Il pensiero filosofico di Franco Bertossa

confronto tra i pensieri filosofico e scientifico occidentali relativi alla coscienza e i modi della conoscenza interiore orientali.

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    Ciao Rhuan, capisco il tuo punto di vista e lo rispetto.

    Io "non mi butto giù", cerco solo di essere onesta con me stessa e questo sprigiona la forza per il mio cammino.

    Io riconosco" Franco Bertossa un Maestro" ma non solo, gli riconosco anche l'essere andato ben oltre al "naso di Heidegger"...

    A me ciò che interessa non è tanto se si è riconosciuti o meno da una "Tradizione" ma che l'insegnamento parli di "me" in senso profondo, attraverso la traduzione del "Dharma del Buddha" con il mio linguaggio e sentire intriso di grecità, per questo riconosco la veridicità "dell:nsegnamento" proposto e Franco Bertossa un "Maestro". :bow:

    Credo che la grande forza del Buddhismo sia nel saper usare ciò che "trova" per il " Dharma" :bow: <3 che piaccia o no... La storia va avanti... per fortuna
     
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    Il libro di Jim Holt "perchè il mondo esiste" inizia con una battuta:

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    Veloce dimostrazione del perché esiste qualcosa piuttosto che il nulla, per gente moderna e parecchio impegnata.

    Supponiamo che non ci sia nulla. Se non ci fosse nulla non esisterebbero le leggi: le leggi, in fin dei conti. sono qualcosa. Se non ci fossero leggi, tutto sarebbe lecito. Se tutto fosse lecito, nulla sarebbe proibito. Quindi, se non ci fosse nulla, nulla sarebbe proibito.
    E dunque, se “nulla” è proibito, dev'esserci qualcosa. CVD.

    Ok, si basa sull'equivoco di accostare il significato di nulla con quello di "nulla" che lo stesso autore ha messo tra virgolette. Ma è veramente così? Quale dei due è il vero nulla... che nulleggia?
     
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    Uncertainty is an uncomfortable position. But certainty is an absurd one.


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    CITAZIONE (Loredana Sansavini @ 23/10/2021, 09:47) 
    Sì, hai ragione, io però non sono una Maestra, né ho tali profondità di esperienza... È per questo che rimando... A chi può rispondere...🙇

    Bè se aspettassimo di essere Maestri non ci sarebbe nessuno a parlare. Mi permetto di considerare quella di affidarsi completamente all'esperienza di altri un po' una trappola. Una cosa è chiedere a chi ne sa perchè "è più tempo che" o "ha fatto questo e quello", altra è dipendere.

    CITAZIONE (fajuzi @ 24/10/2021, 12:41) 
    Ok, si basa sull'equivoco di accostare il significato di nulla con quello di "nulla" che lo stesso autore ha messo tra virgolette. Ma è veramente così? Quale dei due è il vero nulla... che nulleggia?

    Nulleggia è solo una parola nuova per confondere (le vecchie) acque. Imho.
     
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    CITAZIONE (Loredana Sansavini @ 24/10/2021, 08:51) 
    Ciao Rhuan, capisco il tuo punto di vista e lo rispetto.

    Io "non mi butto giù", cerco solo di essere onesta con me stessa e questo sprigiona la forza per il mio cammino.

    Io riconosco" Franco Bertossa un Maestro" ma non solo, gli riconosco anche l'essere andato ben oltre al "naso di Heidegger"...

    A me ciò che interessa non è tanto se si è riconosciuti o meno da una "Tradizione" ma che l'insegnamento parli di "me" in senso profondo, attraverso la traduzione del "Dharma del Buddha" con il mio linguaggio e sentire intriso di grecità, per questo riconosco la veridicità "dell:nsegnamento" proposto e Franco Bertossa un "Maestro". :bow:

    Credo che la grande forza del Buddhismo sia nel saper usare ciò che "trova" per il " Dharma" :bow: <3 che piaccia o no... La storia va avanti... per fortuna

    Il buddhismo si basa - che lo si voglia o no - su una trasmissione riconosciuta ed inquadrata "tradizionalmente". E questo per un motivo banale ben esposto dal gran maestro(lui sì) Jinje Seonsa: perché in tal modo si riduce(non viene eliminato, ma almeno si riduce) il rischio di autoproclamati illuminati e maestri.

    Il fatto che per te le cose dette da Bertossa siano profonde, conta poco, purtroppo. Come conterebbe poco in ambito tradizionale il mio parere negativo. Quello che conta è il riconoscimento da parte di una tradizione. Venturini anche lui aveva idee riguardo un buddhismo alla occidentale, ma con una piccola differenza: era un maestro Tendai riconosciuto regolarmente ed incaricato di insegnare il Dharma.

    E non è solo una formalità perché questo riconoscimento è anche un vincolo da parte delle autorità che riduce il rischio(di nuovo, non lo elimina, ma lo riduce) di stravolgimenti assurdi del Dharma. Non è un caso - infatti - che Venturini pur avendo le sue idee, si spingeva ben meno di Bertossa nel riportare un dharma "a modo suo". Venturini spesso esponeva il Dharma in modo quasi accademico, senza contraffarlo, e poi al massimo aggiungeva i suoi riferimenti occidentali. Questa cosa può piacere o meno, ma va dato atto a Venturini di aver sempre separato le due cose almeno nelle premesse. E questo perché? Perché in quanto maestro Tendai riconosciuto aveva un vincolo che gli impediva di dire tutto quello che gli passasse per la testa.


    Bertossa, al contrario, non essendo riconosciuto non è legato a nessun vincolo di autenticità e infatti si spinge verso una vera e propria trasmutazione del Dharma in un vago esistenzialismo heideggeriano elitario in cui ci sono quelli che sentono la Differenza e quelli che - poveracci - non la sentono. Se a te questa cosa funziona, va benissimo. Ma non è il Dharma. Quella di Bertossa non è una traduzione del Dharma in termini occidentali, ma al contrario, la sua è una traduzione di Heidegger e compagnia in termini buddhisti. Usa termini buddhisti per una sostanza unicamente heideggeriana(condita da un elitismo abbastanza fastidioso ed egocentrico, ma questo è un mio parere). E questo perché? Perché lui parte da una premessa(falsa filologicamente), ovvero la sostanziale intercambiabilità tra esistenzialismo novecentesco e Dharma. Questa è semplicemente falsa perché a parte alcune somiglianze(tra l'altro ritrovabili anche altrove) su tutto il resto e soprattutto sulle premesse e sulle conclusioni, Dharma ed esistenzialismo non concordano affatto. Manca tutto il retroterra cristiano che porta a quella domanda assurda per un buddhista, ovvero, "perché qualcosa piuttosto che nulla?". Questa domanda - a dire il vero - sarebbe assurda(perciò non capisco il tuo riferimento alla grecità) anche per un greco antico dato che al massimo quest'ultimo si sarebbe chiesto: "perché c'è proprio questo ordine delle cose e non un altro?" o altre domande similari.
    Quindi nel buddhismo manca quella domanda che fa da premessa per l'esistenzialismo novecentesco perché semplicemente i buddhisti non hanno mai avuto l'idea di una creazione divina dal nulla. La domanda esistenzialista è solo una variante della vecchia domanda teologica: "perché Dio ha creato il mondo?", ma senza nominare il Buon Signore. :D

    E poi Dharma ed esistenzialismo differiscono anche nelle conclusioni: per l'esistenzialismo novecentesco l'essere(il mondo) è gratuito perché non esiste un "perché" alla domanda "perché l'essere piuttosto che il nulla?". Per il buddhismo - invece - il mondo non ha fondamento non perché(all'inizio dei tempi) sarebbe potuto continuare ad esistere nulla e invece è iniziato l'essere , ma anzi, al contrario, perché non ha mai avuto inizio e mai avrà fine. Capisci bene che sono due cose opposte.

    Perciò non capisco cosa ci sarebbe di buddhista in quello che scrive Bertossa.
    E non capisco in cosa sarebbe andato ben aldilà di Heidegger. Mi pare che Heidegger sia anzi ben aldilà di Bertossa, pur con i suoi limiti.


    Bertossa sarà per te un maestro di vita, per carità. Ma di Dharma qui vedo ben poco, termini buddhisti(usati un po' a casaccio) a parte e riferimenti narrativi buddhisti o zen(poi puntualmente stravolti per far tornare tutto verso le rive ripetitive del Nulla, dell'Essere e di altri sostantivi in libertà) a parte.





    Quanto al Nulla, all'Essere ed altri avverbi o verbi sostantivizzati:


    Edited by Ruhan - 24/10/2021, 17:24
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    CITAZIONE (Ruhan @ 24/10/2021, 16:51) 
    Il buddhismo si basa - che lo si voglia o no - su una trasmissione riconosciuta ed inquadrata "tradizionalmente". E questo per un motivo banale ben esposto dal gran maestro(lui sì) Jinje Seonsa: perché in tal modo si riduce(non viene eliminato, ma almeno si riduce) il rischio di autoproclamati illuminati e maestri.

    Il buddismo come chiesa si.
    Il buddismo come esperienza personale e religiosa è purtroppo abbastanza autoreferenziale. Siamo tutti a fare un po' "cherry picking". Quello che espongono i maestri è oggettivamente diverso anche all'interno della stessa trasmissione.
    Non sto parlando di Sawaki e Uchiyama.
    Oviamente "oggettivamente" è inesatto, si riferisce ad una esperienza relativa a me, non so se mi spiego, non è verità assoluta ma non mi viene altro termine
     
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    CITAZIONE (warmbeer @ 24/10/2021, 17:05) 
    CITAZIONE (Ruhan @ 24/10/2021, 16:51) 
    Il buddhismo si basa - che lo si voglia o no - su una trasmissione riconosciuta ed inquadrata "tradizionalmente". E questo per un motivo banale ben esposto dal gran maestro(lui sì) Jinje Seonsa: perché in tal modo si riduce(non viene eliminato, ma almeno si riduce) il rischio di autoproclamati illuminati e maestri.

    Il buddismo come chiesa si.
    Il buddismo come esperienza personale e religiosa è purtroppo abbastanza autoreferenziale. Siamo tutti a fare un po' "cherry picking". Quello che espongono i maestri è oggettivamente diverso anche all'interno della stessa trasmissione.
    Non sto parlando di Sawaki e Uchiyama.
    Oviamente "oggettivamente" è inesatto, si riferisce ad una esperienza relativa a me, non so se mi spiego, non è verità assoluta ma non mi viene altro termine

    No, ma non parlavo di una verità uguale per tutti, ma del metodo della trasmissione e dei suoi vantaggi. Il buddhismo nasce già diviso(come mostrano gli studi più recenti) quindi ha poco senso parlare di un Dharma comune poi differenziato. Ma ha perfettamente senso parlare di varie tendenze differenziate che tramite la trasmissione tentano di mantenere una interna identità ed unità, limitando così la contraffazione delle proprie singole tradizioni. Entro le singole differenti tradizioni esistono ovviamente anche i singoli lignaggi. Ma pur nella differenza di insegnamenti/lignaggi il vincolo della trasmissione riduce(non elimina) le contraffazioni troppo spinte del particolare Dharma proprio della tradizione cui fa riferimento il singolo lignaggio, o comunque le rende molto più graduali e quindi possibilmente stroncabili nel tempo.



    La diversità degli insegnamenti spesso funziona proprio in base a diverse linee di trasmissione. Ovvero, esistono effettivamente delle differenze di insegnamento, ma anche queste derivano dal fatto che il maestro del maestro X diceva date cose particolari non dette da altri maestri o aveva un certo approccio non presente in altri maestri. E poi questo maestro si è scelto un allievo X il più congeniale possibile al suo approccio. Questo limita la differenziazione a breve termine.


    Storicamente parlando esiste effettivamente un accumulo di differenze che si trasmettono da maestro ad allievo, e magari si intensificano(acquistano una loro identità più precisa) ad ogni nuova trasmissione. Ad un certo punto potrebbe avvenire un salto qualitativo, ovvero una rottura: dall'accumulo di differenze entro un singolo lignaggio nascono due tradizioni separate o due lignaggi separati(se la crisi è meno acuta) le quali poi vanno per conto proprio, oppure - altra eventualità - l'eresia(per modo di dire) viene stroncata e basta.

    Questo è naturale. È nella natura di tutte le organizzazioni religiose.



    La trasmissione tradizionale - infatti - riduce solo il rischio di repentine, improvvise e molteplici contraffazioni. Sai, se hai una organizzazione che ti ha riconosciuto e che può però toglierti il riconoscimento, ci pensi due volte a tramutare il dharma particolare della tua scuola(e quindi anche il gruppetto di quei punti in comune tra i vari dharma) nel suo esatto contrario. Le differenziazioni potranno dunque essere lievi, graduali, poco importanti a breve termine, e quindi controllabili dalle autorità religiose, emendabili. Non so se mi spiego.
    E se queste differenziazioni sfuggono di mano, al massimo nascerà una nuova tradizione la quale però - essendo nata nel seno di una precedente tradizione che l'ha sottoposta per secoli a piú o meno stretti margini di controllo anche solo locali - avrà potuto differenziarsi relativamente poco dalla tradizione da cui viene. Non abbastanza da essere addirittura tutta un'altra cosa. E ancora: nel momento in cui si costituisce in tradizione, inizia anche lei a limitare la differenziazione interna tramite il vincolo della trasmissione e del controllo.
    Insomma: le differenze vengono regolate e ridotte tramite la trasmissione tradizionale.


    E questa è la ragione per cui pur con tutte le differenze di questo mondo(esistenti fin dagli inizi o almeno poco dopo la morte del Buddha storico) le varie tradizioni buddhiste hanno mantenuto qualche punto fondamentale di fondo(non un humus generale di fondo che vorrebbe dire pretendere troppo), ma almeno qualche punto qua e là, un gruppetto di punti e premesse. Questo è ancora più evidente in tradizioni tra loro geograficamente e temporalmente vicine.
    La trasmissione funge semplicemente da riduzione del rischio di cambiamenti troppo bruschi e improvvisi.



    MA(c'è un grosso MA) tutta questa dinamica riguarda maestri riconosciuti. Bertossa non è nemmeno riconosciuto come maestro e quindi non può nemmeno rientrare in queste dinamiche interne di differenziazione. Per lui vale quell'altra grossa ragione per cui è preferibile la trasmissione tradizionale e che citavo nel mio precedente intervento(da te quotato): si riduce il numero di autoproclamati maestri e illuminati carismatici che in quanto non legati ad alcun vincolo porterebbero a contraffazioni brusche e repentine del messaggio(o meglio dei "messaggi" dato che il buddhismo nasce già diviso in tendenze).


    P.s. se poi ti riferivi al fatto che di norma un buddhista occidentale fa cherry picking, questo è vero. La differenza è che io e te facciano cherry picking, ma non ci proclamiamo maestri. Bertossa sì :D

    Il problema è che Bertossa(come molti di questi "maestri-non-si-sa-di-cosa" che spuntano come funghi nella galassia buddhista occidentale) tende a voler trovare una specie di filosofia perenne, una visione del mondo generale comune in quell'universo di tendenze differenziate che è il buddhismo. E questo per ragioni di comodità: dire di insegnare IL BUDDHISMO attrae molto di più di dire di insegnare la tale sotto-scuoletta della tale piccola tradizioncella :lol:

    Insomma, cerca un qualcosa che renda ogni tradizione buddhista fondamentalmente uguale. E in questo tentativo trova un collante nell'esistenzialismo novecentesco con il risultato di perdere completamente o quasi il contatto con quei pochi punti saldi comuni alle varie tradizioni buddhiste(ad esempio la non credenza in una generazione dal "nulla"). Gruppetto di punti comuni che non sono abbastanza per fare addirittura un "humus" generale e comune, o una visione comune e generale, ma al massimo fungono da punti di contatto tra cose molto diverse; punti di contatto che fanno respirare una semplice "aria di famiglia" tra le varie tradizioni buddhiste e non di più. Bertossa pur di ficcare a forza dall'esterno una qualche visione comune(l'esistenzialismo europeo spacciato per buddhismo) più fortemente connotata e salda che vada oltre una vaga "aria di famiglia" e vada verso un messaggio comune, saldo, perenne, in realtà snatura tutte le tradizioni buddhiste ed elimina anche quei punti di contatto di cui sopra.
    Questa operazione non sarebbe possibile se Bertossa fosse sottoposto ad organi di controllo tradizionali perché in quel caso sarebbe costretto - al massimo - a dire(anche implicitamente) che la sua particolare tradizione è l'humus di tutto il buddhismo, come solitamente fa ogni maestro da che mondo e mondo :D
    Risultato? Perlomeno la sua tradizione sarebbe salva da contraffazioni ahahah

    Bertossa, invece, fa proprio tabula rasa. Non trasmette nessuna particolare tradizione spacciandola per l'humus del buddhismo(cosa che - ripeto - gli permetterebbe di trasmettere perlomeno una tradizione "autentica", mettiamo, ad esempio, la Zen Soto), ma stravolge e butta via proprio tutto e si crea la sua propria "tradizione" basata totalmente su una ripetizione della filosofia heideggeriana.
    È una operazione che crea solo confusione.



    Edit: per carità eh, non fa male a nessuno e non credo nemmeno abbia un qualche effetto a breve o lungo termine sulla galassia buddhista data la natura assolutamente marginale di quello che "insegna". E ovviamente Loredana è liberissima di seguire quello che le pare. Quello che mi inquieta un po' è il modo molto reverenziale con cui si riferiscono a lui i suoi allievi. Inquietudine che aumenta quando leggo i vari punti in cui Bertossa dice(anche se mai del tutto esplicitamente) di aver sperimentato l'illuminazione etc etc etc
    Lo trovo inquietante. Tutto qua.

    Edited by Ruhan - 25/10/2021, 00:06
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    Riallacciandomi al discorso con cui ho concluso la scorsa risposta, voglio dire un'ultima cosa alla pur ottima Loredana Sansavini.

    Quando ho detto che nemmeno Bertossa è un maestro non volevo mettere in dubbio che lo sia per te(anzi, io temo proprio che per te lui sia un maestro, ma tra poco ci arrivo). Il fatto è che tu hai rimandato noialtri a Bertossa. E fin qui nulla di male, per carità. Il problema nasce quando tu ci rimandi a lui perché a differenza tua sarebbe un "maestro". Ora, qui stai uscendo da ciò che Bertossa è per te e stai dando per scontato che Bertossa sia oggettivamente un maestro cui noialtri dovremmo rivolgerci con fare reverenziale, facendo grandi domande e attendendo le sue profondissime risposte che tu non saresti in grado di darci(a tua detta).

    Ed è per questo che ti ho rimandato al fatto che Bertossa NON è oggettivamente un maestro riconosciuto. È una semplice persona senza nessuna autorità e che quindi non parla a nome di nessuna tradizione. E se non parla a nome di nessuna tradizione la sua opinione su questa o quella domanda vale quanto quella di tutti noi, ovvero vale in base alle regole della argomentazione e della ricerca filologica.

    Sai, se tu sei incaricato dalla tradizione "tal dei tali", ad una domanda sui massimi sistemi risponderai dando una risposta quantomeno in linea con la tua tradizione di riferimento. E questo è perlomeno formativo: io che domandò saprò come la pensa tendenzialmente una certa tradizione o un certo lignaggio su una data questione. Magari la risposta sarà filologicamente inesatta(ad esempio interpreterà in modo anacronistico un passo del Canone Pali), ma almeno saprò come la pensa tendenzialmente una data tradizione/lignaggio a riguardo.

    Chiedere a Bertossa, invece, mi farà comprendere semplicemente come la pensa Bertossa a riguardo. Come la pensa la PERSONA Bertossa a riguardo. E non Bertossa in quanto MAESTRO di questa o quella tradizione. Dunque ho trovato quantomeno inopportuno il tuo rimandarci a lui anziché a te dicendoci che tu non sei una Maestra. Ok. E allora? Nemmeno lui lo è. Anche lui - esattamente come te - parla a titolo personale e non a titolo di scuola/tradizione come farebbe(tendenzialmente) un maestro riconosciuto.




    E arrivo al punto:
    Questo devo dire che mi inquieta molto, perché significa che per te non esiste differenza tra un maestro riconosciuto e Bertossa. E se un maestro riconosciuto perlomeno parla a nome di una organizzazione UMANA tradizionale di cui voglio sapere il parere in quanto tradizione/scuola, Bertossa non avendo dietro nessuna tradizione, allora a nome di chi parla? C'è il serio rischio che chi lo considera "maestro" pensi che lui "insegni" a nome della Verità con la "V" maiuscola, magari ricevuta personalmente durante le illuminazioni che reputa di aver realizzato e di cui parla spesso nei suoi "scritti".

    Trovo tutto questo quantomeno inopportuno e spero che sia solo una mia sensazione..
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    CITAZIONE (Ruhan @ 24/10/2021, 17:42) 
    E poi questo maestro si è scelto un allievo X il più congeniale possibile al suo approccio. Questo limita la differenziazione a breve termine.

    Devo leggere bene il tuo intervento, è un periodo un po' così, se rispondendo faccio una topica chiedoveniasciusascusascusa

    pero' questo non è vero in pratica. Non sempre. e visto l'esiguo numero di maestri in italia ...

    CITAZIONE (Ruhan @ 24/10/2021, 19:54) 
    [...] stai dando per scontato che Bertossa sia oggettivamente un maestro cui noialtri dovremmo rivolgerci con fare reverenziale, facendo grandi domande e attendendo le sue profondissime risposte che tu non saresti in grado di darci(a tua detta).

    Bertossa o meno questo è un modo di rapportarsi ad un insegnante imho assolutamente da evitare.
     
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    CITAZIONE (warmbeer @ 25/10/2021, 09:48) 
    pero' questo non è vero in pratica. Non sempre. e visto l'esiguo numero di maestri in italia ...

    È storicamente accertato che il metodo della trasmissione - essendo basato sulla scelta da parte del precedente maestro - favorisca una continuità di approcci o quantomeno di pratiche ed impostazioni particolari. La vedo dura dire il contrario. Nessun maestro - tendenzialmente - sceglierebbe un successore con 0 affinità o con una impostazione opposta.

    Se mi si dice che che questo "non sempre" avviene: ovvio. Non si sta parlando di una regola matematica. Ho sempre specificato nel mio intervento che la trasmissione riduce(ma non elimina a priori) la probabilità di differenziazioni repentine nei passaggi di lignaggio.

    Questo significa che ovviamente può anche avvenire il contrario, ma in maniera nettamente ridotta rispetto ad un caso nel quale non vigesse il metodo della trasmissione tradizionale.


    CITAZIONE (warmbeer @ 25/10/2021, 09:48) 
    e visto l'esiguo numero di maestri in italia ...

    Si sta parlando di storia complessiva del buddhismo. Che c'entra l'Italia?

    CITAZIONE (warmbeer @ 25/10/2021, 09:48) 
    Bertossa o meno questo è un modo di rapportarsi ad un insegnante imho assolutamente da evitare.

    Certo. Ma capisci bene che il campanello scatta maggiormente quando chi favorisce questi approcci è un insegnante carismatico senza nessun riconoscimento.
    Che il maestro della tale tradizione pretenda un approccio pretesco, posso pure capirlo: rappresenta la tale tradizione e la tale trasmissione bla bla che parte dal Buddha bla bla
    È un tipo di approccio che rispetta la sua funzione, il fatto di aver ricevuto una trasmissione da un maestro importante e altre cose simili


    Ma un Pincopallo qualunque, in base a che cosa favorisce un approccio reverenziale? E perché? Mi inquieta. Tutto qui.

    Edited by Ruhan - 25/10/2021, 15:18
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    Personalmente prima di criticare un insegnamento l'ho praticato... questo è il motivo per cui dico di chiedere direttamente... Che non significa essere reverenziali...

    Mah...!?

    Comunque, anche quando ho trovato insegnamenti e Maestri che non erano nelle mie corde, mai mi sono permessa di esprimere giudizi così "sprezzanti" ...


    C'è da rifletterci... :=/:
     
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    CITAZIONE (Loredana Sansavini @ 25/10/2021, 23:38) 
    Personalmente prima di criticare un insegnamento l'ho praticato..

    1) Capisco che ti dia molto fastidio la critica rivolta ad una persona che stimi moltissimo e che consideri un maestro di vita. Ma non venirmi a tirare fuori 'sta cosa del dover provare prima di criticare. :lol:
    Tu posti degli scritti di natura teoretica e con dei proponimenti di natura interculturale. Che cosa dovremmo praticare? Sono scritti teoretici o no? Li si legge, li si comprende teoreticamente e li si critica teoreticamente. O dovrei vivere nella Foresta Nera come Heidegger prima di poter comprendere "Essere e Tempo" e criticarlo? :D

    Che cosa dovremmo provare prima di criticare di un testo di natura assolutamente filosofica e teoretica? Mha.

    CITAZIONE (Loredana Sansavini @ 25/10/2021, 23:38) 
    questo è il motivo per cui dico di chiedere direttamente...

    2) Abbi pazienza Loredana. Non prendiamoci in giro e siamo onesti. Tu non ci hai detto di chiedere personalmente a Bertossa per verificare il suo cosiddetto insegnamento. Quale insegnamento e quale pratica? Le domande che ti sono state fatte erano teoretiche e nulla avevano a che fare con la "pratica".

    Tu avevi scritto:

    CITAZIONE (Loredana Sansavini @ 23/10/2021, 09:47) 
    io però non sono una Maestra, né ho tali profondità di esperienza...

    Tu ci hai rimandato a Bertossa in quanto "maestro" a differenza - dicevi tu - di te e quindi anche di noialtri. Cioè il succo del tuo invito era: "Bertossa è un maestro e solo i maestri possono rispondere a domande così profonde". Non stavi affatto parlando del verificare gli insegnamenti..
    Mi pare tu stia rigirando la frittata, con tutto rispetto.

    E mi sono limitato a dirti che - mi spiace, ma è così - Bertossa non è un maestro, non rappresenta nessuna tradizione, e quindi la sua opinione vale in quanto opinione assolutamente personale. Esattamente come la tua. Se avessi scritto: "scusa ma non saprei rispondere; Bertossa ha studiato filosofia più di me, chiedi a lui" , allora nessuno ti avrebbe detto nulla. Il problema nasce nel momento in cui ci rimandi a lui come se fosse oggettivamente un maestro buddhista. Non lo è. Punto.

    CITAZIONE (Loredana Sansavini @ 25/10/2021, 23:38) 
    Che non significa essere reverenziali...

    A casa mia supporre che una persona senza nessun riconoscimento sia un "maestro" buddhista oggettivo = abbastanza reverenziale. Poi fai tu :)

    CITAZIONE (Loredana Sansavini @ 25/10/2021, 23:38) 
    Comunque, anche quando ho trovato insegnamenti e Maestri che non erano nelle mie corde, mai mi sono permessa di esprimere giudizi così "sprezzanti" .

    Adesso le critiche argomentate diventano giudizi sprezzanti che non dovrei permettermi di scrivere? Andiamo bene. :D

    Tu stai postando questi scritti di Bertossa e un po' tutti storciamo il naso da mesi e poniamo le nostre critiche, anche dure come devono essere tra persone oneste intellettualmente. Cosa ci sarebbe di addirittura sprezzante in questo?

    Che tu nella semplice critica ci veda lo "sprezzo" è sintomatico di un tuo "leggero" fastidio verso chi critichi il tuo "maestro". Ci sarebbe da riflettere su questo..

    Edited by Ruhan - 26/10/2021, 09:55
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    CITAZIONE (Ruhan @ 25/10/2021, 15:01) 
    Nessun maestro - tendenzialmente - sceglierebbe un successore con 0 affinità o con una impostazione opposta.

    Dovrei fare un nome ma non è il caso (l'italia centra na fava ma speravo intendessi il riferimento a quel mp) Ci mancherebbe ancora che mi mettessi a pontificare e giudicare. Rischierei di dire che questo o quel maestro con trasmissione e tutto il resto può fare o non fare, dire o non dire, insegnare o non insegnare.
    Perchè non è quello il punto.
    Solo zazen è il maestro. Poi non so declinare questa frase nelle altre tradizioni. Magari qualcun altro riesce (e ho già problemi di mio nel tentare di esservi coerente)
    In linea generale quanto affermi tu è più che corretto, e la mia è una stronzata terribile. Però sempre e comunque si valuta caso per caso. Il rischio è abbastanza concreto. Poi dai, ripeto, sono i tuoi i consigli corretti. La trasmissione e il lignaggio sono fondamentali per un certo tipo di cose.

    CITAZIONE (Ruhan @ 25/10/2021, 15:01) 
    CITAZIONE (warmbeer @ 25/10/2021, 09:48) 
    Bertossa o meno questo è un modo di rapportarsi ad un insegnante imho assolutamente da evitare.

    Certo. Ma capisci bene che il campanello scatta maggiormente quando chi favorisce questi approcci è un insegnante carismatico senza nessun riconoscimento.
    Che il maestro della tale tradizione pretenda un approccio pretesco, posso pure capirlo: rappresenta la tale tradizione e la tale trasmissione bla bla che parte dal Buddha bla bla
    È un tipo di approccio che rispetta la sua funzione, il fatto di aver ricevuto una trasmissione da un maestro importante e altre cose simili


    Ma un Pincopallo qualunque, in base a che cosa favorisce un approccio reverenziale? E perché? Mi inquieta. Tutto qui.

    L'approccio reverenziale (a qualsiasi insegnante/essere umano) è utile solo (e se) aiuta a comprendere e praticare. Ho rispetto per il mio maestro, può essere funzionale al mio apprendere. O no.
    Il problema è classificare in più e meno, la magagna sta nel nostro inventarci caste ... non nel prete ma nel nostro semplificarci la vita di allievi. Senza la chiesa non ci sarebbe facile accesso all'esperienza religiosa, ma occhio

    ... sempre imho beninteso, non ho la verità in saccoccia

    Trovo i neologismi di Bertossa fini a se stessi, pericoloso il suo riferirsi continuamente al realizzato, e le suggestioni che evoca ... Poetico, ma alla fine non mi lascia niente, sembra che voglia vendermi un prodotto che ha solo lui, e io ritorno ad ascoltare "i do still wrong" dei Toe.

    CITAZIONE (Loredana Sansavini @ 25/10/2021, 23:38) 
    Comunque, anche quando ho trovato insegnamenti e Maestri che non erano nelle mie corde, mai mi sono permessa di esprimere giudizi così "sprezzanti" ...
    C'è da rifletterci... :=/:

    Ruhan è un po' diretto, però il punto (sempre imho, non son nessuno) è sviluppare il giusto rapporto con l'insegnante. Va bene un po' di distanza, sta nella funzione e nel ruolo di ciascuno. E' naturale che io rispetti chi ha praticato e studato una vita e faccia tesoro degli insegnamenti. Mai prendersi troppo sul serio e dare troppa importanza al guru. Che poi si abbia tutti "bisogno di ..." è fuor di dubbio.

    Quello chemi pare di leggere nelle parole di Bertossa è la tendenza a far diventare la distanza e il ruolo quelle di "realizzato-discepolo" più che "maestro-studente", per di più molto "new-age"
     
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    CITAZIONE (warmbeer @ 26/10/2021, 00:43) 
    Dovrei fare un nome ma non è il caso (l'italia centra na fava ma speravo intendessi il riferimento a quel mp

    Forse ho capito a cosa ti riferisci. Sì. In effetti quello è un caso in cui la trasmissione non ha dato i suoi frutti. Però tendenzialmente non è così.

    CITAZIONE (warmbeer @ 26/10/2021, 00:43) 
    Però sempre e comunque si valuta caso per caso. Il rischio è abbastanza concreto. Poi dai, ripeto, sono i tuoi i consigli corretti. La trasmissione e il lignaggio sono fondamentali per un certo tipo di cose.

    Ho capito cosa intendi. E hai ragione. Ovviamente il mio era uno sguardo generale(sui grandi numeri) e non particolare(sui singoli casi negativi). Diciamo che i casi che dici tu sarebbero molti di più senza il metodo del lignaggio e della trasmissione. Sono relativamente pochi rispetto ai casi in cui tra maestro ed allievo esiste affinità. Ma ovviamente esistono casi (relativamente) minoritari(proprio grazie al vincolo della trasmissione) in cui la successione è stata strappata con la forza o approfittando del momento.

    CITAZIONE (warmbeer @ 26/10/2021, 00:43) 
    Il problema è classificare in più e meno, la magagna sta nel nostro inventarci caste ... non nel prete ma nel nostro semplificarci la vita di allievi. Senza la chiesa non ci sarebbe facile accesso all'esperienza religiosa, ma occhio

    Sì sì. Ti do ragione su questo. Ovviamente esiste anche il pericolo entro le organizzazioni religiose. Però non so se mi spiego: lì alla fine la riverenza è riverenza verso una organizzazione, verso una tradizione e una trasmissione lunghissima, verso il fatto che quel dato maestro è stato incaricato, scelto direttamente per le sue qualità. È una reverenzialità più impersonale. Si tende a portare rispetto verso qualcosa di impersonale, una tradizione, appunto, prima che verso la sola persona del maestro.

    La reverenzialità verso un "maestro" non riconosciuto - invece - mi inquieta perché è molto meno impersonale e molto più basata sulla semplice personalità del supposto maestro o guru carismatico. E mi fa scappare a gambe levate. Non so se mi spiego.

    CITAZIONE (warmbeer @ 26/10/2021, 00:43) 
    sembra che voglia vendermi un prodotto che ha solo lui, e io ritorno ad ascoltare "i do still wrong" dei Toe.

    Ecco. Non volevo dirlo, ma la penso uguale. Ed è una red flag, a mio parere.

    CITAZIONE (warmbeer @ 26/10/2021, 00:43) 
    è la tendenza a far diventare la distanza e il ruolo quelle di "realizzato-discepolo" più che "maestro-studente", per di più molto "new-age"

    Esatto. Idem. Altra red flag.
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    Articolo del Maestro Franco Bertossa dalla pagina Facebook del 25/1/2022
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    È difficile capire quale sia il dolore più profondo che attanaglia l'Occidente.

    Per qualche tempo ho partecipato alle riunioni ristrette del costituendo Mind and Life Europe.

    Il Mind and Life Institute fu fondato dal compianto amico Francisco Varela e da un lungimirante uomo d'affari americano, Adam Engle, nel 1983 con la collaborazione del Dalai Lama.

    È stata una idea formidabile e ha dato inizio ad un primo confronto serio tra Scienza della mente e Buddhismo.

    Oramai si sono svolti moltissimi meeting e l'Istituto procede robustamente.

    Quando fu promossa l'idea di un ramo europeo venni contattato e presentato da chi già mi conosceva bene e mi recai agli incontri che si tenevano a Parigi.

    Poiché era stato annunciato che sarebbe stato dato spazio alle Discipline Umanistiche oltre che alla scienza, mi sentivo entusiasta di dare un contributo: il confronto tra Buddhismo e Filosofia mi è sempre stato a cuore e non era ancora mai avvenuto in modo importante.

    Provai così a saggiare il terreno tra gli altri convenuti e a proporre le grandi domande a cui è pervenuto il pensiero filosofico occidentale, specie quelle che sfociano nel cancro dell'anima europea: il nichilismo - ossia l' "esistere per niente" che devasta pandemicamente le generazioni dalla seconda metà del '900 ad oggi.

    Nessuno capiva, e, cosa che mi disorientò parecchio, neppure i buddhisti occidentali, coloro che si erano fatti monaci dopo aver vissuto il '68 da protagonisti.

    Non riuscivo a credere a ciò che vedevo e (non) ascoltavo.

    Resto sempre più convinto che la questione del nichilismo costituisca il centro dell'anima perduta dell'Europa e, di conseguenza, dei suoi satelliti culturali, principalmente gli USA.

    Scrissi una articolata lettera al consiglio direttivo e ai membri più influenti - alcuni europei altri americani - ma la cosa non suscitò reazioni.

    Durante un incontro ristretto, dopo alcuni frustranti tentativi di riaprire questo frionte - e da dove dovrebbe partire un Buddhismo europeo se non dalle Quattro Nobili Verità così come comprese e patite dall'Europa? - mi rivolsi al Mistero stesso dicendo tra me e me: "Io più di così non riesco a fare. Aiutami."

    E l'aiuto arrivò.

    Per ben due volte ebbi la possibilità di portare il "gotha" del Mind & Life ad una diretta esperienza dell'assoluto del sapere (con uno scienziato del cervello di fama mondiale che restò ammutolito e turbato) e del mistero dell'essere-invece-che-niente (con il consiglio direttivo che gentilmente si concesse all'esperimento in un locale riservato a noi soli).

    Conosco una serie di "esperimenti ontologici" che fanno immediatamente "vedere" il mistero dell'essere e, che avessero fatto diretta esperienza di ciò che mostrai loro, fu palese soprattutto dalle loro facce sbigottite per ciò che avevano esperito, come mi confermò anche un caro amico che partecipava all'incontro.

    Uno dei consiglieri più importanti che sempre mi aveva salutato con grande cordialità, all'incontro successivo a malapena mi guardò, salvo poi durante la riunione commentare che sì, da giovane anche lui si era posto quelle domande e ne era rimasto turbato, ma che poi non le aveva sviluppate.

    Ecco il fatto: avvicinarsi al cuore del problema lo re-suscita e se ne ha paura.

    Ma come potremo affrontarlo se non lo diagnostichiamo correttamente?

    Un giovane europeo non trova il senso del suo esserci.

    In questo senso, davvero (quel) Dio è morto e non può più risorgere.

    Il niente attanaglia le viscere e costringe alla presa di coscienza che nulla ha un senso compiuto perché tutto è infondato, senza ragione e giustificazione.

    Siamo "figli del nulla", riprendendo il titolo di un magnifico libro della cara amica Paola Basile, libro che vi consiglio caldamente.

    Come risolvere l'angoscia associata a tale consapevolezza?

    Essa non si può aggirare o affrontare con palliativi.

    Occorre andare alla radice, ma essa crea un effetto di repulsione visto che è la fonte stessa della più radicale sofferenza.

    È l'inferno esistenziale: Leopardi, Nietzsche, i nichilisti russi, Sartre, Camus, Cioran..

    Questo volevo chiarire agli amici del Mind & Life Europe.

    Ma i buddhisti stessi temevano di prendere in considerazione le Quattro Nobili Verità così come maturate in Europa e patite dall'europeo.

    In tale chiave io leggo anche l'esplosione della musica Rock - ma non solo - dai Rolling Stones a Luigi Tenco a David Bowie, che è andata di pari passo con la marcescenza dei valori tradizionali.

    Oggi siamo nella putrefazione totale senza osare di dare parole a quel che ci accade.

    Chi ne soffre viene indirizzato alla psicoterapia che, a meno di non aver la fortuna di incontrare un terapeuta illuminato, non sa né può dire nulla di significativo tutto ciò.
    Spesso la cura è addirittura delegata alla chimica farmaceutica.

    La scienza è muta.

    La religione è muta - perfino i Buddhisti.

    I rari filosofi che sanno di che si tratta, non sanno che proporre - ho una concreta ed inveterata esperienza di confronto con loro su questo tema.

    A casa i genitori non capiscono lo smarrimento dei figli e a scuola gli insegnanti ancor meno.

    E il dolore continua a divorare le viscere e le anime.

    Ecco quel che accade - non siete d'accordo?

    E quindi?

    E quindi occorre tornare con coraggio alla fonte del dolore seguendo le preziose indicazioni del Buddha, l'unico che seppe guardare impavido e lucido nel cuore di (il) niente.

    1. Esiste sofferenza - come negarlo?
    2. La sofferenza ha una causa - quale è la causa della sofferenza, in Europa?
    3. La causa può avere una fine - come?
    4. Vi è una via per la cessazione del dolore, ossia sappiamo come estirpare la causa del dolore.

    Questa è davvero una "buona novella".

    Per iniziare: quando diciamo che "esistere non ha senso" - e lo patiamo - cosa intendiamo davvero?

    Cosa menzioniamo con "senso" e "assenza di senso"?

    - Da distinguere rispetto al ruolo o scopo che si può avere nella vita: anche se la nostra vita andasse magnificamente, non con ciò avrebbe un senso esistenziale: sarebbe solo una-bella-vita-infondata. Spero che questo venga capito. -

    .. Anche la via più lunga inizia col primo passo.

    Buona coraggiosa ricerca.



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    Franco Bertossa
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    Opinione personale, e può essere anche solo mia "una fase post-adolescenziale" ;) : il confronto col niente secondo me va condotto su un altro piano. La sfida è proprio fare i conti con il dissolversi di quel che si esperisce in quel sonno senza sogni (che ci aspetta tutti ... tra cent'anni o più) e, nonostante quello, condurre una vita decente. Non di devono cercare credenze o meraviglie a cui appoggiarsi (magari è anche perchè interpreto a mio modo il concetto di "sostanza che altera la lucidità mentale") ...

    Comunque, grazie per il contributo.
     
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