Risposta secca: non lo so. Penso ci sia una buona ragione del perché è un'affermazione che ogni tanto esce fuori, e mi pare di ricordare che anche io l'ho trovata da qualche parte. Resta fermo che come dicevo sopra la visione filosofica non è legata a filo doppio alla scuola o al tipo di pratica. Ma come accennato sopra, una relazione purtuttavia c'è. I Kagyu.pa focalizzano parecchio su pratica e meditazione e lo Yogachara è proprio il quadro di riferimento di certi stati avanzati della meditazione di Shamata, la calma dimorante. Si dice che negli stadi avanzati di Shamata si è "una sola cosa" con l'oggetto, che il dualismo tra la mente del meditatore e mondo esterno si attenua, che si ha la sensazione di "pentrare" l'oggetto di meditazione. Tutte cose che stanno a meraviglia nel quadro di riferimento dello Yogachara.

    Quindi ritengo verosimile che la maggioranza dei seguaci delle scuole Kagyu possa risuonare molto con lo Yogachara. Che invece per seguire lo Yogachara si debba essere Kagyu o viceversa, ovvero che esista un nesso di necessità, come potrai immaginare da quel che precede, penso si possa escludere con buona certezza.

    CITAZIONE
    Anche se la risposta fosse negativa, vi chiedo quindi (per curiosità personale) cosa significa essere mind-only.

    Per come la vedo (ricordo e premetto, solo da conoscenza libresca e non da pratica vissuta) il simpatizzante ideale dello Yogachara è appunto una persona che ha interesse per gli stadi meditativi e per quel genere di pratica, mentre ad esempio, tanto per divagare, un fisico o un ingegnere potrebbe avere simpatia per le prime due scuole; queste hanno punti in comune interessanti con gli atomisti della nostra filosofia occidentale e con l'epistemologia.

    CITAZIONE
    Il sito buddhism.about.com da questa definizione iniziale "The Mahayana philosophy of Yogacara (Sanskrit, "application of yoga") teaches that the reality we think we perceive does not exist except as as a process of knowing".

    questo termine (fondamentale) EXCEPT è un game changer (oggi sto in fissa con gli inglesismi). " [...] la realtà che pensiamo di percepire non esiste ECCETTO (SE NON) attraverso un processo di conoscenza ". Quindi lo Yogacara ammette un livello di esistenza intrinseca?
    se si di che cosa?

    A quanto posso dire sono due cose scorrelate (ho evidenziato il tuo "quindi" per identificare dove poni il nesso di casualità). Ciò detto, riguardo alla domanda, sempreché io ricordi bene, secondo lo Yogachara cercando tra, e analizzando i cinque aggregati si trova la mente-base-di-tutto, il kun.shi, che è il sé, realmente esistente della persona. Ovviamente secondo le scuole Madhyamika non si troverebbe "niente". Sono invece incerto su cosa affermi lo Yogachara sul sé dei fenomeni e per ora aspetto se ci sono risposte al thread, prima di aggiungere eventualmente qualcosa.

    Edited by Latrinity - 7/11/2015, 14:17
     
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    signor no
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    No ,per come ho capito io ( che pero' non conosco le scuole tibetane ma solo le versioni Giapponesi ) non esiste substrato esistente intrinsecamente ma solo coscienza .

    Il mio maestro spiegava questa visione con: non solo il tuo mondo muore con te ma tutto il mondo muore con te .

    Comunque a parte le varie evoluzioni,sulla visione Yogacara originale non mi pare ci possano essere dubbi di interpretazione ,la domanda stessa per cosi' dire "non avrebbe senso" per uno Yogacarin (credo :D ).
     
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  11. Latrinity
     
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    CITAZIONE (zenbaba @ 7/11/2015, 15:41) 
    No ,per come ho capito io ( che pero' non conosco le scuole tibetane ma solo le versioni Giapponesi ) non esiste substrato esistente intrinsecamente ma solo coscienza.

    Il mio maestro spiegava questa visione con: non solo il tuo mondo muore con te ma tutto il mondo muore con te .

    Comunque a parte le varie evoluzioni,sulla visione Yogacara originale non mi pare ci possano essere dubbi di interpretazione ,la domanda stessa per cosi' dire "non avrebbe senso" per uno Yogacarin (credo :D ).

    E' sempre interessante vedere le cose con gli occhi giapponesi, forse stiamo dicendo la stessa cosa con termini diversi. O forse, meglio, stiamo focalizzando su cose sottilmente differenti. Credo che anche uno Yogacharin tibetano assentirebbe sul fatto che "tutto il mondo muore con te", magari lo spiegherebbe in termini del karma che matura istante per istante come evento fisico-mentale e tutto l'ambaradan che è noto e non ho le competenze per riassumere per benino. Dato che nello Y. tibetano la cosa viene posta in termini per cui non c'è differenza di entità tra oggetto e soggetto, penso che come dicevo sopra sia sostanzialmente lo stesso concetto visto con due occhiali differenti.
     
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  12. chi@g tsel
     
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    Mi sono andata a riguardare il testo "meditazione sulla vacuità" di Hopkins. La peculiarità della scuola Solo Mente è che secondo loro non esistono oggetti che siano entità esterne alla coscienza che percepisce, mentre tutte le altre scuole (ad
    eccezione della Svatantrika yogachara) asseriscono che l'oggetto percepito è un'entità esterna alla coscienza che lo percepisce. I Cittamatra affermano che gli oggetti sono una causa della coscienza perché,s causa loro, si produce una coscienza che assume il loro aspetto. L'oggetto non è secondo loro una mente, ma è della stessa entità. Per loro gli oggetti sono vacui di esistenza intrinseca un quanto nominalmente designati l. Asseriscono che esiste l'auto-coniscitore come i Sautrantika (negato dai Prasangika) Altra differenza sostanziale

    Rispetto ai Prasangika è la Menre base di tutto che è la coscienza sottile che passa di vita in vita. Riassumendo: non so se la scuola Kaghiupa sia solo mente. So che Shantideva critica le altre scuole nel nono capitoli del Bodhisattvachariavatara, ma essendo un esponente della scuola Prasangika ne difendeva le idee nello stile del dibattito tibetano. Non credo volesse sottintende re che la sua fosse meglio. Dopo tutto se leggi altri testi scritti da sostenitori di altre scuole fanno lo stesso: sostengono il proprio punto di vista, cercando le falle in quello altrui

    Rileggendo mi soni resa conto che tra errori di battitura e ripetizioni non è che sia stata proprio chiara. .. :P
     
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    Qualcuno mi potrebbe consigliare un testo o più testi su questo dibattito tra le scuole?
     
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  14. chi@g tsel
     
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    Meditazione sulla vacuità di J. Hopkins anche se è una lettura impegnativa o qualche testo di Drug pa come Presentazione dei sistemi filisofici di cui non conosco l'autore.
     
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  15. Latrinity
     
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    Aspettavo che lo citasse qualcuno, così posso non parlarne troppo male :) E' un testo troppo dettagliato per chiunque, a mio parere. Alla fine, personalmente ricorro sempre al Capolavoro, che in meno di 100 pagine dà tutte le nozioni utili, ovvero "Appearance and Reality" di Guy Newland; purtroppo che io sappia in italiano non è stato tradotto ma è scritto così chiaramente che si legge abbastanza bene anche in originale. Ho sempre il testo di Hopkins a portata di mano ma appena lo apro non capisco mai in che punto della mappa io mi trovi, forse per questo bisogno di sintesi ho sempre adorato i vecchi Bignami :D

    M.O.E. ha il grande vantaggio di essere stato tradotto in italiano e anche molto bene (e sono onoratissimo di conoscere il Genio che lo ha fatto).
     
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