Voi siete dzogpa chenpo

Insegnamento sulla bodhicitta relativa e assoluta

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  1. Ohrmus
     
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    Non pratichiamo dunque per noi soltanto, ma dal momento che tutti siamo coinvolti e inclusi nella grande porta delle nostre preghiere e delle meditazioni su questa motivazione perfettamente pura. Il fluire naturale della cosiddetta " preghiera o meditazione solitaria" è spontaneamente di beneficio agli altri. E' simile ai raggi del sole, che emanano in modo spontaneo. Questo buon cuore, questo cuore puro, questa mente vasta e aperta in tibetano è detta "sem karpo" (mente bianca). Indica un cuore puro, vasto e aperto. Questa è la bodhicitta innata. Non è qualcosa che ci è estraneo, come sappiamo, bensi qualcosa con cui possiamo entrare di più in relazione, che possiamo coltivare, generare e incarnare di più. Siamo qui a parlare dei vasti e profondi insegnamenti del Dharma, quali lo dzog chen e la mahamudra, ma senza la bontà d'animo, senza l'assenza di egoismo, rischiano di essere soltanto chiacchiere, parole vuote, razionalizzazioni.

    Se un uomo è in cerca di una compagna, talvolta pensa soltanto di volere una donna che lo renda felice per le ragioni che sono proprie. Non accade spesso che pensi come potrà essere di beneficio, a come potrà aiutare questa compagna sua compagna. Una relazione del genere è già costruita su una motivazione o intenzione molto limitata, e i risultati saranno discutibili

    Un albergo può contenere molti clienti, e l'albergatore è alquanto interessato a farli contenti; generalmente, però, la sua unica motivazione sono gli affari, e la ragione per renderli felici è il profitto. Quale beneficio ultimo può mai derivare dal cercar di rendere felice la gente in un modo tanto limitato, semplicemente per il proprio tornaconto?

    Se mettiamo in pratica gli insegnamenti incredibilmente rari e profondi dello dzog chen non-duale, mossi da un'intenzione del tipo " voglio lo dzog chen, voglio l'illuminazione, voglio questo nella mia vita," e in questo c'è una quantità di attaccamento, di prepotenza, di egoismo e piccineria, come potrà esserci dello dzog chen?

    E' invece il modo per abbandonare il vero sentiero e diventare praticanti selvaggi, se non addirittura folli. Se l'attaccamento a un sé, l'adorazione per questo sé e l'aggrapparsi alla realtà delle cose rimangono forti, come potrà mai una buona pratica. Essendo lo dzog chen lo stato naturale, autentico, di liberà, apertura e perfezione primordiale?
    Se vi dedicate alle pratiche della bodhicitta( l'addestramento mentale, le preghiere dell'amorevolezza, la pratica di scambio fra noi e gli altri, ossia il gtong-len e cosi via) esse possono sembrare concettuali e relative, ma in realtà includono la verità assoluta che p la natura stessa dello dzogchen: la vasta apertura una mente grande, la purezza, la libertà e il non-attaccamento.

    Il gtong-len è un ottima pratica per coltivare la bodhicitta. letteralmente significa "dare e ricevere" p una delle pratice meditative essenziali del lohong, l'addestramento delle mente alla compassione. Dopo aver generato un'intensa bodhicitta e la compassione nei confronti di tutti gli esseri senzienti, lo yogi, seduto in meditazione, inspirando immagina di accogliere in sé tutta la sofferenza degli esseri sotto forma di fumo tenebroso, e di dissolverla ne proprio cuore, nella natura ultima della vacuità. Poi, espirando, si visualizza nell'atto di distribuire a tutti la propria felicità (beatitudine) il proprio benessere, i beni materiali e i meriti accumultati, sotto la forma di una luce di un bianco brillante che andrà a colmare di sé gli esseri senzienti, risvegliando la loro natura di buddha e conducendoli cosi all'Illuminazione.

    L'assenza di egoismo non è diversa dall'apertura non-duale, dalla vasta vacuità (shunyata). Lo dzog chen può essere primordialmente puro, e persino intatto come la neve vergine, ma se ci avviciniamo ad esso con una motivazione spuria o con un'aspirazione egoistica e impura, questa sarà una grande limitazione. SE PISCIATE SULLA NEVE, LA NEVE CHE PUR ERA BIANCA, ALL'IMPROVVISO INGIALLISCE. :)

    La parola che indica la bodhicitta, in tibetano è "sem-kye". Letteralmente, significa "apertura o fioritura della mente". E' l'opposto della mente piccina, del preoccuparsi per se stessi, del contrarsi su se stessi, e della ristrettezza mentale. Qualsiasi sentirerro di pratica si percorra (che si tratti dello dzog chen, del vajrayana, del bodhisattvayana, del veicolo theravada o di un altro sentiero spirituale), se abbiamo un atteggiamento puro e sano, nonché una mente spaziosa e tollerante, la nostra pratica sarò davvero una pratica buddhista.
    Sarà in linea con le pratiche che davvero fanno fiorire la mente, e la liberano. Questo è il vero significato di bodhicitta.

     
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9 replies since 16/8/2012, 23:40   240 views
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