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dparo.
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Molto interessande!
www.asia.it/adon.pl?act=doc&doc=106
d. -
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Grazie, l'avevo letto giusto ieri. Mi piace quando elenca ciò che coscienza non è. . -
dparo.
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Si ho visto grazie!Ho cuccato l'articolo dall'altro forum... SPOILER (clicca per visualizzare)Perché queste non restino solo parole e affinché possiamo farne esperienza, utilizziamo l’applicazione sistematica del dubbio: partiamo da un solido dubbio su io. Possiamo chiederci: ma c’è poi davvero questo io? Indubbiamente non è il dubbio che dubita, ma ciascuno lo vive come il “mio dubbio”; in esso sente vibrare un “ne va di me” e da questo coinvolgimento nasce il senso di io (punto non contestabile perché, se qualcuno lo contestasse, nella sua contestazione ne andrebbe di lui e lo confermerebbe). Ma se andiamo a cercare un soggetto agente degli atti primi di sentire e capire (un “senziente” o un “testimone”) troviamo solo sensazioni di cui facciamo esperienza; non possiamo uscire dal percepito, sempre tocchiamo qualcosa ma non tocchiamo mai io. Possiamo insistere, intensificare e portarci sempre più vicino alla scaturigine, al nucleo della nostra esperienza. Un processo al limite verso il polo qui. Con precisione escludiamo tutto quello che ci appare davanti; mettiamo tra parentesi prima il corpo, poi i pensieri, le emozioni e gli stati d’animo, le valutazioni intellettuali… come a sbucciare noi stessi. Continuiamo a risalire al contrario il flusso del vedere (pratyahara), cercando il vedente.
Arriviamo a un’apertura, un contorno da cui il flusso di coscienza fiotta all’esterno. Se in esso sembra di cogliere, di afferrare qualcosa, l’inizio che cerchiamo non è quello. Utilizzando la diffusa metafora della coscienza come luce, l’indicazione cruciale nella pratica della riduzione alla sorgente cosciente è: «Non cercate una “luce”; è la luce che sta cercando».
Ancora spingiamo, densifichiamo; e se il vedente-io sembra apparire, usiamolo come sponda per chiederci ancora da dove lo vediamo… Più si intensifica il cercare, più possono liberarsi delle energie, sensazioni viscerali del corpo che veicolano precisi significati. Non che significhino un solido “io” – benché il senso di “ne va di me” resti netto e presente – ma piuttosto il fatto che esiste esser-qui, che c’è un sapere di sé: (io) sono. E non è per nulla scontato che (io) ci sia. Da dove? Perché?
Possono evidenziarsi fatti di enorme importanza, ma certamente non si raggiunge alcun Io puro testimone, né alcuna res cogitans sostanziata.
Questo non significa che sia possibile affermare di contro che “io non esiste”, come saremmo portati a concludere secondo la nostra logica duale. Per esserne certi proviamo, sempre sul primo canale, a negare io: «Io non ci sono»… Nel momento in cui lo neghiamo, si riafferma qualcosa che non è un oggetto, ma che neppure è un puro nulla. Se allora di nuovo cerchiamo di affermarlo con una descrizione, o di dimostrarlo, ci sfugge. A differenza di un oggetto, non lo si afferra né lo si di-mostra. Solamente, esso si mostra, esibisce la sua irriducibile esistenza.
D. -
dparo.
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Grazie, l'avevo letto giusto ieri. Mi piace quando elenca ciò che coscienza non è.
P.s. Sto guardando il sito di ASIA, lo trovo molto interessante
hanno degli obiettivi piuttosto ambiziosi e delle idee che devo dire
assomigliano ad alcuni miei sogni ad occhi aperti, come quella di un Monastero
per la ricerca interiore, aperto a tutte le vie e discipline...che loro chiamano Monastero Filosofico.
E' da vedere se riusciranno a realizzarlo e che piega prenderà: fin troppo facile che diventi qualcosa di new age
poco o per nulla monastico e molto orientato al quattrino...però l'idea in se è sfiziosa...
d. -
aquilapicco.
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Molto interessante, grazie. . -
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Un articolo un pò complicato. Me lo sono stampato e lo leggerò con calma.....sono 27 pagine!!! . -
nautilus59.
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..da appassionata di neuroscienze..per il momento ho solo il tempo di stampare l'articolo..e appena possibile lo leggerò..grazie della comunicazione! . -
Theiwaz.
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Molto Dzogchen, in qualche modo, interessantissima. Grazie DParo. . -
Tomo Ko.
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Video.