Pensieri sparsi di Amit Goswami

Scienza e coscienza.

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  1. aquilapicco
     
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    ( fisico teorico – si occupa di coscienza, spirito, creatività e fisica quantistica ):

    - “ Quando pensiamo alle cose, allora consideriamo la Realtà più concreta di quella che è. Ecco perché diventiamo bloccati. Diventiamo bloccati nell’ identità della Realtà, poiché se la Realtà fosse concreta, io ovviamente sarei insignificante. Non posso veramente cambiarla.”

    - “ E’ molto semplice. Invece di pensare alle cose come cose, noi abbiamo un ‘abitudine. Abbiamo tutti l’abitudine di pensare che tutto ciò che ci circonda è gia una cosa, che esiste senza il mio input, senza la mia scelta. Dovete bandire questo tipo di pensare….Invece dovete veramente riconoscere che persino il mondo materiale intorno a noi, le sedie, i tavoli, le stanze, i tappeti e la video camera inclusa, non sono altro che possibili movimenti della coscienza. E io scelgo momento dopo momento fra tutti questi movimenti ( della coscienza ) quale esperienza portare alla realtà. E’ il solo modo di pensiero radicale che occorre fare, sebbene sia molto radicale. E’ molto difficile, giacchè la nostra tendenza è quella di considerare il mondo là fuori, indipendente dalla nostra esperienza. Non è così. La fisica quantistica è stata al riguardo abbastanza chiara. Lo stesso Heinsenberg, co- scopritore della fisica quantistica, disse che gli atomi non sono cose. Sono solo tendenze. Così , invece di pensare alle cose, devi pensare alle possibilità. Esistono possibilità di coscienza. “

    - “ La fisica quantistica, parlando molto succintamente, è la fisica delle possibilità “.

    - “ Ma se la Realtà è una mia possibilità, una possibilità della stessa coscienza, allora immediatamente sorge la domanda su come posso cambiarla….Come posso migliorarla……Come posso renderla più felice.

    Vedete come stiamo estendendo l’immagine di noi stessi. Nel vecchio modo di pensare, io non potevo cambiare niente, poiché non avevo nessuna influenza o nessun ruolo nella Realtà. La realtà era già presente. Sono gli oggetti materiali che hanno un loro proprio movimento, grazie alle leggi deterministiche, e la matematica determina ciò che faranno in una data situazione. Nell’esperienza, io non ho affatto un ruolo. Nella nuova visione, la matematica certo può darci qualcosa. Ci dà le potenzialità che tutto questo movimento può assumere. Ma non può darci la reale esperienza che sto avendo nella mia coscienza. Io scelgo quell’esperienza, per cui creo letteralmente la mia propria Realtà. Può sembrare una dichiarazione tremenda e ampollosa per qualche seguace della New Age, senza una qualche comprensione della fisica , in realtà è questo che ci dice la Fisica Quantistica. “

    - “ Per conoscere il Sé quantistico, per conoscere il posto dove abbiamo veramente una scelta, per conoscere la mente……quando ha luogo quello shift di prospettiva, diciamo che qualcuno è stato illuminato.”

    - “ Percepiamo sempre qualcosa dopo che si è riflessa nello specchio della memoria”
     
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  3. aquilapicco
     
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    Craig Hamilton: Nel suo libro The Self-Aware Universe lei parla della necessità di un mutamento di paradigma. Può dire qualcosa sul modo in cui concepisce tale mutamento? Da dove, e verso quale direzione?

    Amit Goswami: L’attuale concezione del mondo considera ogni cosa composta di materia. Tutto può essere ridotto alle particelle elementari della materia, ai suoi componenti essenziali o mattoni fondamentali. E la causa sorge dalle interazioni di questi mattoni fondamentali o particelle elementari; le particelle elementari compongono gli atomi, gli atomi le molecole, le molecole le cellule e le cellule il cervello. Ma dall’inizio alla fine, la causa fondamentale è sempre l’interazione tra le particelle elementari. La credenza è che tutte le cause procedono dalle particelle elementari. Questa è ciò che definiamo “causalità ascensionale”. In questa concezione, quello che gli esseri umani – tu e io – considerano il loro libero arbitrio, in realtà non esiste. È solo un epifenomeno o un fenomeno secondario, secondario al potere causale della materia. E qualsiasi potere causale che apparentemente siamo in grado di esercitare sulla materia è solo un’illusione. Questo è il paradigma corrente.

    Ebbene, il punto di vista opposto è che tutto comincia dalla consapevolezza. Cioè, la consapevolezza è il fondamento di ogni essere. In tale concezione, la consapevolezza impone la “causalità discendente”. In altre parole, il nostro libero arbitrio è reale. Quando agiamo nel mondo, stiamo davvero agendo con potere causale. Questa concezione non nega che anche la materia abbia potere causale – ovvero che esista un potere causale dalle particelle elementari diretto verso l’alto, cioè una causalità ascendente – ma aggiunge che esiste una causalità discendente. Essa si rivela nella nostra creatività, nelle scelte del nostro libero arbitrio o quando prendiamo decisioni morali. In tali occasioni, siamo di fatto testimoni della causalità discensionale operata dalla consapevolezza.

    Craig Hamilton: Nel suo libro, lei fa riferimento a questo nuovo paradigma come all’«idealismo monista». Inoltre, suggerisce che la scienza sembra star fornendo la dimostrazione di ciò che i mistici hanno sempre detto nel corso della storia. Ovvero, lei sostiene che le attuali scoperte della scienza sembrano parallele all’essenza degli eterni insegnamenti spirituali.

    Amit Goswami: Esse sono l’insegnamento spirituale; non sono semplicemente parallele. L’idea che la consapevolezza è il fondamento dell’essere è la base di tutte le tradizioni spirituali, così come dell’idealismo monista, anche se gli ho dato un nome un po’ diverso. La ragione della scelta di questo nome è che, in occidente, esiste una filosofia chiamata “idealismo”, opposta a quella del “realismo materiale”, secondo la quale solo la materia è reale. L’idealismo afferma: «No, la consapevolezza è l’unica realtà». Ma in occidente quel genere di idealismo di solito ha significato qualcosa che era, in realtà, un dualismo: ovvero, la consapevolezza e la materia sono separate. Quindi, con l’espressione “idealismo monista” ho voluto rendere chiaro che non intendo la forma dualistica dell’idealismo occidentale, bensì un idealismo monista, che in occidente è esistito, ma solo nelle tradizioni spirituali esoteriche. Al contrario, in oriente questa è la corrente principale della filosofia. Nel buddismo, nell’induismo (dove viene chiamata vedanta) o nel taoismo, questa è la filosofia di tutti. Ma in occidente questa è una tradizione molto esoterica, conosciuta e condivisa solo da filosofi molto avveduti, che hanno investigato davvero a fondo la natura della realtà.

    Craig Hamilton: Sta dicendo che la scienza moderna, da un punto di vista completamente diverso – senza presumere nulla sull’esistenza di una dimensione spirituale della vita – è “passata dal retro”, per così dire, e ora si trova d’accordo con questa concezione, grazie alle sue scoperte?

    Amit Goswami: Giusto. Ma non è stato qualcosa di totalmente inaspettato. Sin dai suoi inizi, la fisica quantica – che vide la luce nell’anno 1900 e si sviluppò pienamente nel 1925, con la scoperta delle equazioni della meccanica quantica – ci ha fatto capire che la visione del mondo sarebbe potuta cambiare. I fisici devoti al materialismo si sono divertiti a paragonare la visione del mondo classica a quella quantica. Naturalmente, non si spingevano al punto di abbandonare l’idea secondo cui esiste solo la causalità ascensionale e la materia è sopra ogni cosa, ma resta il fatto che hanno scorto nella fisica quantica il potenziale per un grande mutamento di paradigma. Poi ciò che avvenne fu che, a partire dal 1982, sono cominciati ad arrivare i risultati dagli esperimenti di laboratorio. Quello fu l’anno in cui, in Francia, Alain Aspect e i suoi collaboratori condussero il fondamentale esperimento che dimostrò definitivamente la verità delle nozioni spirituali, in particolare quella della trascendenza. Devo specificare di cosa trattava l’esperimento di Aspect?

    Craig Hamilton: Sì, per favore.

    Amit Goswami: Per dare un po’ il quadro della situazione, bisogna dire che da molti anni la fisica quantica stava dando indicazioni sull’esistenza di altri livelli di realtà, oltre a quello materiale. Tutto cominciò quando si ipotizzò che gli oggetti quantici – gli oggetti nella fisica quantica – fossero onde potenziali. Ebbene, all’inizio la gente pensò: «Oh, sono come onde normali». Ma molto presto si scoprì che no, non sono onde nello spazio e nel tempo. Non è assolutamente possibile definirle onde nello spazio e nel tempo. Hanno proprietà che non combaciano con quelle delle onde comuni. Quindi, si cominciò a riconoscerle come onde in potenza, onde potenziali, e il potenziale venne riconosciuto come trascendente, in qualche modo oltre la materia.

    Ma il fatto che esiste un potenziale trascendente non fu molto chiaro per diverso tempo. Poi, l’esperimento di Aspect dimostrò che non si tratta solo di teoria, esiste davvero un potenziale trascendente; gli oggetti hanno davvero delle connessioni al di là dello spazio e del tempo. Fuori dallo spazio e dal tempo! Ciò che avviene in questo esperimento è che un atomo emette due quanti di luce, chiamati fotoni, in direzioni opposte. In qualche modo questi fotoni influenzano l’uno il comportamento dell’altro, a distanza, senza scambiarsi alcun segnale attraverso la spazio. Si noti: si influenzano reciprocamente senza scambiarsi segnali nello spazio.

    Ebbene, molto tempo fa Einstein ha dimostrato che due oggetti non possono mai influenzarsi istantaneamente nello spazio e nel tempo, perché ogni cosa deve viaggiare con un limite massimo di velocità, e tale limite è la velocità della luce. Quindi, qualsiasi influsso deve viaggiare, se viaggia attraverso lo spazio, impiegando un tempo finito. Questa viene chiamata l’idea della “località”. Si ritiene che ogni segnale sia locale, nel senso che deve impiegare un tempo finito per viaggiare attraverso lo spazio. Ciononostante, i fotoni di Aspect – i fotoni emessi dall’atomo nell’esperimento di Aspect – si influenzano reciprocamente, a distanza, senza scambiarsi segnali, perché lo stanno facendo istantaneamente; ovvero, lo stanno facendo a una velocità superiore a quella della luce. Dunque, ne consegue che l’influsso non ha potuto viaggiare attraverso lo spazio. Piuttosto, esso deve appartenere a una sfera della realtà che dobbiamo riconoscere come la sfera trascendente della realtà.

    Craig Hamilton: Affascinante. La maggior parte dei fisici è d’accordo con questa interpretazione dell’esperimento?

    Amit Goswami: Beh, i fisici devono essere d’accordo con questa interpretazione dell’esperimento. Naturalmente, molte volte essi assumono il seguente punto di vista, dicendo: «Sì, certo, gli esperimenti. Ma questa relazione tra le particelle in realtà non è importante. Non dobbiamo considerare le conseguenze di questa sfera trascendente… Se mai può essere interpretata in questo modo». In altre parole, cercano di minimizzare l’impatto di ciò, aggrappandosi ancora all’idea che la materia viene sopra ogni altra cosa.

    Me dentro di sé sanno come stanno le cose, in quanto è ormai dimostrato. Si racconta che nel 1984 o nel 1985, al raduno dell’American Physical Society (cui ero presente) si udì un fisico dire a un collega che, dopo l’esperimento di Aspect, chiunque non avesse creduto che nel mondo vi fosse qualcosa di davvero strano, avrebbe dovuto avere la testa dura come un sasso.

    Craig Hamilton: Quindi, lei sta dicendo che, dal suo punto di vista (condiviso da molti altri), è in qualche modo ovvio che bisogna introdurre l’idea dl una dimensione trascendente per dare una spiegazione convincente a tutto ciò.

    Amit Goswami: Sì, lo è. Henry Stapp, fisico dell’Università della California a Berkeley, lo dice esplicitamente in un suo saggio del 1977: le cose all’esterno dello spazio e del tempo influenzano quelle al loro interno. È semplicemente fuori questione che questo avvenga nel regno della fisica quantica, dove si ha a che fare con entità quantiche. Naturalmente, il punto cruciale, la cosa sorprendente è che abbiamo sempre a che fare con oggetti quantici, perché la fisica quantica è la fisica di tutti gli oggetti. Che sia submicroscopica o macroscopica, la fisica quantica è l’unica che abbiamo. Anche se è più evidente nei fotoni, negli elettroni, negli oggetti submicroscopici, crediamo che tutta la realtà, la realtà manifesta, la materia, sia governata dalle stesse leggi. E se è così, questo esperimento ci sta dicendo che dovremmo cambiare la nostra visione del mondo, perché anche noi siamo oggetti quantici.

    Craig Hamilton: Queste sono scoperte affascinanti, che hanno ispirato molte persone. Diversi libri hanno già cercato di stabilire un legame tra la fisica e il misticismo. Il Tao della fisica di Fritjof Capra e La danza dei maestri wu li di Gary Zukav hanno raggiunto moltissime persone. Pure, lei racconta nel suo libro di aver avuto la sensazione che qualcosa non fosse ancora stato esplorato, e che quel qualcosa rappresenta il suo contributo originale a tutto ciò. Può spiegare quali sono le differenze tra quello che lei sta facendo adesso e ciò che in quest’area era già stato fatto?

    Amit Goswami: Sono contento che lei mi abbia posto questa domanda. È una cosa che va chiarita, e cercherò di essere il più esauriente possibile. I primi lavori, come Il Tao della fisica, sono stati molto importanti per la storia della scienza. Tuttavia essi, anziché favorire la dimensione spirituale degli esseri umani, si reggevano tutti, fondamentalmente, sulla visione materialista del mondo. In altre parole, non sfidavano il punto di vista materialista secondo cui ogni cosa è composta di materia. Tale concezione non è mai stata posta in discussione da nessuno di questi primi libri. In realtà, il mio libro è stato il primo che l’ha sfidata apertamente, restando però sempre fondato su una rigorosa spiegazione in termini scientifici. In altre parole, l’idea che la consapevolezza sia il fondamento dell’essere è esistita, naturalmente, nella psicologia, per esempio nella psicologia transpersonale. Ma al di fuori di quest’ultima, nessuna tradizione scientifica e nessuno scienziato l’hanno percepita con altrettanta chiarezza.

    La mia fortuna è stata riconoscerla all’interno della fisica quantica, ovvero scoprire che tutti i paradossi di quest’ultima potevano essere risolti accettando la consapevolezza come il fondamento dell’essere. Questo è stato il mio contributo originale. Ovviamente, ciò ha la capacità di mutare l’intero paradigma, perché ora possiamo davvero integrare la scienza con la spiritualità. In altre parole, con Capra e Zukav – anche se i loro libri sono ottimi – non avviene un mutamento di paradigma, non c’è un’autentica riconciliazione tra la scienza e la spiritualità, perché essi sono rimasti fedeli a un paradigma fondamentalmente materialista. Infatti, se in ultima analisi ogni cosa è materiale, ogni potere causale deve provenire dalla materia. La consapevolezza e la spiritualità vengono riconosciute, ma solo come epifenomeni causali o secondari. E una consapevolezza epifenomenica non va molto bene. Voglio dire, essa non sta facendo niente. Dunque, anche se questi libri riconoscono la nostra spiritualità, quest’ultima alla fin fine proviene da una sorta di interazione materiale.

    Però questa non è la spiritualità di cui ha parlato Gesù; non è la spiritualità che colmava di estasi i mistici orientali; non è la spiritualità che un mistico riconosce quando dice: «Adesso so cos’è la realtà, e questa conoscenza elimina per sempre tutta l’infelicità. Questo è l’infinito, questa è la gioia, questa è la consapevolezza». Questo genere di affermazione esuberante fatta dai mistici non sarebbe possibile sulla base di una consapevolezza epifenomenica. È ammissibile solo quando si riconosce il fondamento dell’essere stesso, quando si riconosce direttamente che l’Uno è il Tutto.

    Ebbene, un essere umano epifenomenico non avrebbe alcuna conoscenza di questo tipo. Non avrebbe senso sapere di essere il Tutto. Dunque, questo è ciò che sto sostenendo. Finché la scienza continua a basarsi sul punto di vista materialista, per quanto cerchi di spiegare le esperienze spirituali in termini di chimica del cervello, di fenomeni paralleli o altro ancora, non stai davvero rinunciando al vecchio paradigma. Stai abbandonando il vecchio paradigma e riconciliandoti pienamente con la spiritualità solo quando basi la scienza sull’essenziale nozione spirituale che la consapevolezza è il fondamento di tutto l’essere. Questo è ciò che ho fatto nel mio libro, ma è solo l’inizio. Esistono già altri libri che stanno riconoscendo questo fatto.

    Craig Hamilton: Quindi esistono persone che stanno corroborando la sua idea?

    Amit Goswami: Esistono persone che stanno uscendo allo scoperto riconoscendo la stessa cosa, cioè che questo punto di vista è il modo corretto di spiegare la fisica quantica e anche di sviluppare la scienza in futuro. In altre parole, la scienza attuale non solo ha portato a dei paradossi quantici, ma si è anche rivelata inadeguata a spiegare fenomeni paradossali e anomali come la parapsicologia, il paranormale e – perfino – la creatività. Anche problemi tradizionali come la percezione o l’evoluzione biologica contengono diversi punti oscuri che queste teorie materialiste non spiegano. Per darle un esempio, nella biologia esiste quella che viene chiamata la teoria degli equilibri punteggiati. Ciò vuol dire che l’evoluzione non è solo lenta, come pensava Darwin, ma che esistono delle epoche in cui essa è veloce, definite “segni di punteggiatura”. Tuttavia, la biologia tradizionale non ha alcuna spiegazione per ciò.

    Se invece fondiamo la scienza sulla base della consapevolezza, sul primato della consapevolezza, possiamo scorgere in questo fenomeno la creatività, l’autentica creatività della consapevolezza. In altre parole, possiamo vedere davvero che la consapevolezza sta operando creativamente perfino nella biologia, nell’evoluzione delle specie. E quindi, ora possiamo riempire con idee essenzialmente spirituali (tipo la consapevolezza come creatrice del mondo) questi spazi vuoti che la biologia convenzionale non riesce a colmare.

    Craig Hamilton: Questo riporta alla mente il sottotitolo del suo libro, Come la consapevolezza crea il mondo materiale. Si tratta, ovviamente, di un’idea piuttosto radicale. Potrebbe spiegare un po’ più concretamente in che modo ciò avviene davvero, secondo lei?

    Amit Goswami: In realtà, è la cosa più facile da spiegare, perché nella fisica quantica, come ho detto prima, gli oggetti non sono considerati entità definite, secondo la nostra abitudine. Newton ci ha insegnato che gli oggetti sono entità definite, visibili in ogni istante e in movimento lungo traiettorie definite. La fisica quantica non dipinge affatto gli oggetti in questo modo. Nella fisica quantica gli oggetti sono visti come potenzialità, onde di possibilità. Giusto? Quindi sorge la domanda: cosa trasforma la possibilità in attualità? Infatti, quando vediamo, vediamo solo eventi in atto. Essi cominciano con noi. Quando vedi una sedia, vedi una sedia in atto, non in potenza.

    Craig Hamilton: Giusto… Almeno lo spero.

    Amit Goswami: Tutti lo speriamo. Ebbene, questo si chiama il “paradosso della misurazione quantica”. È un paradosso, perché chi siamo noi per operare questa trasformazione? Dopo tutto, nel paradigma materialista, non abbiamo alcun potere causale. Non siamo altro che il cervello, composto di atomi e particelle elementari. Quindi, come fa un cervello composto di atomi e particelle elementari a tramutare un’onda potenziale, se lui stesso è un’onda potenziale? Lui stesso è composto delle onde potenziali degli atomi e delle particelle elementari, quindi non può trasformare la propria onda potenziale in qualcosa di attuale. Questo viene definito un paradosso. Ora, nella nuova concezione, la consapevolezza è il fondamento dell’essere. Quindi, chi converte ciò che è potenziale in attuale? La consapevolezza, perché essa non ubbidisce alla fisica quantica. La consapevolezza non è fatta di materia; è trascendente. Vede il mutamento di paradigma, qui? Il modo in cui è possibile affermare che la consapevolezza crea il mondo materiale? Il mondo materiale della fisica quantica è solo una possibilità. È la consapevolezza, grazie alla conversione della possibilità in attualità, a creare ciò che vediamo manifesto. In altre parole, la consapevolezza crea il mondo manifesto.

    Craig Hamilton: A essere sinceri, la prima volta che ho letto il sottotitolo del suo libro pensavo che si trattasse di una metafora. Ma dopo aver letto il libro, e discutendone ora, mi sto convincendo che lei lo intende in modo molto più letterale di quanto credevo. Un passaggio del suo libro che mi ha lasciato letteralmente interdetto è dove afferma che, secondo la sua interpretazione, l’intero universo fisico è esistito sotto forma di infinite potenzialità in evoluzione fino a quando, a un certo punto, è emersa la possibilità di un essere senziente conscio; in quel momento, istantaneamente, tutto l’universo conosciuto è venuto alla luce, inclusi i quindici miliardi di anni che hanno portato a tale istante. Vuole dire davvero questo?

    Amit Goswami: È quello che intendo, alla lettera. Questo è ciò che la fisica quantica richiede. In realtà, nella fisica quantica questa viene chiamata “scelta ritardata”. E io ho aggiunto a tale concetto quello dell’«autoreferenza». Di fatto, il concetto della scelta ritardata è molto antico. Si deve a un fisico famosissimo di nome John Wheeler. Ma secondo me Wheeler non considerò correttamente l’insieme della questione. Lasciò da parte l’autoreferenza. Sorge sempre la domanda: «Si pensa che l’universo esista da quindici miliardi di anni, ma se è necessaria la consapevolezza per convertire la possibilità in attualità, come è possibile che l’universo sia esistito tanto a lungo?». Infatti, in quella primitiva sfera incandescente che si suppone abbia creato l’universo – il big bang – non esistevano né la consapevolezza né gli esseri senzienti, biologici, a base di carbonio. Ma questo nuovo modo di considerare le cose afferma che l’universo è rimasto in potenza fino alla misurazione quantica autorefenziale. Questo è il nuovo concetto. Lo sguardo di un osservatore è essenziale per manifestare la possibilità in attualità, e quindi solo quando un osservatore guarda, ogni cosa diventa manifesta, incluso il tempo. Per cui l’intero passato, da questo punto di vista, diventa manifesto nell’istante stesso in cui il primo essere senziente guarda.

    Si scopre che questa idea, in modo molto ingegnoso e sottile, è esistita in astrologia e in cosmologia sotto forma del principio definito “antropico”. Cioè, tra gli astronomi (ma anche tra i cosmologi) si è fatta strada l’idea che l’universo abbia un fine. Esso sembra così orientato verso un fine, esistono talmente tante coincidenze, che sembra molto probabile che stia facendo qualcosa intenzionalmente, cioè si stia sviluppando in modo tale da far nascere, a un certo punto, un essere senziente.

    Craig Hamilton: Dunque, lei ha la sensazione che esista una certa intenzionalità nel modo in cui l’universo si sta evolvendo; cioè che, in un certo senso, arriva a compimento in noi, esseri umani?

    Amit Goswami: Beh, gli esseri umani possono non esserne il fine, ma certamente ne sono il primo risultato, perché qui è presente la possibilità della creatività manifesta, la creatività nell’essere senziente stesso. Gli animali sono certamente senzienti, ma non creativi nel senso in cui lo siamo noi. Quindi, gli esseri umani in questo momento sembrano certamente un’epitome, anche se potrebbe non trattarsi dell’epitome finale. Penso che abbiamo una lunga strada da fare e che molta evoluzione debba ancora accadere.
     
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