Modificare o accettare

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    Carissimi,

    Saltuariamente mi ritrovo a riflettere su un appartente contrasto tra diverse interpretazioni del pensiero buddhista.

    Leggendo alcuni autori Theravada, mi sono più volte imbattuto nella tesi che i pensieri "negativi" devono essere abbandonati, mentre quelli "positivi" devono essere coltivati. In quest'ottica, la pratica buddhista è attiva rispetto ai contenuti della mente e lo scopo del praticante è quello di plasmare la mente nel modo corretto.

    Cito dal MN19:
    CITAZIONE
    If one frequently thinks sensual, hostile or harmful thoughts, desire, ill will, and harmful-ness become the inclination on the mind

    Oppure da Bhikkhu Bodhi:
    CITAZIONE
    The unwholesome thought is like a rotten peg, lodged in the mind; the wholesome thought is like a new peg suitable to replace it. The actual contemplation functions as the hammer used to drive out the old peg with the new one. The work of driving in the new peg is practice.

    Mentre leggendo altri autori Buddhisti, perlopiù Mahayana Zen, ho l'impressione che l'enfasi non sia tanto in modificare il contenuto della mente, positivo o negativo che sia, ma di abbandonare entrambi superando in toto la distinzione tra positivo e negativo.

    Ad esempio, mi vengono in mente le parole di Dogen sulle erbacce:
    CITAZIONE
    Tuttavia, pur essendo così come ho detto sopra, i fiori cadono proprio quando per affetto vorremmo trattenerli e le erbacce crescono proprio quando ci danno fastidio.

    Oppure la storiella del contadino e dei cavalli.

    A me sembrano due posizioni contrastanti. Ad esempio, la pratica di Metta avrebbe pienamente senso nella prima interpretazione, ma sarebbe insensata (e forse addirittura controproducente) nella seconda.

    Voi cosa ne pensate di tutto questo?
     
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    signor no
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    ciao ,non ho una conoscenza approfondita di tutto lo scibile buddhista quindi dico solo come la vivo io :

    -sulla coltivazione dei pensieri seguo TNH (che tra l'altro non vede dicotomia tra i vari insegnamenti) che dice che nella mente crescono i semi che innaffiamo di piu' anche se ci sono semi di tutti i tipo ,questo lo trovo innegabile

    -il positivo e negativo sono semplificazioni in categorie di una scala di grigi e spesso variano a seconda del contesto

    -non tutti i livelli sono uguali ,per predisposizione,pratica ,esperienza etc. cio' che potrebbe essere adatto a qualcuno potrebbe non esserlo in questo momento per altri , come si vede dalla miriade di insegnamenti ...se non distingui un accordo maggiore da uno minore difficilmente mi suonerai un assolo su un brano jazz pieno di rivolti , undicesime ,tredicesime ,diminuite etc.

    -tra l'altro Bikkhu Bodhi in alcuni scritti e' piu' mahayana di alcuni scrittori mahayana

    -se si seguono le basi non ci saranno problemi ...prima di tutto " attenzione,attenzione ,attenzione"
     
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    Per me bisogna accordarsi su negativo o positivo, o neutro. E una volta fatto lasciare andare tutto.
    Occorre lasciare andare, non attaccarsi a qualsiasi cosa: in questo caso qualsiasi cosa è qualsiasi pensiero, e visto che tutto il gioco avviene nella nostra mente, qualsiasi atto che percepiamo come "fatto da noi", se vogliamo è tutto quell'indugiare a quanto ci si sente inclini.
    Un certo tipo di comportamento generoso, altruista, etico, gentile, operoso ecc è "propedeutico", necessario a creare le condizioni per poter arrivare a fare un po' di strada nella Via, e in questo vedo l'enfasi su certe azioni da compiere e altre da evitare, che ciascuna tradizione insegna a modo suo. Non considerarci il centro di qualcosa è un altro lato del triangolo. "Accettare quel che viene pur facendo il nostro meglio" lo chiude.

    In questo non trovo molta discrepanza tra i vari insegnamenti, ma forse sono io che faccio "cherry picking" nella mia memoria prendendo quello che mi fa comodo.

    Modificare il proprio comportamento cecando di conformarci alle paramita, non attaccarsi a qualsiasi cosa come io/mio.
    Però mica so 'na fava, è solo un'opinione e come zenbaba non pretendo di conoscere tutto quello che c'è.
     
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    Il fossile con le ali

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    Penso sia molto semplice. Si parla di cose in larga parte diverse. Nel momento in cui fai un tipo di lavoro Zen o comunque di qualsiasi tradizione simile quanto a tipo di meditazione, hai già abbandonato (almeno in quella circostanza) i pensieri negativi. Potevi usare quel tempo per andare a caccia no?

    Chiaro che esiste una certa sovrapposizione ma spero di aver reso l'idea. Nel Theravada i pensieri negativi sono essenzialmente tutto quello che allontana da una retta condotta di vita, da un uso intelligente del proprio tempo e capacità, dal perdere il controllo della propria mente. Come ad esempio ubriacarsi troppo spesso. I pensieri positivi sono il contrario ed è inutile che io faccia l'elenco.

    Non sono ferrato nello Zen ma a quanto ho capito l'abbandono di idee positive o negative o anche neutre, ci aggiungo, va visto in un altra ottica: ridurre o eliminare l'attaccamento che possono evocare, che è l'ostacolo principale per accedere a quello stato a-verbale che suppongo sia il trampolino verso il Satori.

    Quindi in un caso è proprio la qualità dell'idea in sé stessa (anche se il Theravada poi converge come tutte le altre tradizioni verso punti comuni, ma si tratta di stati avanzati della pratica) e relative conseguenze sul percorso verso il Nirvana; nel secondo è quel lavoro di continua elaborazione dei pensieri che fa da ostacolo agli stati meditativi più profondi. L'esmpio classico è sviluppare l'orgoglio di star facendo un buon lavoro, di conoscere bene il Dharma e altri simili pensieri. In un ottica Theravada è riconosciuto che portano attaccamento ma dato che la dottrina della rinascita ha un posto centrale, questo attaccamento non è disfunzionale. Ma lo diventa nello Zen in quanto pensiero dualizzante, se così si dice (non amo molto ricorrere a parole di cui non ho esperienza diretta... ma non me ne vengono in mente di migliori).

    Come sopra: è evidente quanto sia ampia l'area di sovrapposizione delle due letture, ma una distinzione se pure artificiale penso possa avere la sua utilità.

    Edited by arkeo2001 - 11/2/2023, 12:31
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    Domandona, visto che non pratico Theravada non so.
    Mi pare che anche nel Theravada vada ;) evitato quanto positivo/negativo/neutro perchè comunque si genera quell'io/mio che ci è d'impedimento. Ho letto/capito male?
     
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    CITAZIONE (warmbeer @ 11/2/2023, 17:20) 
    Domandona, visto che non pratico Theravada non so.
    Mi pare che anche nel Theravada vada ;) evitato quanto positivo/negativo/neutro perchè comunque si genera quell'io/mio che ci è d'impedimento. Ho letto/capito male?

    Che io sappia è come dici. Io non pratico proprio, quindi nemmeno il Theravada. Confesso di avere solo il testo dei discorsi medi (un appassionato dovrebbe avere tutto il canone!) e quasi a ogni pagina fa capolino la messa in guardia verso l'attaccamento ai pensieri, fossero anche positivi.

    La mia impressione è che lo Zen fin dall'inizio insista sull'esame di questo tipo di eventi mentali. Ho sempre notato e apprezzato nei praticanti Zen un grande controllo della mente, della percezione di cosa sta per accadere e di dove possa andare a finire una discussione antipatica. Forse deriva proprio dall'enfasi di questo e altri elementi. Ma che io sappia è ammesso che possa esserci una forma di attaccamento a fattori positivi, per esempio rivolgersi verso il Dharma invece che ad attività improduttive. E' il caso del Buddhismo tibetano in cui sono contemplate le cosiddette "azioni positive impure" che portano alla rinascita ma in condizioni buone. So che non è lo stesso di cui stiamo parlando, è solo un accostamento per rendere il clima che si respira, ma mi pare ovvio trattandosi del contrasto tra sentieri graduali e improvvisi. Siamo proprio agli antipodi ed è una cosa che ha un suo fascino.
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    Ciao, io come sempre cerco una mia via semplice ispirandomi qua e là, pertanto punto ad abbracciare tutti i pensieri con compassione, questo stesso atto in fin dei conti è positivo ma include tutto in modo dolce. Un pensiero negativo accolto in modo gentile è come offrire un fiore magico ad un demone temibile.
     
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    signor no
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    Tutto va contestualizzato e fare un discorso così generico su un argomento complesso può confonderci .Usiamo termini come Mahayana e Theravada che però comprendono realtà molto diverse tra loro all' interno delle stesse categorie...sempre poi a seconda di come le guardiamo...la maggior parte delle persone laiche che oggi vengono definite buddhiste in Asia,sud est asiatico etc. Ha un approccio fideistico paragonabile a quello di una versione popolare del Cristianesimo ...
    Comunque a parte queste considerazioni...nella Via degli anziani c è una chiara separazione tra le pratiche indicate per i monaci che si ritirano dal mondo e quelle per i laici con famiglia...( Ma di questo ho parlato in altra risposta recente ) comunque,cosa viene considerato negativo (per come ho capito io)? Tutto ciò che agita la mente ,altera la calma e impedisce la chiara visione che è l elemento trasformativo.In quest' ottica anche un estema rigidità religiosa può essere un ostacolo...o le preoccupazioni per i figli ad esempio...
    Personalmente non vedo dicotomia tra gli approcci se non cerco di fare un minestrone cosmico
     
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    CITAZIONE (zenbaba @ 5/2/2023, 10:17) 
    -sulla coltivazione dei pensieri seguo TNH (che tra l'altro non vede dicotomia tra i vari insegnamenti) che dice che nella mente crescono i semi che innaffiamo di piu' anche se ci sono semi di tutti i tipo ,questo lo trovo innegabile

    Queste parole io le interpreto come consiglio a prendersi cura della propria volontà, nel senso che se siamo già pervasi compulsivamente da negatività (agitazione) allora reprimere può far peggio. Allo stesso tempo però c'è sempre un certo spazio per la nostra volontà e allora possiamo decidere in certa misura cosa coltivare. Più diminuisce la compulsione e più la scelta diventa possibile, e quindi aumenta anche la nostra responsabilità.
     
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    cosa è negativo ? cosa è positivo? Secondo la scuola Gelug si parla di virtuoso o non virtuoso. E se il nostro pensiero non va in una direzione virtusa va osservato , compreso ,non eliminato. Comprendendone le cause. (meditazione analitica)
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    In effetti anche in questo trovo concordanza ... anche nello zen si parla di "non opporsi" mantenendo però quel "lasciare andare", "non aggrapparsi". Forse il diverso accento sulla comprensione analitica risalta per l'enfasi a questa azione, portata come fondante tratto comune (comunitario) nella pratica individuale (solitaria). Ognuno deve fare i conti con le proprie cause/condizioni e la soluzione razionale/logica a queste non viene indicata come sufficiente.

    Sempre "boh" però, eh!
     
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    Penso che una buona domanda da farsi, è perché cerchi i "contrasti" tra tradizioni diverse?
    Te la metto così perché questo modo critico/analitico di osservazioni delle scuole mi ricorda molto il mio stesso atteggiamento di una decina di anni fa.
    Può essere utile per uno storico, un filosofo o un altro tipo di ricercatore. Ma a mio avviso non porta nulla di buono a livello di pratica. Se hai un gruppo di meditazione, un maestro o un sangha di riferimento, concentrati sul quella forma di insegnamento. È chiaro che possano esserci interpretazioni diverse, ma se ciascuna porta una qualche forma di beneficio, tanto vale essere pragmatici. Nel mio caso, l'analisi critica ed il confronto continuo con tradizioni diverse, alla fine mi ha in una qualche maniera impedito di trovare una stabilità interiore. Tale che ho abbandonato la pratica per diversi anni. Concentrati su quali sono le tue motivazioni iniziali, e piuttosto svuota la mente da preconcetti. Il tempo che dedichi a queste ricerche è tempo che potresti dedicare a sedere in meditazione. Od ad sviluppare compassione.
    Voilà, giusto la mia prospettiva.
    Bien à vous.
     
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    Ciao Tab!
    Ok sul cercare contrasti sfondi una porta aperta.
    Ma essere curiosi porta sinceramente a farsi domande sulle differenze, a cercare di capire.
    Svuotare mente e preconcetti non è la parte difficile, sedersi non basta. E ignorare le contraddizioni è una perdita di tempo, non è il modo che ci viene indicato - imho - di concentrare il proprio impegno nella pratica.
    Ovviamente restano opinioni personali
     
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    Il fossile con le ali

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    CITAZIONE (Tabasco @ 18/2/2023, 10:17) 
    Penso che una buona domanda da farsi, è perché cerchi i "contrasti" tra tradizioni diverse?
    Te la metto così perché questo modo critico/analitico di osservazioni delle scuole mi ricorda molto il mio stesso atteggiamento di una decina di anni fa.
    Può essere utile per uno storico, un filosofo o un altro tipo di ricercatore. Ma a mio avviso non porta nulla di buono a livello di pratica.

    Io non pratico quindi non posso dire. Ma non sono nemmeno un accademico. Ciononostante ho sempre trovato utile capire come si evolvono le scuole e le differenze. Io vedrei tutto questo in termini positivi, ad esempio come osservare un albero e andare dalle foglie al tronco. Ha una sua bellezza intellettuale in sé e soprattutto aiuta a capire le relazioni tra le idee e come si formano.

    Chiaro che se lo si fa con intenti demolitivi per cercare le incoerenze tutto perde di senso.
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    Warm e archeo, certo.
    Infatti penso la motivazione faccia molto la differenza. Ma personalmente penso sia molto facile perdersi. Per me è stato cosi.
    A suo tempo ho dedicato molto tempo a cercare di mettere insieme i diversi punti di vista delle diverse scuole, anche con lo scopo non del tutto consapevole, di vedere chi aveva ragione. Ma non è un buon atteggiamento. Non lo è stato per me. Dal punto di vista della pratica almeno. Sono emerse delle incongruenze, dei contrasti con la mia visione "occidentale", e alla fine della fiera ho praticamente smesso di meditare fino a ritrovarmi privato di quella dimensione contemplativa, di cui penso che in quanto esseri umani, abbiamo veramente bisogno.
     
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