Voi siete dzogpa chenpo

Insegnamento sulla bodhicitta relativa e assoluta

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  1. Ohrmus
     
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    www.amrita-edizioni.com/3/000178.html
    FONTE
    La Grande Perfezione Naturale
    Nyoshul Khenpo & Lama Surya Das

    CAP III, pag 61.
    Voi siete dzogpa chenpo
    Insegnamento sulla bodhicitta relativa e assoluta.


    Tutti gli illuminati hanno realizzato la perfetta e suprema buddhità; Tutti gli esseri noi compresi, possono farlo. Non si tratta di qualcosa di privato, di una faccenda fra i lama e i loro studenti: e qualcosa che dispiega l'infinitezza della nostra natura originaria, la nostra mente e il nostro cuore più segreto, la bodhicitta, un dono che è inseparabile da tutto ciò che vive.
    Sul piano relativo della vita quotidiana,la bodhicitta è compassione, amorevolezza e accettazione incondizionata. Sul piano ultimo o assoluto, la bodhicitta include i più misteriosi, aperti e vacui aspetti dell'essere. Sono questi i due aspetti della bodhicitta: relativo e assoluto, amore e verità. Qualsiasi cosa facciamo con una motivazione egoica, ristretta,egoistica, è molto limitato e probabilmente temporaneo.Quando agiamo avendo in mente soltanto questa vita, in questo mondo "saha" ( spinoso, come un cespuglio di rovi), il nostro ambito è contratto rispetto a ciò che potrebbe essere.Secondo un detto tibetano "tutto sta sulla punta della nostra motivazione". Il che sta a indicare quanto sia significativo, in ogni istante, coltivare l'intenzione altruistica: la bodhicitta.

    Dotati di un cuore cosi luminoso, anche le più piccole azioni e parole avranno implicazioni vaste e benefiche. Questa è la magia trasformatrice della bodhicitta, una vera e propria gemma che esaudisce tutti desideri, non diversamente dalla proverbiale pietra filosofale che trasforma in oro qualsiasi cosa essa tocchi. Che si tratti di azioni grandi o piccole, se compiute con la bodhicitta, profondamente significativa e altruistica, porteranno benefici vasti e durevoli, per tutti gli esseri senzienti ovunque essi siano, compresi gli esseri del passato, del presente e del futuro, giacché la motivazione li include tutti esplicitamente. Che l'attività in questione sia la meditazione, la preghiera o un'altra pratica dichiaratamente spirituale, tutto dipenderà dalla nostra motivazione.
    In base alla legge karmica di causa-effetto, il frutto segue infallibilmente il seme, o causa, che è prima di tutto la nostra motivazione: in secondo luogo, dipende dalle nostre azioni fisiche, Quando lavoriamo solo per nostro piacere o per la felicità personale, solo per nutrire noi stessi o per fare il nostro comodo, questa è ciò che chiamiamo una mente piccina, e non è neppure come se lavorassimo per la nostra famiglia o i nostri genitori, o a salvaguardia dei nostri figli. Se allarghiamo un poco questa motivazione nei confronti della famiglia e degli amici, anche il cuore e la mente in un certo senso si aprono. La cosa principale è avere un buon cuore, un cuore puro e sincero, essendo questo davvero l'essenza fondamentale di noi tutti, anche se di solito non la realizziamo.

    Spesso ci ritroviamo coinvolti in conflitti con la nostra famiglia, con i colleghi e cosi via. E' importante, oltre che di grande aiuto, riconoscere che questo può anche manifestarsi ma che non è necessario vederlo come un grosso problema. Perché tutto dipende dalla nostra intenzione. Possiamo lavorare con qualsiasi cosa e integrarla all'interno del sentiero, della nostra pratica spirituale, attraverso la mente pura e il buon cuore, sempre dal punto di vista del far del bene agli altri. La vera essenza fondamentale del Buddhadharma è la bodhicitta : Far del bene agli altri. Qualsiasi cosa facciamo, diventa allora secondaria a questo interno. E se coltiviamo il nostro buon cuore, l'atteggiamento non egoistico, allora tutti i conflitti e le lotte si placheranno si purificheranno, si trasformeranno in modo naturale, e diventeranno persino benefici per gli altri, attraverso il contatto con quel buon cuore che noi, quali bodhisattva, facciamo del nostro meglio per incarnare.

    Anche studiando la spiritualità per anni, se abbiamo una motivazione spuria, un atteggiamento egoistico, il nostro sentiero sarà limitato e il nostro sviluppo ristretto.Se un insegnante è eccellente nei suoi discorsi e in altre forme di insegnamento ma p mosso da una motivazione spuria, il beneficio di questi insegnamenti sarà anch'esso estremamente limitato. Un maestro spirituale deve anche incarnare impeccabilmente la purezza di cuore, essere permeato di quella generosità spontanea di quel calore orientato al sevizio che è proprio della bodhicitta altruistica: La mente-di-buddha, l'aspirazione genuina all0essere in grado di aiutare davvero gli altri e di alleviare l'infelicità tanto nel senso relativo che nel senso assoluto. Di solito la gente ha difficoltà relazionarli. Siamo ancora soggetti al karma dei klesha(emozioni conflittuali)m avremo inevitabilmente una quantità di alti e bassi.

    E tuttavia, se ci si impegna ad aiutarsi reciprocamente a risvegliarsi e a crescere insieme tutte le circostanze e le situazioni diventano assolutamente malleabili, indipendentemente dalle altalenanti impennate e le svolte inattese che possono aver luogo. Questo è un esempio di pratica della bodhicitta attraverso l'applicazione di essa nella vita quotidiana, che è peraltro il punto principale.

    Quando pratichiamo le preghiere o le meditazioni incentrate sulla bodhicitta, potremmo aver l'aria di una persona sola, come se uno praticasse per se stesso, ma in realtà non pratichiamo per noi e non siamo soli. TUtti gli esseri senzienti sono interrelati, e in questo senso sono tutti presenti tutti toccati. Come cantava Milarepa:" Quando sono la solo a meditare fra le montagne, tutti i buddha del passato, del presente, e del futuro sono con me. Il mio guru Marpa è sempre con me. Qui sono tutti gli esseri".

    Edited by Ohrmus - 17/8/2012, 15:37
     
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    Grazie per il contributo Wexell/Ohrmus, bentornato!
    Per favore puoi riportare la fonte del brano citato? ;)
     
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  3. Ohrmus
     
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    Non pratichiamo dunque per noi soltanto, ma dal momento che tutti siamo coinvolti e inclusi nella grande porta delle nostre preghiere e delle meditazioni su questa motivazione perfettamente pura. Il fluire naturale della cosiddetta " preghiera o meditazione solitaria" è spontaneamente di beneficio agli altri. E' simile ai raggi del sole, che emanano in modo spontaneo. Questo buon cuore, questo cuore puro, questa mente vasta e aperta in tibetano è detta "sem karpo" (mente bianca). Indica un cuore puro, vasto e aperto. Questa è la bodhicitta innata. Non è qualcosa che ci è estraneo, come sappiamo, bensi qualcosa con cui possiamo entrare di più in relazione, che possiamo coltivare, generare e incarnare di più. Siamo qui a parlare dei vasti e profondi insegnamenti del Dharma, quali lo dzog chen e la mahamudra, ma senza la bontà d'animo, senza l'assenza di egoismo, rischiano di essere soltanto chiacchiere, parole vuote, razionalizzazioni.

    Se un uomo è in cerca di una compagna, talvolta pensa soltanto di volere una donna che lo renda felice per le ragioni che sono proprie. Non accade spesso che pensi come potrà essere di beneficio, a come potrà aiutare questa compagna sua compagna. Una relazione del genere è già costruita su una motivazione o intenzione molto limitata, e i risultati saranno discutibili

    Un albergo può contenere molti clienti, e l'albergatore è alquanto interessato a farli contenti; generalmente, però, la sua unica motivazione sono gli affari, e la ragione per renderli felici è il profitto. Quale beneficio ultimo può mai derivare dal cercar di rendere felice la gente in un modo tanto limitato, semplicemente per il proprio tornaconto?

    Se mettiamo in pratica gli insegnamenti incredibilmente rari e profondi dello dzog chen non-duale, mossi da un'intenzione del tipo " voglio lo dzog chen, voglio l'illuminazione, voglio questo nella mia vita," e in questo c'è una quantità di attaccamento, di prepotenza, di egoismo e piccineria, come potrà esserci dello dzog chen?

    E' invece il modo per abbandonare il vero sentiero e diventare praticanti selvaggi, se non addirittura folli. Se l'attaccamento a un sé, l'adorazione per questo sé e l'aggrapparsi alla realtà delle cose rimangono forti, come potrà mai una buona pratica. Essendo lo dzog chen lo stato naturale, autentico, di liberà, apertura e perfezione primordiale?
    Se vi dedicate alle pratiche della bodhicitta( l'addestramento mentale, le preghiere dell'amorevolezza, la pratica di scambio fra noi e gli altri, ossia il gtong-len e cosi via) esse possono sembrare concettuali e relative, ma in realtà includono la verità assoluta che p la natura stessa dello dzogchen: la vasta apertura una mente grande, la purezza, la libertà e il non-attaccamento.

    Il gtong-len è un ottima pratica per coltivare la bodhicitta. letteralmente significa "dare e ricevere" p una delle pratice meditative essenziali del lohong, l'addestramento delle mente alla compassione. Dopo aver generato un'intensa bodhicitta e la compassione nei confronti di tutti gli esseri senzienti, lo yogi, seduto in meditazione, inspirando immagina di accogliere in sé tutta la sofferenza degli esseri sotto forma di fumo tenebroso, e di dissolverla ne proprio cuore, nella natura ultima della vacuità. Poi, espirando, si visualizza nell'atto di distribuire a tutti la propria felicità (beatitudine) il proprio benessere, i beni materiali e i meriti accumultati, sotto la forma di una luce di un bianco brillante che andrà a colmare di sé gli esseri senzienti, risvegliando la loro natura di buddha e conducendoli cosi all'Illuminazione.

    L'assenza di egoismo non è diversa dall'apertura non-duale, dalla vasta vacuità (shunyata). Lo dzog chen può essere primordialmente puro, e persino intatto come la neve vergine, ma se ci avviciniamo ad esso con una motivazione spuria o con un'aspirazione egoistica e impura, questa sarà una grande limitazione. SE PISCIATE SULLA NEVE, LA NEVE CHE PUR ERA BIANCA, ALL'IMPROVVISO INGIALLISCE. :)

    La parola che indica la bodhicitta, in tibetano è "sem-kye". Letteralmente, significa "apertura o fioritura della mente". E' l'opposto della mente piccina, del preoccuparsi per se stessi, del contrarsi su se stessi, e della ristrettezza mentale. Qualsiasi sentirerro di pratica si percorra (che si tratti dello dzog chen, del vajrayana, del bodhisattvayana, del veicolo theravada o di un altro sentiero spirituale), se abbiamo un atteggiamento puro e sano, nonché una mente spaziosa e tollerante, la nostra pratica sarò davvero una pratica buddhista.
    Sarà in linea con le pratiche che davvero fanno fiorire la mente, e la liberano. Questo è il vero significato di bodhicitta.

     
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  4. Ohrmus
     
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    Può essere che il cielo sia sempre limpido, chiaro, vasto infinito e cosi via, ma quando arriva il momento della pratica, è come se all'improvviso sorgesse il sole. Non che il cielo della nostra natura inerente sia migliorato ma sembra cje accada definitivamente qualcosa. Questa metafora del sole che sorge si riferisce a "rangjung yeshe" (la saggezza-consapevolezza nata da sé, spontanea, uno stato di risveglio innato della nostra natura). questa saggezza della consapevolezza spontanea, auto-generata quell'innato destarsi che spunta all'interno della nostra vera natura e il momento dello dzog chen, il sorgere della saggezza della consapevolezza auto-generata, la saggezza innata. Meraviglioso! Questo è il significato della Grande Perfezione innata, veloce e agevole, il grande sentiero diretto, veloce, spazioso naturale e confortevole.

    In una sola vita, in un solo corpo, persino in un solo istante di consapevolezza auto-generata, l'alba di Vajrasattva, la saggezza della consapevolezza innata, auto-generata, brilla come un abbagliante sole interiore. Quando entrate in contatto con questa saggezza consapevole innata che sorge sa sé, quando praticate lo dzog chen cosi com'è realmente, questa vacillante esistenza umana diventa all'istante significativa. E non soltanto diventa significativa questa vita, ma anche tutte le nostre vite, nonché le vite di tutti coloro che sono stati in relazione con noi.

    Quest'esperienza dello stato naturale, della grande perfezione innata e luminosa implica che tutte le modalità con cui ci si aggrappa a un sé, tutte le forme di dualismo, i modi in cui ci si aggrappa alla concretezza delle cose, alle loro apparenze siano ridotte in polvere, annichilite.

    L'inerente libertà d'essere è presente in modo spontaneo, primordialmente. Tutte le percezioni illusorie sono non-esistenti in modo naturale, quando spunta la saggezza della consapevolezza innata. Il proliferare del karma e dei klesha ( delle emozioni conflittuali) è fondato sull'aggrapparsi dualistico, sull'ignoranza: alla luce della consapevolezza non-duale, i klesha non attecchiscono. Tutto "va in pezzi", perché è inerentemente non-nato fin dall'inizio; e la liberò dell'essere perfetto, di rigpa, spontaneamente presente fin dall'inizio che non ha inizio, è realizzata in modo chiaro e fino in fondo in quel preciso istante.

    E' facile smarrirsi in sentieri collaterali, in tale vasta e luminosa profondità. Naturalmente sappiamo di aver bisogno di uno spirito illuminato, vasto, aperto e altruistico; ci rendiamo conto che la grande perfezione innata, la natura ultima delle cose, trascende la mente concettuale e le sue percezioni dualistiche ma:

    ED E' QUI CHE CORRIAMO IL RISCHIO DI DISCOSTARCENE: stiamo ancora a spiare, a cercare in modo acuminato e ristretto, stiamo ancora a chiederci: cos'è lo dzog chen? dov'è lo dzog chen? che cos'è? voglio percepirlo voglio conoscerlo, eperirlo... etc
    Questo è naturale, ma non p ancora il riconoscimento della nostra vera natura. E' invece il punto dove si dischia di deviare, un punto in cui non p più necessario indulgere dopo che il riconoscimento è avvenuto. E' come quando avete incontrato e conosciuto qualcuno: Non p che dovete pensare troppo per immaginarvi quale aspetto abbia costui, come sia. C'è una libertà intuitiva da tali dubbi e speculazioni, e il riconoscimento è più diretto, di prima mano.


    Edited by Ohrmus - 17/8/2012, 20:38
     
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    Salvo errori ed omissioni dovrebbe essere il Cap. III - Voi siete dzogpa chenpo. Insegnamento sulla bodhicitta relativa e assoluta (pag 61?? mah) del libro La Grande Perfezione Naturale - Nyoshul Khenpo & Lama Surya Das

    Probabilmente scrivere che è necessario specificare la fonte non basta?
     
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    Bel libro... ^_^
     
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  7. Ohrmus
     
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    Possiamo costruire molte analisi produttive; per esempio, quando sorge un pensiero, notare: questo è un pensiero. Da dove sorge? Dove va? Dov'è andato? Dov'è l'intervallo, lo spazio aperto tra un pensiero e l'altro di cui ho sentito parlare insegnamenti sul mahamudra, e che si suppone io sappia riconoscere?
    Questo ha poco a che vedere con l'autentica pratica dello dzog chen; é piuttosto una pratica mentale, una meditazione costruida talla mente, e non è la pratica di rigpa in sé. E tuttavia questi interrogativi fanno parte dei preliminari espliciti alla pratica dello dzogchen, e ci aiutano a distinguere tra la mente dualistica, ordinaria(sem) e l'innata e lucida consapevolezza(rigpa).
    Il pericolo p che stiamo dire troppo cose troppo presto.
    Crediamo di aver capito shunyata (la vacuità), ma erriamo a lato dell'assoluto, smarriti in modalità nichilistiche e obnubilati dai concetti. Come disse Nagarjuna:" Com'è triste vedere coloro che, erroneamente, credono in una realtà concreta e materiale, ma ancor più da compatire sono coloro che credano nella vacuità".Chi crede nelle cose può essere aiutato attraverso diversi generi di pratiche, attraverso il metodo dei mezzi abili, ma coloro che sono caduti nell'abisso della vacuità scoprono che è quasi impossibile riemergere dal momento che non vi sono maniglie a cui aggrapparsi, né gradini, né progresso graduale, insomma, niente da fare. Facilmente ci lasciamo intrappolare dall'aggrovigliato sottobosco delle idee. Poi ci spostiamo in sterili speculazioni, ne siamo delusi, e alla fine rinunciamo. Questo è il pericolo che si corre se si ascoltano insegnamenti non-duali come lo dzog chen e shunyata, prima di averli effettivamente esperiti e praticati. Ma chi è che fa tutti questi sforzi perlopiù fallaci e discutibili? E' la nostra mente discorsiva, concettuale, la produttrice dei "namtok" (pensiero discorsivo e concettuale, speculazioni della mente dualistica) La mente-namtok è la mente dualistica e concettuale che produce instancabilmente tutti questi discutibili sforzi. La macchina del namtok, l'intelletto separatore, si suddivide in due tipi di famiglie: una famiglia consiste nel gruppo dei tre o cinque veleni (klesha) di cui fa menzione la tradizione: essi includono tutte le varietà di pensieri, le emozioni positive e negative, le illusioni e cosi via...La produzione di namtok, da parte della mente dualistica avviene in tre ambiti: quello dei pensieri passati, quello dei pensieri presenti e quello dei pensieri futuri.
    L'altra famiglia della macchina del namtok p ravvisabile in tre gruppi di pensieri, parole e atti imparentati tra loro e riunibili in tre gruppi: pensieri parole e atti virtuosi; pensieri parole e atti non-virtuosi; pensieri parole e atti neutri. Non si può infatti dire che soltato le emozioni negative, come l'odio , la frustrazione e l'attaccamento, siano namtok; lo sono anche i pensieri, le azioni e i fatti virtuosi, come l'amore, la compassione e la devozione Quanto ai pensieri , parole e azioni neutri o indifferenti, e persino i pensieri subconsci, non riconosciuti, sono anch'essi namtok, perché si trovano all0interno della realta della mente finita, all'interno del dualismo e dell'ignoranza.

    E allora, come relazionarsi con tutte queste famiglie e tribu' di namtok? :D
    Come vivere la verità del Dharma nella vita quotidiana, dove conta davvero, dove davvero questo può fare la differenza? Praticando la verità della consapevolezza intrinseca, che simultaneamente sorge da sé e si auto-libera. Tutto, nella nostra esperienza, in realtà appare in modo spontaneo, cambia in modo spontaneo, si libera o si scioglie in modo spontaneo, senza il nostro aiuto. Non c'è alcun bisogno di interferire, manipolare o elucubrare alcunché. Questo è il punto di vista dzog chen su come relazionarci con ogni cosa, tanto durante le sessioni di meditazione formale quanto nella post-meditazione, ossia nella vita quotidiana.
    Questo è il punto di vista combina insieme i tre aspetti della pratica rigpa: la visione, la meditazione e l'azione.

     
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  8. Ohrmus
     
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    Lo dzog chen, la grande perfezione naturale, è ritenuta essere tanto una pratica quando una VISIONE, un punto di vista, una prospettiva che TRASCENDE LA MENTE CONCETTUALE. Dunque, il nostro essere coinvolti pro o contro le apparenze fenomeniche(ossia le condizioni circostanziali, interiori o esteriori che siano, che si tratti di indulgere nei namtok o di sopprimerli) risulta essere una meditazione"fabbricata" dalla mente. Questa montatura, questo espediente, non è la pratica di rigpa. E' come un cane che rincorre la sua coda. Non è la pratica dello dzog chen, la non-pratica neutrale, liberatrice, del sorgere spontaneo della spontanea liberazione.

    Bene ... ^_^ Il karma sarà inevitabilmente accumulato fintantoché non riconosceremo la natura di tutti i namtok, di tutte le forme e apparenze, di tutti gli stati mentali, compresi i noumena mentali e i fenomeni esterni, quale insostanziale, vacua, simile al sogno; fintantoché non la riconosceremo come aperta, luminosa, comprensiva della nostra primordiale, luminosa buddhità, aperta e priva di un sé; fino a quando, insomma, non ci saremo liberati dalla fissazione dualistica, dal coinvolgimento mosso dalla volontà, o dalla reattività compulsiva.

    Nel dimorare in rigpa, invece (ne riconoscere la nostra natura originale, godendo del flusso naturale dello stato risvegliato innato, della consapevolezza intrinseca e non-duale), recidiamo la radice stessa degli effetti e delle cause del karma, la radice della sofferenza; inoltre, le condizioni che fanno maturare i semi karmici latenti non possono più essere riunirsi, sicché anche il residuo karmico di azioni passate non trova alcun terreno in cui maturare. E' come quando si sollevano le onde nell'oceano: in alcun modo esse possano migliorare, rovinare, disturbare o anche soltanto mutare l'oceano, se non forse, sul livello più superficiale.

    E come, secondo il metodo della grande perfezione, possiamo relazionarci con la nostra buddhità: nel bel mezzo di tutte le apparenze, di tutto ciò che sorge, di tutte le circostanze e le condizioni, possiamo integrare ogni singola attività nel nostro viaggio spirituale. questo rivela la libertà innata, la perfezione dello dzog chen, la natura della consapevolezza stessa, che è immutabile e simile all'oceano,cielo. ;)

     
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  9. Ohrmus
     
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    Se stiamo incatenati dalle speranze e dalle paure, dalle aspettative e dall'ansia, abbiamo bisogno di riorientarci, di usare la visione dello dzog chen come stella polare per navigare meglio. E' infatti segno che non stiamo dimorando in rigpa, ma che siamo ancora coinvolti nella mente puramente concettuale, cosa che non è la pratica di questo meraviglioso veicolo.

    Ma esiste un modo per tagliar corto nella nostra ricerca, prima cioè che debba essere compiuta totalmente? Abbiamo bisogno di conoscere la natura del cercatore , perché la ricerca sia compiuta.

    La devozione e la fiducia nel nostro maestro è la pratica in grado di garantire che non ci discosteremo dall'esistenza del sentiero. C'è chi arriva alla prematura conclusione che un insegnamento cosi spoglio, diretto, essenzializzato qual è l'insegnamento della Grande Perfezione non-duale dello dzog chen non richieda, e sopratutto non debba richiedere, né fede, né devozione, né una pratica relativa, e di conseguenza neppure una qualsiasi coltivazione internazionale. Queste persone sono arrivate alla conclusione affrettata che la bodhicitta altruistica, le attività virtuose, la moralità e le pratiche spirituali ed esse correlate non abbiano nulla a che fare con la pratica naturale della profonda Grande Perfezione.

    Da un certo punto di vista possiamo dire che questo è vero, o forse che è vicino al vero. E' vero infatti che tutte queste cose si ritrovano all0interno del contesto della veitò relativa,all'interno della dimensione della mente ordinaria(sem): questo è innegabile e questi sforzi in materia spirituale non sono necessariamente identici allo dzog chen stesso, che è la realtà assoluta, che trascende la mente.
    Dunque non è per certi versi totalmente errato pensare che la vede, la devozione, uno sforzo indirizzato verso un proposito e la coltivazione di pratiche relative non siano lo dzog chen, la natura assoluta delle cose, il sorgere spontaneo o spontanea saggezza della consapevolezza innata; è vero che queste pratiche relative sono mente, (sono namtok) e che non sono lo dzogchen in sé per sé. Va comunque detto che esse sono ESTREMAMENTE IMPORTANTI per colo che, come noi, sono ancora coinvolti nel vivere nel mondo relativo. Non possiamo negare l'operato del karma, né che il nostro condizionamento continua a incatenarci. Per una persona che realizzase in modo istantaneo la perfetta buddhità(che altro non è se non rigpa), e che in quello stessi istante l'attuasse completamente, non vi sarebbe invece più nulla di relativo da fare: questa persona non sarebbe più in questo mondo. Fintantoché però fosse ancora incarnata e avesse da caminare su questa Terra, probabilmente sarebbe un essere equilibrato e degno... Perché mai far del male agli altro che sono soltanto come noi?
    Se volete entrare in una casa, avete bisogno di passare dalla porta, almeno all'inizio :D Dopo aver capito come sono fatte le cale, però, scoprirete che ci sono altre vie per entrare, per esempio dalla finestra, o magari scendendo per il camino. Ma probabilmente continuerete ad usare perlopiù la porta, anche se non sarete necessariamente limitati a quell'unica maniera di entrare o di avvicinarvi. Analogamente, una volta realizzato rigpa, la verità assoluta, di solito si continua a funzionare all'interno della realtà relativa, manifestandosi quali pesone comuni, equilibrate, che vivono in modo etico, agiscono compassionevolmente, e cosi via. E perché non dovremmo? SS Khyentse Rinpoche diceva: Quando davvero comprenderete il funzionamento del karma sul livello della verità relativa. Che altro mette tutto in movimento?
    Lo dzog chen è come la chiave del cielo, di uno spazio aperto che include lo spazio contenuto nella casa: la fede, la fiducia e la devozione sono invece come le chiavi della porta. Lo spazio dentro e fuori dalla casa è sempre simile alla vasta, confortevole espansione del rigpa stesso, ma quando vi si entra per la prima volta pare ci sia bisogno di una chiave. Inoltre pare che, perlopiù, abbiamo bisogno di vivere dentro una casa, per quanto questo non sia altro che un concetto venuto in mente a qualcuno dopo l'epoca degli uomini-scimmia:) .Vedete che non possiamo negare l'opportunità delle strutture concettuali, anche se sono in un certo senso limitate? In questa analogia, la chiave sembra essere qualcosa di diverso dalla casa: per entrare in una casa chiusa, ci vuole una chiave, e la fede e la devozione lo sono come la chiave per la spaziosa magione della Grande Perfezione innata. Una volta che siamo in casa sappiamo che cos'è la casa, riconoscerla, e ricordarcela, e possiamo goderne in modi diversi.

    La preziosa bodhicitta, l'inestimabile fiducia, devozione, compassione e tutte le pratiche relative, sono di straordinario aiuto, di straordinario sostegno per la realizzazione assoluta- tutti maestri di vajra concordano su questo punto essenziale.


    Edited by Ohrmus - 18/8/2012, 13:43
     
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  10. Ohrmus
     
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    Tutti gli aspetti dei livelli relativo e assoluto della realtà sono di fatto interconnessi inseparabilmente. La realizzazione ultima, o l'aspetto assoluto della bodhicitta è dzog chen, rigpa, tathagarbha (indica la buddhità innata, l'aspetto assoluto della bodhicitta; è rigpa, il cuore dell'esperienza e della realizzazione dzog chen). Questa è la grande magione, la dimora ultima di cui stiamo parlando. All'inizio può essere che abbiamo i concetti di chiave e di porta, di finestra, soffitto, muro, e cosi via, ma una volta che stabiliamo la nostra residenza li dentro, diventa come la favolosa isola della gemme, che è simile all'esperienza rigpa innato, primordiale. Su quell'isola favolosa, per quanto si cerchim non è possibile trovare nè una minuscola pietra ordinaria, né un ordinario granello di polvere o di sabbia. Analogamente, nella vasta espansione di rigpa, ogni pensiero, ogni sentire vengono semplicemente percepiti come una manifestazione del dharmakaya, e non è possibile trovar traccia nel minimo pensiero o percezione dualistica. L'inconcepibile magione o fortezza di rigpa p come un'immensa casa vuota. Non c'è bisogno di chiuderla a chiavem di proteggerla, di interventi di fortificazione o manutenzione, perché i pensieri dualistici sono come ladri che non hanno nulla da rubare. I namtok possono andare e venire a piacimento perché non vi è nulla, li, a cui aggrapparsi, niente da perderem niente da proteggere.Eccellente! Emaho! Meraviglioso!

    La natura di tutto è dzogpa chenpo. Voi siete dzopa chenpo, il vostro dimorare è dzogpa chenpo, la vostra natura è dzogpa chenpo, la Grande Perfezione innata. Non vi è niente da guadagnare e niente da perdere. Questa è la natura p lo stato dela buddhità primordiale Kuntuzangpo (la personificazione del primordiale stato di buddhità alla bontà e perfezione originaria nostra e di tutte le cose; letteralmente significa Tutto-Buono.) Va tutto bene, tutto è perfetto, ciò che bisognava fare è stato fatto.

    La verità non si trova in realtà nei libri, i quali si limitano a descriverla. Non è come il cibo che dev'essere ingerito e proviene dall'esterno: gli insegnamenti di Dharma non sono esattamente come il cibo, che può soddisfare la fame solo temporaneamente; realizzare la natura ultima della realtà interiore è l'unico appagamento veramente di lunga durata, e di massima soddisfazione.

    Una volta che la vostra vera natura vi è stata mostrata e l'avete riconosciuta, allora potete davvero incominciare a praticare lo dzog chen, Quindi dimorate nella grande serenità innata, confortevole, aperti ad ogni cosa, consapevoli dello stato risvegliato innato, dello stato naturale.



    La "Serenità naturale della mente" (scritto da Logchenpa è il Semnyi ngalso) si riferisce a quella confortevolezza innata, non al prodotto finale di sforzi e lotte titaniche. Semnyi ngalso è anche il nome che si dà alla postura di quella particolare meditazione, :) con le mani sulle ginocchia e lo sguardo che punta dritto davanti a sé in modo naturale.
    Se volete studiare tutte le opere di Logchenpa riposate nella grande confortevolezza naturale di questa asana (postura) servirà a completare il vostro studio.


    Longchepa - The nature of Mind :

    www.scribd.com/doc/100550088/Longch...ibetan-Buddhism

    Edited by Ohrmus - 18/8/2012, 14:14
     
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9 replies since 16/8/2012, 23:40   240 views
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