Il Tao della critica

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    La parabola dei ciechi e dell'elefante

    www.risveglio.net/C92426116/E1173317075/index.html

    il kalama sutta

    www.bukkaidojo.it/?page_id=419

    CITAZIONE
    Mi sembra che alcuni filosofi della scienza usino il termine "accettato" o "accettabile" come sostituto del termine "creduto" o "degno di essere creduto". Può darsi che nella scienza ci siano un sacco di teorie che sono vere e che perciò sono degne di essere credute, ma secondo il mio modo di vedere la faccenda, il fatto di essere degne di essere credute non ha alcun interesse per la scienza. Infatti, la scienza non fa sforzi positivi per giustificare o fondare il fatto che una teoria sia degna di essere creduta. Al contrario, si occupa soprattutto di criticarle. Considera o dovrebbe considerare lo scalzamento delle teorie, anche delle più ammirevoli e delle più belle, come un trionfo, un progresso. Infatti non è possibile scalzare una buona teoria senza imparare un’enorme quantità di cose da essa e dal suo fallimento. Come sempre, impariamo dai nostri errori (K. Popper, problemi scopi e responsabilità della scienza).

    Quali sono le fonti migliori della nostra conoscenza? (...) La risposta, io credo, è questa: la nostra conoscenza ha fonti di ogni genere, ma nessuna ha autorità.(...)
    E propongo perciò di sostituire alla questione circa le fonti della nostra conoscenza un'altra questione, del tutto differente: "In che modo possiamo sperare di accorgerci dell'errore, e di eliminarlo?".
    (...)
    La risposta appropriata alla mia domanda: "In che modo possiamo sperare di accorgerci dell’errore e di eliminarlo?" è, io credo, la seguente: «Criticando le teorie o i tentativi di indovinare fatti dagli altri, e, se possiamo allenarci a farlo, criticando le nostre stesse teorie e i nostri stessi i tentativi di indovinare". (Quest'ultima cosa è altamente i desiderabile, ma non è indispensabile; perché, se non riusciamo a criticare le nostre stesse teorie, può darsi che ci pensino gli altri a farlo)(K. Popper, le fonti della conoscenza e dell'ignoranza).

     
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    Got ignorance?
    Uncertainty is an uncomfortable position. But certainty is an absurd one.


    Buddhismo, Buddhadharma, Buddha, Zen, Dzogchen, Soen, meditazione, Mahayana, Vaijrayana, Theravada, sesshin, ritiri, centriBuddhismo, Buddhadharma, Buddha, Zen, Dzogchen, Soen, meditazione, Mahayana, Vaijrayana, Theravada, sesshin, ritiri, centriBuddhismo, Buddhadharma, Buddha, Zen, Dzogchen, Soen, meditazione, Mahayana, Vaijrayana, Theravada, sesshin, ritiri, centriBuddhismo, Buddhadharma, Buddha, Zen, Dzogchen, Soen, meditazione, Mahayana, Vaijrayana, Theravada, sesshin, ritiri, centriBuddhismo, Buddhadharma, Buddha, Zen, Dzogchen, Soen, meditazione, Mahayana, Vaijrayana, Theravada, sesshin, ritiri, centri

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    "la via di buddha è la via dell'errore"

     
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    Questo a proposito dei ciechi & elefante:
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    Ciò che Bacone aveva in mente era qualcosa di questo genere: supponiamo che un uomo sia preda di qualche superstizione religiosa — ad esempio, dell’eresia zoroastriana o manichea, secondo cui il nostro mondo è il campo di battaglia fra una potenza buona e una malvagia. Allora tutte le sue osservazioni non faranno altro che confermare la sua credenza. In altre parole costui non sarà mai in grado di correggerla sulla base dell’esperienza, o di imparare dall'esperienza. Possiamo modernizzare un po’ questo esempio teologico. Prendiamo un uomo che creda nella teoria secondo cui tutta la storia è storia della lotta di classe: della lotta tra proletari virtuosi e capitalisti cattivi. Se crede in questa teoria, allora tutto ciò che osserva o esperisce e tutto ciò che i giornali riportano (o mancano di riportare) sarà da lui interpretato nei termini di questa credenza, ed egli tenderà perciò a rafforzare la propria credenza. Oppure, si prenda un terzo esempio, forse ancor più controverso. Gli psicoanalisti tendono a parlare di quelle che chiamano le loro "osservazioni cliniche", e del fatto che queste osservazioni cliniche sostengono invariabilmente la teoria psicoanalitica. Ma naturalmente queste osservazioni cliniche sono, invariabilmente, osservazioni interpretate alla luce della teoria psicoanalitica. Ciò solleva la questione se sia legittimo pretendere che le osservazioni sostengano la teoria. O, per metterla in un altro modo: possiamo concepire un qualsiasi comportamento umano che non sia possibile interpretare in termini psicoanalitici? Se la risposta a questa domanda è "no", allora possiamo dire, antecedentemente ad ogni osservazione, che ogni osservazione concepibile sarà interpretabile alla luce della teoria psicoanalitica e che, perciò, essa "sosterrà", apparentemente, la teoria. Ma se è possibile dire una cosa del genere prima di qualsiasi osservazione, allora questo tipo di sostegno non deve essere descritto come un sostegno genuinamente empirico basato sull’osservazione. È chiaro che questa è la diffcoltà che Bacone vide. L’unica soluzione del problema che egli poté scorgere fu la proposta, inattuabile, di purgare la nostra mente da ogni teoria, e il consiglio di aderire all’osservazione pura. Con questo lascio le concezioni di Bacone per passare ad esporvi la mia concezione personale della faccenda. Incomincerò con l’offrirvi una semplice soluzione del problema di Bacone. La mia soluzione consiste di due passi. Il primo passo è il seguente: ogni volta che uno scienziato pretende che la sua teoria sia sostenuta dall’esperimento e dall’osservazione dovremmo porgli la seguente domanda: puoi descrivere una qualsiasi osservazione possibile, che, effettivamente compiuta, confuterebbe la tua teoria? Se non lo puoi, allora è chiaro che la teoria non ha il carattere di una teoria empirica; infatti, se tutte le osservazioni concepibili vanno d’accordo con la tua teoria, allora non hai il diritto di pretendere che una qualsiasi osservazione particolare offra un sostegno empirico alla tua teoria. Oppure, per dirla più in breve: solo se puoi dirmi in qual modo la tua teoria possa essere confutata, o falsificata, possiamo accettare la pretesa che la tua teoria abbia il carattere di una teoria empirica. Questo criterio di demarcazione fra teorie non empiriche e teorie che hanno carattere empirico, l’ho chiamato anche criterio di falsificabilità, o criterio di confutabilità. Esso non implica che le teorie inconfutabili siano false, e non implica neppure che siano prive di significato. Ma implica che, finché non possiamo dare una descrizione dell’aspetto che avrebbe una possibile confutazione della teoria, allora quella teoria è al di fuori della scienza empirica. Il criterio di confutabilità o falsificabilità può anche essere chiamato criterio di controllabilità. Infatti, controllare una teoria, o la parte di un macchinario, significa tentare di coglierlo in fallo. Cosi, una teoria, di cui sappiamo in anticipo che non può essere colta in fallo o confutata, non è controllabile. Dovremmo mettere bene in chiaro qui che nella storia della scienza ci sono molti esempi di teorie che in qualche stadio del loro sviluppo non erano controllabili, ma che diventarono controllabili ad uno stadio successivo. Nella moderna teoria fisica, un interessante esempio di tali teorie è dato dalla teoria del neutrino. (...) Ciò dovrebbe servire da avvertimento per coloro che sono propensi a dire che le teorie non controllabili sono prive di significato (o che non hanno un significato conoscitivo).

    K. Popper, problemi, scopi e responsabilità della scienza

     
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2 replies since 3/4/2012, 08:39   176 views
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