Istruzioni essenziali sulla Grande Perfezione

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  1. Ohrmus
     
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    La pratica quotidiana consiste semplicemente nel generare una completa accettazione, una piena apertura verso tutte le situazioni, le emozioni e le persone - così da sperimentare ogni cosa in maniera totale, senza riserve mentali né blocchi, in modo tale che non ci si ritragga mai in se stessi, che non ci si concentri mai su se stessi.

    Questa apertura produce un'energia immensa, che solitamente è bloccata dai vari processi dell'evasione mentale, del pensare, del fuggire dall'esperienza diretta della vita. Negli stadi iniziali, la chiarezza della consapevolezza potrebbe essere spiacevole, o spaventare; se questo accade bisogna aprirsi completamente al dolore o alla paura, dar loro il benvenuto. In questo modo si infrangono le barriere create dalle reazioni emotive abituali e dai preconcetti.Quando si pratica la meditazione, bisogna sviluppare la sensazione di starsi aprendo completamente all'universo intero, con la mente in uno stato di assoluta semplicità e "nudità", sbarazzandosi di tutte le barriere di protezione.

    Quando si medita non bisogna dividersi mentalmente in due, con una parte della mente che ne osserva un'altra, come fosse un gatto che osserva un topo.Bisogna comprendere che non si medita per entrare profondamente in se stessi, per diminuire il contatto col mondo; nella pratica buddhista, perfino quando si medita sui chakra non vi è concentrazione basata sull'auto-osservazione: il punto essenziale è la completa apertura della mente.
    Anche se l'autentica saggezza [prajna] non crede nell'esistenza di concetti come "diversi aspetti", i mezzi relativi [upaya] distinguono "tre diversi aspetti", in quanto strumenti utili alla spiegazione: completa apertura, perfezione naturale, spontaneità assoluta.

    Tutti gli aspetti di ogni fenomeno sono caratterizzati dalla chiarezza, dalla luminosità. Tutto l'universo è aperto e non ostruito, ogni cosa pervade tutte le altre e ne è pervasa. Quando si vedono tutte le cose nella loro nudità, con chiarezza e libertà dalle oscurazioni, non c'e' nulla da raggiungere o realizzare. La natura dei fenomeni si manifesta da se stessa, è spontaneamente presente nella consapevolezza che trascende il tempo. Questo si intende per completa apertura.
    Ogni cosa è perfetta esattamente com'è, completamente pura e priva di difetti. Tutti i fenomeni appaiono in modo naturale nei loro specifici modi e condizioni - unici e ineccepibili - creando forme e modelli sempre nuovi, pieni di valore e significato, come se prendessero parte a una grande danza. Ogni cosa è in realtà un simbolo, anche se non c'è nessuna differenza fra il simbolo e la verità che esso rappresenta. Senza alcun tipo di sforzo nella pratica, la liberazione, l'illuminazione e lo stato di Buddha sono già pienamente sbocciate e realizzate. Questo si intende perperfezione naturale.

    La pratica quotidiana è la pura e semplice vita ordinaria, di ogni momento. Poiché lo stato "non sviluppato" in realtà non esiste, non c'è alcun bisogno di comportarsi in qualche modo speciale, o di sforzarsi di "realizzare" o "praticare" qualcosa. Non occorre che ci si applichi per raggiungere una meta suprema o uno stato elevato: questi sforzi producono soltanto condizioni temporanee e artificiose, destinate a diventare ostacoli al libero fluire della mente. Non bisognerebbe mai pensare a se stessi come "indegni" o macchiati da qualche peccato, ma come naturalmente puri e perfetti, mancanti di nulla. Nello svolgere la propria pratica di meditazione, bisognerebbe sentirla come una funzione naturale del vivere quotidiano, come mangiare o respirare, e non come un avvenimento speciale o cerimonioso da intraprendere con grande serietà e solennità. Bisogna capire che meditare significa fare un balzo al di là dello sforzo, al di là della pratica, al di là degli scopi e delle mete: al di là della percezione dualistica di confusione e liberazione, di samsara e nirvana.

    La meditazione è sempre e comunque perfetta, quindi non c'è bisogno di correggere alcunché. Poiché tutto quello che si manifesta è semplicemente il gioco della mente, non esistono sessioni di meditazione "cattive" o malriuscite, e non c'è bisogno di giudicare i pensieri dividendoli in positivi e negativi. Perciò non bisognerebbe sedersi a meditare con paure e aspettative riguardo al risultato: lo si dovrebbe fare nel modo più semplice, senza sentimenti auto-consapevoli del tipo "Io sto meditando", e senza tentativi di controllare o governare la mente - senza cercare di "rilassarsi" o raggiungere uno stato di quiete. Se ci si accorge di stare deviando in una di queste direzioni, occorre interrompere la meditazione e restare semplicemente a riposo per un po', prima di riprendere.Se, durante o dopo la meditazione, si hanno esperienze che vengono interpretate come risultati, non bisogna enfatizzarle o trasformarle in qualcosa di speciale: osservandole come puri e semplici fenomeni, bisogna limitarsi a osservarle. Soprattutto, non bisogna sforzarsi di ricrearle o riviverle, poiché questo si oppone alla spontaneità naturale della mente.Tutti i fenomeni sono completamente nuovi e freschi, assolutamente unici, totalmente liberi da qualsiasi concetto di passato, presente e futuro - come se venissero sperimentati in un'altra dimensione del tempo. Questo si intende per spontaneità assoluta.

    Bisogna imparare a considerare la vita di ogni giorno come un mandala
    [1], in cui si occupa la posizione centrale, ed essere liberi dai preconcetti creati dai condizionamenti del passato, dai desideri del presente e dalle paure/speranze sul futuro. Le componenti del mandala sono cose, persone e situazioni della propria esperienza quotidiana, che si muovono nella grande danza dell'universo intero: il simbolismo attraverso cui gli esseri illuminati ci rivelano il profondo significato assoluto. Perciò sii spontaneo e naturale, lasciati guidare e impara da ogni cosa. Impara a vedere il lato comico delle situazioni irritanti. Nella meditazione, guarda attraverso l'illusione di passato, presente e futuro. Il passato è soltanto un ricordo che si manifesta nel presente; il futuro è soltanto una proiezione che si manifesta nel presente; quanto al presente, esso svanisce prima che si riesca ad afferrarlo. Bisogna abbandonare i preconcetti sulla meditazione e liberarsi dai ricordi delle passate esperienze. Ogni istante di meditazione è totalmente unico, pieno di potenziali nuove scoperte, dunque è impossibile giudicare la meditazione attraverso le esperienze passate o la teoria. Tutto ciò che occorre è tuffarsi nella meditazione nel qui-e-ora, con la totalità della propria mente, col cuore libero da esitazione, noia o euforia.

    Quando si medita è usanza tradizionale (ed è meglio, ogniqualvolta sia possibile) sedersi con le gambe incrociate, con la schiena diritta ma non rigida. Tuttavia l'aspetto più importante è essere in una posizione comoda, quindi è meglio sedere su una sedia se la posizione a gambe incrociate è dolorosa.La propria attitudine mentale dovrebbe essere ispirata dai tre atteggiamenti supremi [2], sia in caso di meditazione con forme che in caso di meditazione senza forma [3]; solitamente è preferibile, se non fondamentale, che la meditazione senza forma sia preceduta da quella con forme.Durante secoli di pratica buddhista, si sono sviluppati molti tipi di meditazioni preliminari, o preparatorie, le principali delle quali sono la meditazione sul respiro, la recitazione di mantra e le tecniche di visualizzazione.Per intraprendere il secondo e il terzo di questi tre tipi di meditazione, è indispensabile ricevere istruzioni personali dal proprio insegnante; invece è possibile dire qualcosa sul primo tipo - la meditazione sul respiro - poiché questo metodo varia ben poco da persona a persona.
    Per iniziare, lascia che la mente segua il movimento del respiro, dentro e fuori, finché diventa calma e tranquilla. Dopodiché lascia che essa rimanga sempre più sul respiro, finché tutto il tuo essere sembra identificato con questo.

    Infine diventa consapevole del respiro che, quando lascia il corpo, si diffonde nello spazio circostante: gradualmente, trasferisci la tua attenzione dal respiro a quella sensazione di spaziosità ed espansione. Quando questa sensazione finale si risolve in uno stato di completa apertura, ci si sposta nella sfera della meditazione senza forma.Probabilmente, questa breve descrizione dei tre aspetti fondamentali [della meditazione sul respiro] sembrerà un po' vaga e inadeguata. Questo è inevitabile, dal momento che si tratta di descrivere qualcosa che è non solo oltre le parole, ma anche oltre il pensiero. La descrizione è in realtà un invito a praticare quello che, essenzialmente, è uno stato dell'essere. Le parole sono semplicemente una forma di "upaya", un mezzo relativo, un'indicazione che - se viene seguita - può far sbocciare spontaneamente la saggezza innata e l'attività naturalmente perfetta.A volte, in meditazione, si può sperimentare un balzo al di là della propria consapevolezza ordinaria, un'improvvisa e completa apertura. Questa esperienza può sorgere soltanto quando si è smesso di pensare in termini di "meditante", "meditazione" e "oggetto di meditazione". È un assaggio della realtà, un improvviso lampo di intuizione, che all'inizio accade di rado e poi, man mano che la pratica progredisce, sempre più spesso.

    Dilgo-Khyentse-Rinpoche-by-Matthieu-Ricard
    Non è detto che debba essere un'esperienza esplosiva, o particolarmente sconvolgente, può anzi essere un momento di estrema semplicità.
     
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    Uncertainty is an uncomfortable position. But certainty is an absurd one.


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    Fonte: www.arcadia93.org/istruzioni-essenziali.html

    E' necessario citare sempre le fonti di quanto si riporta, è anche un modo di rendere omaggio al lavoro degli altri... :)
     
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  3. Avalokitesvara aiutami
     
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    Molto bello :)
    Io ho un problema durante la meditazione o meglio due problemi:
    1. dopo mezz'ora o quarantacinque minuti mi si addormentano i piedi e raffreddano le dita. A volte ho continuato, ho visualizzato il rosso per scaldare i piedi ma però i piedi si sono addormentati sempre di più e quando rimuovo le gambe è più faticoso, tanto che a volte ho dovuto spostare i piedi con le mani e aspettare cinque minuti massaggiando e muovendo prima di alzarmi.
    Qualcuno ha qualche consiglio? Un maestro Vipassana mi aveva detto di muovere leggermente i piedi e le dita, o di cambiare posizione. Che ci vuole tempo, costanza e pratica perché il corpo si abitui. Penso sia profondamente vero, però muovermi mi toglie dallo stato di meditazione, se c'è qualche consiglio anche sulla postura, lo proverei volentieri.
    2. La noia, cioè se mi concentro solo sul respiro dopo un pò mi viene sonnolenza. Spesso preferisco le visualizzazioni perché tengono la mente occupata e concentrata, altre volte ho più bisogno di concentrarmi sul corpo, sul respiro e svuotare la mente. Comunque ho bisogno di variare molto, di fare meditazioni nuove e diverse. Come mai? A qualcuno capita analogamente? Consigli?
    Mi avevano dato un testo sulla meditazione con una scimmia e un elefante come due aspetti, due forze della meditazione, una tira per raggiungere la cima della montagna (la scimmia) ma a volte può essere troppo frettolosa e impaziente e quindi può smarrire la strada, l'altra forza (l'elefante) è molto lento, procede con fermezza e calma ma se c'è troppo quell'aspetto può venire sonnolenza. Effettivamente equilibrare questi due aspetti è difficile, è facile oscillare tra la sonnolenza e l'eccesso di attività mentale.
     
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  4. yeshe
     
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    ...........Dhammapada, 282
    Meditando coltivi la saggezza,
    trascurando la meditazione,
    la lasci deperire.
    Vedendo chiaramente questi due cammini,
    volgi i tuoi passi verso la saggezza crescente...........


    Sebbene nel Rigpa non via sia proprio nulla da meditare e tantomeno esercitare!!!
    (Gompa nella lingua tibetano sostanzialmente, significa familiarizzare),
    Si dimora senza sforzo nella semplice presenza dell'Atiyoga non distratto !!
    Quando il giorno e la notte diverranno indistinti ed equanimi , sempre permanentemente avvolti, nella non distrazione della consapevolezza innata e, fagocitati dal dirompente magnifico dispiegarsi incessante della perenne danza degli elementi come permanente unione d'apparenza e vacuità.................;
    Ma purtroppo, siccome per averne l'effettiva introduzione e la relativa stabilizzazione nell'esperienza si necessità oltrechè di una grossa connessione Karmica con un Maestro effettivo detentore del Lignaggio e di una notevole, limpida e, chiara-mente, libera dal gioco e dal sottile giogo dela mente discorsiva egoica, frutto comunque sembra e si vocifera di vite precedenti dedicate alla pratica!!
    Ti riporto, condividendo con empatia di pricipiante non stagionato, il tradizionale approccio graduale step by step, di shine e lhangton.............in quanto base di tutto il frutto........ cosi come insegnato e codificato nella prassi dei nostri giorni degenarati:
    un approccio graduale anche se onestamente nello Dzogchen di graduale e parziale vi sia ben poco!!

    Dopotuttto un' unica goccia d'acqua cadendo su di una lastra di marmo produce solo qualche spruzzo parziale, ma se, costantamente continua a cadere sul e nel dispiegarsi del tempo, produce un foro........................

    Che la perseveranza motivata nella pratica sia lieve a tutti.......................
    meditate gente meditate
    che la mente (quella fuorviante discorsiva)
    mente e storpia sempre
    proprio per sua condizionante natura ...................................

    Striglia il cavallo arrampante della tua mente con le sveglie briglie della costante presenza e non sarai più un cavaliere cieco su di una cavalcatura azoppata.-

    Ciao Ciao Obelix Yeshe



    La parola Sanscrita ‘Samatha’ fu tradotta in Tibetano col termine ‘Shiné’, che è letteralmente la traduzione delle due sillabe ‘sha-ma’ in ‘shi-wa’ (cioè: pace) e la sillaba ‘tha’ in ‘né-pa’ (che significa stabilità, o stasi). Nel contesto, tutto ciò significa che quando la mente è sopraffatta dai pensieri di rabbia, tristezza, rincrescimento o brama, essa è totalmente distratta. Ma in shamatha la mente è molto rilassata e a suo agio, senza difficoltà o avversione. La mente è ferma e pertanto questo è uno stato di pace. Dunque la mente non è coinvolta in attività forzata o in disagi, ma è stabile in uno stato di pace spontanea. Vi sono diversi tipi di samadhi o stati meditativi, ma la meditazione shamatha è la base di tutti gli stati meditativi in cui la mente è uniformemente stabilizzata e rimane completamente focalizzata su un oggetto di meditazione.

    La parola Sanscrita ‘Vipasyana’ è divisa anch’essa in due parti, di cui la prima parte ‘vi’ (riduzione di ‘vishesa’) significa ‘speciale’, ‘superiore’ o ‘particolare’; in Tibetano essa si rende con ‘lhag’ (speciale). La seconda parte della parola è ‘pashyana’ che significa ‘vedere’ o ‘guardare’ ed in Tibetano si traduce con ‘tong’. Pertanto l’intera parola ‘Vipashyana’ (‘Lhak-tong’ in Tibetano) significa guardare in profondità le cose, in un modo diretto, speciale, chiaro e particolare. Vuol dire anche ‘guardare con gli occhi della Saggezza’.


    Vi sono in realtà tre differenti stadi di meditazione Samatha. Per prima cosa, vi è la ‘meditazione con oggetto esterno’, che significa che, quando si medita, viene usato un qualche oggetto come punto di riferimento. Può essere un qualsiasi oggetto esterno come un ciottolo, un’immagine o una statua del Buddha, il proprio respiro, o una sillaba sacra. Meditare su un oggetto esterno aiuta la propria meditazione, ma non produce una particolare conoscenza o comprensione ben definita. Secondo, vi è la ‘meditazione senza oggetto esterno’, che è una meditazione in cui ci si immagina la forma della divinità o del Buddha, ma con una visualizzazione interna. Il terzo tipo è una meditazione chiamata ‘restare immobili nell’essenza’.
    ‘Meditazione del restare nell’essenza’, è stata descritta facendo uso dell’esempio di un oceano. Allorché soffia un forte vento, le onde sull’oceano si ingrossano; quando invece l’oceano è calmo, le onde si abbassano e l’oceano diventa piatto e stabile. Allo stesso modo, i pensieri appaiono nella mente spinti dal vento dell’ignoranza che parte dalla coscienza di base. Ciò causa il movimento della mente sotto forma di pensieri. Quindi, se questo vento che soffia dalla coscienza di base si attenua e si ritrae in se stesso, i pensieri diminuiscono e la mente diventa immobile. Questo è descritto da Milarepa in un suo canto in cui parla della manifestazione della mente simile alle onde del mare. Queste onde si stagliano sul mare proprio come i pensieri si stagliano sulla mente. Perciò, i pensieri sono proprio la funzione o la manifestazione della mente, quindi essi sorgono dalla mente, proprio perché essi provengono dalla mente. Di conseguenza, quando il vento dell’ignoranza che soffia dalla coscienza di base è fermato, la mente diventa immobile.
    Nel “Tesoro della Conoscenza”, la pratica meditativa è descritta in termini della tradizione testuale ed anche in termini delle istruzioni orali dei grandi meditanti. Sono entrambi importanti, poiché i testi descrivono e spiegano il significato degli insegnamenti del Buddha e le istruzioni sono pure importanti poiché provengono dalla vera esperienza di meditazione. Ad ogni modo, cominciamo con la tradizione testuale che descrive la meditazione in termini delle cinque cose che possono stravolgere e far sbagliare la meditazione e degli otto modi per eliminare questi difetti.
    Quando si medita, si deve riconoscere l’esperienza che deriva da questa meditazione e si deve saper eliminare i difetti che possono ostacolarne la pratica.
    Vi sono cinque difetti che devono essere eliminati tramite otto diversi tipi di azioni e antidoti. Questi cinque difetti o errori impediscono lo sviluppo della meditazione e sono stati descritti da Maitreya nel testo “Differenziazione della Via di Mezzo dagli Estremi”. Questo testo afferma che se la mente può restare ferma su un oggetto, diventa allora manovrabile e assai stabile, al punto che si può fare ciò che si vuole con la propria mente. Per contrasto, la nostra mente ordinaria è come se si trovasse a cavalcare un cavallo selvaggio e, quando si sta su un cavallo selvaggio, non ci si può fermare in un dato posto né si può andare dove si vuole. Ma se la mente diventa addomesticata e disponibile, allora ci si può fare quello che si vuole; si può usare la propria mente per accrescere la nostra saggezza e comprensione oppure se servono poteri miracolosi e chiaroveggenza, allora si può facilmente svilupparli. Il modo per ottenere una mente disponibile passa attraverso l’eliminazione dei cinque difetti alla meditazione.
    Il primo difetto è la pigrizia.
    La pigrizia impedisce l’applicazione della meditazione perché non si arriva nemmeno ad ascoltare attentamente le istruzioni per meditare. In realtà vi sono tre tipi di pigrizia:
    1) una sorta di stato letargico in cui non ci si sente interessati a fare alcunché e sembra quasi di dormire.
    2) un pervicace attaccamento all’attività mondana che fa risultare alcun desiderio per la pratica del Dharma e per la meditazione. Ci si sente portati alle attività mondane, come gli affari o andare a caccia, mentire o ingannare gli altri e così via. Queste attività in cui uno si crogiola, oppure è abituato, alla fine formano il proprio pensare. In un certo senso, si avrebbe voglia di applicarsi alla meditazione, ma quel tipo di mente mondana risulta un ostacolo alla pratica. Questa è chiamata “attaccamento all’attività negativa”.
    3) scoraggiamento e autoaccusa che deriva da pensieri del tipo, “Gli altri possono meditare, ma io non ci riesco; gli altri comprendono il Dharma, ma io non posso”. In verità, tutti sono in grado di meditare e lavorare sul sentiero, ma se si ha una sorta di sottovalutazione delle proprie capacità, certamente non si sarà in grado di applicare la meditazione. Questa è anche chiamata “auto-riprovazione”.
    Il secondo difetto è il “Dimenticare le istruzioni”,
    cioè una sorta di carenza di attenzione su come meditare in modo appropriato. Mentre si medita, si dovrebbe aver chiaro ciò che si sta facendo, quali errori bisogna eliminare e quali rimedi si devono applicare. Perciò è necessario ricordare le istruzioni per la meditazione.
    Il terzo difetto è l’ostacolo del torpore o dell’agitazione,
    che sono classificati come un unico difetto. Nel torpore la mente è offuscata e ottusa e, ovviamente, in questo stato vi è un’assenza di chiarezza. In una forma sottile, può anche esservi un certo grado di chiarezza, ma è molto debole, cosicché vi sono due tipi di torpore. Cosippure vi sono due tipi di agitazione: un tipo evidente in cui ci si trova a pensare che cosa si stia facendo o se la cosa possa piacerci o no, ecc. in maniera che si è incapaci di controllare o fermare la mente su una specifica cosa. Nella sua forma sottile, si ha una stabilità apparente ma vi sono pensieri sottili che vagano costantemente per la mente. Quindi vi sono due tipi di torpore e due tipi di agitazione che causano un ostacolo durante la meditazione, e obbligano la mente a perdere la sua chiarezza e stabilità.
    Il quarto difetto è una diminuzione dell’applicazione dovuta al torpore ed all’agitazione che si scoprono essere intervenuti nella meditazione. Benché questi pensieri siano riconosciuti, non ci si impegna ad applicare i rimedi e senza applicazione dei rimedi, la meditazione non può svilupparsi.
    Il quinto difetto è una sovreccitabilità nell’applicazione.
    Per esempio, il torpore e l’agitazione possono essere apparsi nella meditazione, il rimedio può essere stato applicato ed il difetto sparito, ma si continua ad applicare il rimedio anche quando non è più necessario. Questo è il difetto della sovrapplicazione. I rimedi dovrebbero essere usati solo quando torpore ed agitazione si presentano e, quando essi sono stati eliminati, si dovrebbe ritornare nell’equanimità.
    Sebbene torpore ed agitazione abbiano le loro proprie caratteristiche, i loro effetti come ostacolo alla meditazione sono identici, perciò essi possono essere valutati come un solo unico difetto. Questi cinque difetti, in questo sistema che li considera separatamente, diventano sei nel sistema usato negli “Stadi della Meditazione” di Kamalasila, il quale considera torpore e agitazione, nonché i loro effetti separati, come quattro singoli difetti.
    Per sviluppare bene la propria meditazione, si devono eliminare questi cinque difetti, dopo averli prima riconosciuti. Dopodiché è necessario applicare i rimedi che li eliminano e questi sono chiamati gli otto rimedi, o antidoti, che eliminano i cinque difetti che ostacolano la meditazione.
    Come descritto in precedenza, vi sono otto coscienze che formano ciò che è chiamata la mente principale. All’interno di queste otto coscienze avvengono normalmente trasformazioni e cambiamenti.
    Questi cambiamenti sono chiamati eventi mentali, che possono essere talvolta positivi e talvolta negativi, in riferimento ai loro effetti e che sono anche riferiti come i cinque aggregati. Vi sono gli aggregati della forma, delle sensazioni, delle percezioni, delle emozioni o eventi mentali e della coscienza. Tutti questi sono sottoposti a cambiamenti e trasformazioni più o meno conseguenziali ed essi avvengono tutti all’interno della mente principale. Nell’analisi dell’aggregato degli eventi mentali, vi sono 51 tipi diversi di eventi mentali, come la pigrizia, la dimenticanza, il torpore, l’agitazione e così via. Perciò, questi cinque difetti sono eventi mentali e i loro rimedi o antidoti sono altrettanto compresi nella lista degli eventi mentali.
    Il primo difetto era la pigrizia e questo è un potentissimo e particolare ostacolo per la meditazione. Vi sono quattro eventi mentali che rimediano a questa pigrizia. Il primo rimedio è la motivazione, o aspirazione. Ciò significa che si considera che la meditazione è molto importante e benefica e senza meditazione non vi è benessere; quindi, l’aspirazione è il primo rimedio contro la pigrizia.
    Dunque, il primo di questi rimedi è quello di avere motivazione e interesse, volendo significare che meditare è bello e ci piace. Si potrebbe pensare che ciò voglia dire essere attaccati alla meditazione, ma questo attaccamento è positivo e non arreca danni, perciò usiamo la parola ‘aspirazione’, dato che l’attaccamento a qualcosa di negativo è dannoso. In Tibetano, vi sono due parole per ‘attaccamento’ – chag-pa che è attaccamento negativo solitamente tradotto con ‘attaccamento’ e mo-pa che è un attaccamento positivo di solito tradotto con ‘aspirazione’. Se a qualcuno piace rubare, allora egli è ‘attaccato’ all’ottenimento di cose trafugate, e questo è chag-pa – attaccamento negativo. Se invece, qualcuno vuole aiutare qualcun altro o vuole praticare il dharma ed è attaccato a questi fatti, allora questo è mo-pa, poiché è di beneficio a se stessi ed agli altri. Il significato di queste parole sembra essere lo stesso di quando si pensa, “Devo fare questa cosa”, ma mentre una di esse vale per quando si vuole aiutare qualcuno, l’altra ha valore quando invece si vuole danneggiarlo. La parola chag-pa (attaccamento negativo) ha anche il significato di “aderire, essere attaccato”, sicché si rimane dove si è e non si può salire più in alto; quindi, questa parola ha anche il valore di un blocco nel proprio sviluppo. Se questo attaccamento o interesse fosse qualcosa di positivo come la meditazione, allora arrecherebbe un risultato positivo. Se qualcuno desidera meditare o ha un vero interesse verso la meditazione, allora costui mediterà naturalmente e naturalmente avrà eliminato l’ostacolo della pigrizia. Ciò che è necessario è un attaccamento a qualcosa di benefico, ed allora la chiamiamo ‘aspirazione’.
    Il secondo rimedio è lo zelo; se si ha interesse e motivazione alla pratica, allora non si ha bisogno di sforzarsi per praticare la meditazione, vi sarà uno zelo naturale.
    Il terzo rimedio per la pigrizia è la fede. Benché questa sia simile al primo rimedio, l’aspirazione significa che si ha qualcosa a cui aspirare, nel caso della fede vi è qualcosa in cui credere che è molto valutata.
    Il quarto rimedio è chiamato letteralmente “buon addestramento”, ed è anche tradotto con “flessibilità” o “arrendevolezza” e significa che la propria mente è pronta a meditare in qualsiasi momento. Non si dovrebbe pensare, “Oh, non sono ancora pronto per meditare, è troppo difficile”. Senza una buona dose di flessibilità, senza una mente ed un corpo “ben addestrati”, non si può avere una vera Samatha, ma solo una mente con una qualità uniforme. Possiamo anche sforzarci per uniformare la nostra mente con determinazione, ma se abbiamo anche una buona flessibilità di meditazione, la mente resta da se stessa spontaneamente unidiretta senza alcun sforzo. Questi quattro rimedi saranno in grado di eliminare il difetto della pigrizia.
    Il quinto rimedio è la consapevolezza, che rimedia alla dimenticanza delle istruzioni sulla meditazione. Con essa si ha uno stato meditativo continuo in cui non si dimenticano le istruzioni. La consapevolezza ha tre caratteristiche; primo, si ha una chiarezza ed acutezza mentale che permettono di ricordare sempre le istruzioni. Secondo, dato che la mente è acuta e focalizzata, non vi saranno mai troppi pensieri insorgenti, buoni o cattivi che siano, poiché la meditazione è non-concettuale. La mente è spontaneamente focalizzata e unidiretta su un oggetto. Terzo, dato che vi è fiducia e fede e vi è la flessibilità, essendo diventati ben addestrati, la meditazione si fa piacevole con un senso di contentezza e conforto. Queste tre qualità permettono alla mente di non dimenticare le giuste istruzioni.
    Per il quarto difetto, torpore e agitazione, il rimedio è formato da tre metodi per eliminarlo. Primo, quando si sperimenta il torpore, si può visualizzare nel proprio cuore un loto bianco con quattro petali con una sfera bianca al centro, si può immaginare poi di sollevare questa figura al di sopra della testa, a quattro dita di distanza. Quando vi è agitazione, o troppi pensieri, visualizzate invece un loto nero con quattro petali ed una sfera nera al centro e fategli fare un percorso opposto: dal cuore fino al basso, posizionandolo quattro dita sotto il terreno su cui stiamo sedendo. Un secondo metodo per il torpore è di tenere gli occhi spalancati, guardando verso l’alto e tendendo tutti i muscoli del corpo; mentre per l’agitazione, si devono tenere gli occhi socchiusi e, guardando verso il basso, ci si rilassa completamente con tutto il corpo. Il terzo metodo per il torpore è quello di aprire tutte le finestre o tutte le luci, lasciando entrare aria fresca e grande chiarore, indossando inoltre vestiti leggeri.
    Per l’agitazione, invece, la stanza deve essere calda e oscura e si dovrebbero indossare vestiti pesanti.
    Per il difetto dell’inattività, si deve riconoscere sia il torpore che l’agitazione nella propria meditazione e non far altro. Quando ciò avviene e si cade sotto il loro potere, ovviamente non si è in grado di sviluppare lucidità. Quando si riconosce che vi è torpore o agitazione durante la meditazione, ci si dovrebbe ricordare di applicare i rimedi con diligenza. Perciò adattando questi rimedi appropriati si eliminerà anche il difetto dell’inattività.
    Per il difetto della iperattività, in cui si sta meditando senza nessuno dei cinque difetti, non si dovrebbe fare nulla se non restare in questo stato meditativo. Facendo questo si eliminerà il difetto dell’iperattività.
    Concludendo, vi sono otto eventi mentali come rimedio o antidoto per eliminare i cinque difetti.
    Per sviluppare bene la propria meditazione, si devono eliminare questi cinque difetti, dopo averli prima riconosciuti. Dopodiché è necessario applicare i rimedi che li eliminano e questi sono chiamati gli otto rimedi, o antidoti, che eliminano i cinque difetti che ostacolano la meditazione.
    Come descritto in precedenza, vi sono otto coscienze che formano ciò che è chiamata la mente principale. All’interno di queste otto coscienze avvengono normalmente trasformazioni e cambiamenti.
    Questi cambiamenti sono chiamati eventi mentali, che possono essere talvolta positivi e talvolta negativi, in riferimento ai loro effetti e che sono anche riferiti come i cinque aggregati. Vi sono gli aggregati della forma, delle sensazioni, delle percezioni, delle emozioni o eventi mentali e della coscienza. Tutti questi sono sottoposti a cambiamenti e trasformazioni più o meno conseguenziali ed essi avvengono tutti all’interno della mente principale. Nell’analisi dell’aggregato degli eventi mentali, vi sono 51 tipi diversi di eventi mentali, come la pigrizia, la dimenticanza, il torpore, l’agitazione e così via. Perciò, questi cinque difetti sono eventi mentali e i loro rimedi o antidoti sono altrettanto compresi nella lista degli eventi mentali.
    Il primo difetto era la pigrizia e questo è un potentissimo e particolare ostacolo per la meditazione. Vi sono quattro eventi mentali che rimediano a questa pigrizia. Il primo rimedio è la motivazione, o aspirazione. Ciò significa che si considera che la meditazione è molto importante e benefica e senza meditazione non vi è benessere; quindi, l’aspirazione è il primo rimedio contro la pigrizia.
    Dunque, il primo di questi rimedi è quello di avere motivazione e interesse, volendo significare che meditare è bello e ci piace. Si potrebbe pensare che ciò voglia dire essere attaccati alla meditazione, ma questo attaccamento è positivo e non arreca danni, perciò usiamo la parola ‘aspirazione’, dato che l’attaccamento a qualcosa di negativo è dannoso. In Tibetano, vi sono due parole per ‘attaccamento’ – chag-pa che è attaccamento negativo solitamente tradotto con ‘attaccamento’ e mo-pa che è un attaccamento positivo di solito tradotto con ‘aspirazione’. Se a qualcuno piace rubare, allora egli è ‘attaccato’ all’ottenimento di cose trafugate, e questo è chag-pa – attaccamento negativo. Se invece, qualcuno vuole aiutare qualcun altro o vuole praticare il dharma ed è attaccato a questi fatti, allora questo è mo-pa, poiché è di beneficio a se stessi ed agli altri. Il significato di queste parole sembra essere lo stesso di quando si pensa, “Devo fare questa cosa”, ma mentre una di esse vale per quando si vuole aiutare qualcuno, l’altra ha valore quando invece si vuole danneggiarlo. La parola chag-pa (attaccamento negativo) ha anche il significato di “aderire, essere attaccato”, sicché si rimane dove si è e non si può salire più in alto; quindi, questa parola ha anche il valore di un blocco nel proprio sviluppo. Se questo attaccamento o interesse fosse qualcosa di positivo come la meditazione, allora arrecherebbe un risultato positivo. Se qualcuno desidera meditare o ha un vero interesse verso la meditazione, allora costui mediterà naturalmente e naturalmente avrà eliminato l’ostacolo della pigrizia. Ciò che è necessario è un attaccamento a qualcosa di benefico, ed allora la chiamiamo ‘aspirazione’.
    Il secondo rimedio è lo zelo; se si ha interesse e motivazione alla pratica, allora non si ha bisogno di sforzarsi per praticare la meditazione, vi sarà uno zelo naturale.
    Il terzo rimedio per la pigrizia è la fede. Benché questa sia simile al primo rimedio, l’aspirazione significa che si ha qualcosa a cui aspirare, nel caso della fede vi è qualcosa in cui credere che è molto valutata.
    Il quarto rimedio è chiamato letteralmente “buon addestramento”, ed è anche tradotto con “flessibilità” o “arrendevolezza” e significa che la propria mente è pronta a meditare in qualsiasi momento. Non si dovrebbe pensare, “Oh, non sono ancora pronto per meditare, è troppo difficile”. Senza una buona dose di flessibilità, senza una mente ed un corpo “ben addestrati”, non si può avere una vera Samatha, ma solo una mente con una qualità uniforme. Possiamo anche sforzarci per uniformare la nostra mente con determinazione, ma se abbiamo anche una buona flessibilità di meditazione, la mente resta da se stessa spontaneamente unidiretta senza alcun sforzo. Questi quattro rimedi saranno in grado di eliminare il difetto della pigrizia.
    Il quinto rimedio è la consapevolezza, che rimedia alla dimenticanza delle istruzioni sulla meditazione. Con essa si ha uno stato meditativo continuo in cui non si dimenticano le istruzioni. La consapevolezza ha tre caratteristiche; primo, si ha una chiarezza ed acutezza mentale che permettono di ricordare sempre le istruzioni. Secondo, dato che la mente è acuta e focalizzata, non vi saranno mai troppi pensieri insorgenti, buoni o cattivi che siano, poiché la meditazione è non-concettuale. La mente è spontaneamente focalizzata e unidiretta su un oggetto. Terzo, dato che vi è fiducia e fede e vi è la flessibilità, essendo diventati ben addestrati, la meditazione si fa piacevole con un senso di contentezza e conforto. Queste tre qualità permettono alla mente di non dimenticare le giuste istruzioni.
    Per il quarto difetto, torpore e agitazione, il rimedio è formato da tre metodi per eliminarlo. Primo, quando si sperimenta il torpore, si può visualizzare nel proprio cuore un loto bianco con quattro petali con una sfera bianca al centro, si può immaginare poi di sollevare questa figura al di sopra della testa, a quattro dita di distanza. Quando vi è agitazione, o troppi pensieri, visualizzate invece un loto nero con quattro petali ed una sfera nera al centro e fategli fare un percorso opposto: dal cuore fino al basso, posizionandolo quattro dita sotto il terreno su cui stiamo sedendo. Un secondo metodo per il torpore è di tenere gli occhi spalancati, guardando verso l’alto e tendendo tutti i muscoli del corpo; mentre per l’agitazione, si devono tenere gli occhi socchiusi e, guardando verso il basso, ci si rilassa completamente con tutto il corpo. Il terzo metodo per il torpore è quello di aprire tutte le finestre o tutte le luci, lasciando entrare aria fresca e grande chiarore, indossando inoltre vestiti leggeri.
    Per l’agitazione, invece, la stanza deve essere calda e oscura e si dovrebbero indossare vestiti pesanti.
    Per il difetto dell’inattività, si deve riconoscere sia il torpore che l’agitazione nella propria meditazione e non far altro. Quando ciò avviene e si cade sotto il loro potere, ovviamente non si è in grado di sviluppare lucidità. Quando si riconosce che vi è torpore o agitazione durante la meditazione, ci si dovrebbe ricordare di applicare i rimedi con diligenza. Perciò adattando questi rimedi appropriati si eliminerà anche il difetto dell’inattività.
    Per il difetto della iperattività, in cui si sta meditando senza nessuno dei cinque difetti, non si dovrebbe fare nulla se non restare in questo stato meditativo. Facendo questo si eliminerà il difetto dell’iperattività.
    Concludendo, vi sono otto eventi mentali come rimedio o antidoto per eliminare i cinque difetti.

    www.thangka.de/Gallery-3/Misc/12-31/nirvana-0.htm
    The Nine Progressive Stages of Mental Development (According to Shamatha Meditation Practice)

    https://sites.google.com/site/meditasavi/usv_8


    Questi Insegnamenti sulla Meditazione derivano da un Testo intitolato “Il Tesoro della Conoscenza”. Questo testo è chiamato “Tesoro”perché ha raccolto insieme informazioni dai Sutra e dai Tantra, presentandole in forma concisa. Esso contiene non soltanto i veri insegnamenti del Buddha, ma anche nozioni di grammatica, medicina, poesia, astrologia ed altro ancora. A causa della sua vasta mole di esposizioni, esso fu anche detto “Il Testo che copre ogni Conoscenza”.

    L’autore del “Tesoro della Conoscenza” è stato Jamgon Kongtrul (1813-1899), che nacque da una famiglia molto povera. Appena nato, suo padre morì, quindi la sua famiglia rimase composta da lui stesso e da sua madre. A quel tempo vi era un sovrano molto potente che regnava sul territorio di Der-gé in Tibet, ed egli dovette sottomettersi a lavorare per quel re. Sua madre era solita dirgli: “ Qui, non c’è modo di condurre un tipo di vita che non sia così dolorosa: è molto meglio se entri nel Dharma e diventi monaco. E’ molto meglio fare quello, che condurre una vita così”. Quindi, sua madre lo spedì ad un monastero, ove fu ordinato monaco e tanto studiò da diventare infine un grande studioso. Egli divenne allievo del 9° Tai Situpa, Pema Nyingje Wangpo e fu un ottimo studente ed un bravo scrittore. Il re di Dergé venne a sapere della sua bravura e gli propose di diventare suo segretario particolare, ma il suo maestro Pema Nyingje pensò: “Se egli è soltanto un semplice monaco, il re sarebbe capace di prenderlo con sé come segretario e gli farà perdere tempo dietro problemi materiali. Se invece è un Tulku dichiarato (cioè un Reincarnato speciale, n. d.T.), allora il re non potrà averlo come segretario”. Il problema era che egli doveva essere la reincarnazione di qualcuno, per essere un Tulku. Così, Pema Nyingje pensò che sarebbe stata una buona idea chiamarlo Tulku di Kongpo Pamden, che era stato un grande meditante. Perciò dette a Jamgon Kongtrul il nome di ‘Kongpo Pamden Tulku’, che fu poi accorciato in ‘Kongtrul’. Ecco come Jamgon Kongtrul ottenne il suo nome.
    Così, Jamgon Kongtrul fu dichiarato un tulku e visse in una capanna su una grande rupe sopra Palpung. Questa rupe è chiamata ‘Tsadra Rinchen Drak’. Rinchen Drak significa ‘Rupe Preziosa’, o ‘Rupe Gioiello’ e Tsadra si riferisce al Monte Kailash, che è un luogo assai sacro in Tibet. Questo luogo fu riconosciuto come molto speciale dal Terton Chojyur Lingpa e, quando si guarda il lato nord di questa rupe, si può vedere sulla roccia la forma della divinità Dorje Phurba (in Sanscrito, Vajrakilaya). Jamgon Kongtrul aveva la sua piccola casetta nel punto del cuore di questa forma del Dorje Phurba ed egli vi stava in ritiro meditando costantemente. Nella storia della sua vita, egli dice di aver vissuto qui solitario in uno stato di povertà, mangiando soltanto una sporta di Tsampa (sorta di verdure arrostite) e una sola caraffa di tè.
    A quel tempo vi erano molti lignaggi nel Tibet – alcuni con molti sostenitori ed altri con molti meno. Onde prevenire la loro scomparsa, Jamgon Kongtrul riunì gli insegnamenti di tutti questi lignaggi e li raccolse gradualmente in cinque testi, ‘I Cinque Tesori’, di cui ‘Il Tesoro della Conoscenza’ è uno di questi. Però, poi egli scoprì che in un Sutra è detto: “Verrà una guida, chiamata Lodro, che insegnerà i cinque tipi di conoscenza”. La parola Tibetana ‘Lodro’ significa ‘intelligenza’ e questo era il vero nome di Jamgon Kongtrul. I cinque tipi di conoscenza sono quindi riferiti ai ‘Cinque Tesori’. Così Jamgon Kongtrul compose questi Cinque Tesori ed i più grandi eruditi hanno riconosciuto nella profezia del Sutra, proprio l’opera di Jamgon Kongtrul.
    Jamgon Kongtrul divenne l’insegnante del quindicesimo Karmapa, Khakhyab Dorje, che ebbe grandi onorificenze. Nel Tesoro della Conoscenza vi sono insegnamenti ad ogni livello, compresi Sutra, Tantra e così via. Vi sono anche insegnamenti su ciò che si deve fare a ciascun livello, come si deve sviluppare la propria meditazione a quei livelli, e così via.
    http://uk.search.yahoo.com/r/_ylt=A7x9QbxH...on_kongtrul.htm
    http://www.ibs.it/code/9788873056027/thran...lla-quiete.html
    http://it.search.yahoo.com/r/_ylt=A7x9QfnJ...a_vipassana.htm
     
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  5. Avalokitesvara aiutami
     
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    Grazie Yeshe è veramente un bel testo :)
    Vorrei segnalarti che dalle parole "Per sviluppare bene la propria meditazione," vi è una ripetizione del testo due volte uguale.
    :meditation: :;namaste: :lol:
     
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4 replies since 16/8/2012, 23:02   267 views
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