Logica, Intelletto, Scienza, Conoscenza e Religione: l'illusione della Realtà.

Molte le vie, molti i mezzi, un tentativo di comprensione fuori dal fanatismo religioso e dal nichilismo filosofico.

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  1. Persapere
     
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    Non so se sia la sezione del Forum più adatta, ma nel mio precedente Topic:
    https://buddhismo.forumfree.it/?t=66780834&st=30
    sono uscite fuori delle questioni che vanno oltre al problema del Sutra del Loto.

    CITAZIONE (Zerovirgolazero @ 28/8/2013, 13:28)
    @Persapere
    “… Lei (l'erba) però esiste in un modo solo…”

    Errore madornale, grave, invalidante, foriero di sventura. Il colore, così come ogni attributo, qualità, o caratteristica, del mondo fenomenico non ha alcun fondamento ontologico, ossia manca di esistenza propria; e così è non perché dobbiamo fidarci della parola del Buddha, e mandar giù le sue sante parole (personalmente, in questo genere di cose, non mi fido della parola di nessuno), ma perché, oltre alle parole del Buddha, così impone la logica, suffragata dalla ricerca scientifica, in questo caso, le neuroscienze. Insomma, la verdezza del verde dell’erba è un fenomeno che si manifesta solo presso determinate e precise condizioni, ti spiegherò dopo brevemente come, e svanisce al mancare di una o più di queste condizioni. Questo processo può essere descritto in vari modi, o alla maniera buddista che tutti conoscono; o alla maniera indù, ricorrendo alla nozione di Maya; o anche con una terminologia occidentale, ossia parlando di ontologia debole, e di platonismo. Ma la descrizione più rigorosa, a parer mio, è quella offerta dalle neuroscienze.

    Il modo in cui si percepisce il mondo dipende d una dualità di fattori generali:
    1°, le caratteristiche fisiche di questo mondo;
    2°, le caratteristiche della fisiologia del sistema nervoso che percepisce quel mondo, e che formano la grammatica cerebrale dell’ente percettore.
    Dall’accoppiamento di questi due fattori generali ha origine la rappresentazione del mondo per un dato soggetto. Da ciò consegue che ciascuna rappresentazione è vera e falsa allo stesso tempo. Precisamente, è vera per quello che afferma, e falsa per quello che implicitamente nega. Spiego questo punto con un semplice esempio: l’erba è veramente verde relativamente ad un particolare sistema di riferimento percettivo (quello umano), e fin quando questo mantiene il proprio equilibrio; ma la sua verdezza perde totalmente significato relativamente al sistema percettivo di un pipistrello. Quale delle due percezioni è vera? Questa domanda ci porta alla conclusione:

    l’erba non è verde, ma la percezione del verde è data dall’azione reciproca degli esterocettori umani (gli occhi e le aree del cervello deputate) e dell’elaborazione cerebrale dell’input; azione che, combinando tutti i colori dello spettro, ci dà la percezione illusoriamente reale -se mi si passa la licenza- del verde. (Per inciso, tutto questo già inoppugnabile teoricamente, è stato provato con esperimenti di laboratorio).
    Capire davvero cose del genere ha profondamente a che vedere con la chiarificazione della visone del mondo e col risveglio dall’illusione delle forme; e ha più effetto ansiolitico di un ettolitro di Valium.

    CITAZIONE (Persapere @ 30/8/2013, 22:39)
    Ciao 0,0
    Intanto grazie per la volontà ed il modo che hai di condividere con altri questi interessanti spicchi di cultura.
    A me mancano ed è un vero piacere ritrovarli in risposta ai miei "viaggi mentali" guidati per lo più da una logica, diciamo così, caotica.
    Approfitterei delle circostanze, per chiedere mi sia chiarito un punto della tua esposizione:
    CITAZIONE (Zerovirgolazero @ 28/8/2013, 13:28)
    Il modo in cui si percepisce il mondo dipende d una dualità di fattori generali:
    1°, le caratteristiche fisiche di questo mondo;
    2°, le caratteristiche della fisiologia del sistema nervoso che percepisce quel mondo, e che formano la grammatica cerebrale dell’ente percettore.
    Dall’accoppiamento di questi due fattori generali ha origine la rappresentazione del mondo per un dato soggetto.

    Quando ho scritto che io vedo l'erba verde (in quanto uomo) ma un cane (o un pipistrello) no, ed ho aggiunto che avrei voluto sapere di che colore è l'erba veramente, per superare questa illusione del "vedere le cose in un certo modo", credo di non aver detto nulla di diverso da ciò che tu hai sicuramente meglio esposto..
    La frase "l'erba è in un solo modo" (a prescindere che per me sia verde e per altri no) significava proprio quanto ho segnalato in grassetto al punto 1° da te descritto.
    Oppure, ecco qui che mi serve un chiarimento, ho capito male il tuo messaggio?
    Chiedo, questo mondo ha delle caratteristiche fisiche proprie(ti cito), sia che interagisca o meno coi sensi degli altri esseri (viventi) i quali hanno di esso percezioni diverse in base ai diversi fattori di cui scrivevi?
    Se la risposta a questa mia domanda è no, per favore, mi spieghi il significato del punto 1° di cui sopra?


    CITAZIONE
    l’erba non è verde, ma la percezione del verde è data dall’azione reciproca degli esterocettori umani

    Sì, che l'erba non sia verde lo pensavo anche prima, mi vien più facile pensare al "non è" più che all' "è", perchè non mi fido dei sensi, anche se per carità, sono comodi per vivere la quotidianità bla bla bla.
    E comunque, vorrei evidenziare il fatto che quello dell'erba era solo un esempio: l'uscita dall'illusione dei sensi e dell'intelletto (che considero il senso del cervello) non riguarda per me solo l'aspetto fisico della realtà, ma in termini buddhisti mi par di aver capito che porsi il problema della realtà è inutile ed illusorio in partenza.. devo capire meglio dei concetti basilari, o continuo a dar la caccia alle mosche. Cosa stancante, frustrante e pure mi dispiace che voi gentilmente mi date una mano con le vostre risposte.
    Ce la posso fare, intanto grazie!!
    CITAZIONE
    Capire davvero cose del genere ha profondamente a che vedere con la chiarificazione della visone del mondo e col risveglio dall’illusione delle forme; e ha più effetto ansiolitico di un ettolitro di Valium.

    Eh, ma questo capire da cosa dipende, perchè io la volontà di capire la ho, però mi sembra che qualcosa manchi comunque, ad esempio non so dove cercare, o meglio, non so da che parte cominciare. Se parto da me, con quello che so o peggio con quello che penso di sapere, beh ho dato dimostrazione di che giri mi faccio. Però mi piace questo tipo di confronto, non è facile poter parlare di queste cose liberamente :D

    CITAZIONE (°Jayanti° @ 28/8/2013, 13:48)
    Nelle pratiche Vajrayana sono previste delle forme di meditazione in cui si visualizza un Yidam (Manjushri, Vajrasattva, Tara, ecc.) o con lo scopo di risvegliare specifiche caratteristiche illuminate nel praticante o per trasformare determinate emozioni, ecc. In questo caso l'uso di un supporto esterno, che sia una statua, una Tangka o semplice un dipinto, aiuta la persona a visualizzare correttamente e con maggiore chiarezza e facilità l'Yidam in questione.

    Ciao, sì guarda, mentirei se dicessi che ho compreso il senso di ciò, ma non è grave secondo me, posso accettare anche quello che non capisco.
    Giusto per chiarezza, posso risponderti che per me avrebbe più senso lasciare che l odore dell'incenso si espanda ovunque fuori e dentro di me che lo offro a qualcosa che non credo sia identificabile nella finitezza di un oggetto plasmato da persone in cambio di denaro.
    Poi bho, magari vedere la statua (che dubito possa avere qualcosa in comune con gli dei od i Buddha che vorrebbero rappresentare) aiuta dal punto di vista psicologico (la qual cosa mi apparrebbe un convincersi dell'utilità di un'illusione).
    Non lo so, ma mi sembra comunque interessante capire eventualmente quanto mercato e quanto dogmatismo esista anche nel buddhismo e perchè.
    Grazie per la tua risposta!
    CITAZIONE (Zerovirgolazero @ 28/8/2013, 16:30)
    @Persapere
    “…Eh ma a me è stato detto che Nichiren Daishonin è il Maestro e leggendo i suoi Gosho lui dice che il vino che porta è l'unico indicato dal Buddha come salvifico, mentre il resto è aceto che un tempo lontano fu buon vino ma che oggi non è più buono, ubriaca solamente...”.

    E se ti fosse stato detto che le galline, in realtà, fanno le uova quadre, e che tu le vedi ellittiche perché non sei illuminata?

    :) ti dicevo quanto mi è stato detto, ma in base a quanto ho scritto in questo Thread non credo di aver lasciato intendere di essermi fermata lì, anzi ho dubitato più in generale di ogni Sutra, di ogni parola, di Ogni Maestro e di ogni Sangha e Veicolo per il solo fatto che mi parevano essere tutte invenzioni o comunque rielaborazioni umane.
    Ma sarà mica questo il punto, la Buddhità appartiene a ciascun essere umano e magari anche a ciascun essere senziente e dunque non esiste un modo unico ed imposto o anche solo consigliato dall'esterno per illuminarla? Da queste nostre conversazioni e da mie letture in solitaria sono arrivata a pensarla così, se mi sono spiegata bene vorrei un tuo parere personale!
    CITAZIONE
    Non ti rendi conto che nessuno ha autorità fintanto che non c’è qualcuno che non gliela dà in prestito?

    Nessuno come nessuna cosa, quindi nessun Sutra, maestro, sangha o veicolo. NEssun insegnamento, nessuna parola. Se questa mia interpretazione è conforme a ciò su cui mi hai suggerito di riflettere, credo di essere molto contenta di essermi iscritta a questo forum.
    CITAZIONE
    Non passare oltre, rileggi, e riflettici sopra, fin quando non ti renderai conto che la fonte primaria di ogni autorità, di ogni significato, di ogni criterio di verità, di tutta la luce e di tutte le tenebre, sei tu, e solo tu. Comincio a temere che tu stia cercando di liberarti (vorrei mi spiegassi da cosa, poi), legandoti con catene nuove, ancora più vincolanti delle precedenti. Nelle Scritture non c’è niente, e niente possono darti i Maestri; Scritture e Maestri sono solo mezzi per aiutarti (bene che vada) a trovare ciò che non hai mai perso, e che ti sta più vicino del tuo stesso respiro. Adesso, proprio adesso!!

    Ho letto e riletto e rileggerò ancora. Anche se penso di avere capito, me lo dici a cosa ti riferisci e perchè dici che non lo ho mai perso?

    CITAZIONE (warmbeer @ 28/8/2013, 16:48)
    :quoto:
    https://buddhismo.forumfree.it/?t=66659137
    CITAZIONE
    Il Kalama Sutta ci impone di sviluppare la saggezza prima di fede. Se si vuole avere la fede al primo posto, allora lascia che sia la fede che inizia con la sapienza, non la fede cieca che deriva dall'ignoranza. Lo stesso vale per il principio del Nobile Sentiero: prendere la saggezza o comprensione giusto come punto di partenza, quindi in seguito la fede fa sorgere quella saggezza o giusta comprensione. Questo è l'unico approccio sicuro. Dovremmo mai di credere ciecamente immediatamente dopo aver sentito qualcosa, né dovremmo essere costretti a credere per paura, corruzione, o simili.

    Sarò sincera, non ho capito perchè hai inserito questa citazione, cioè non ne ho capito il riferimento

    CITAZIONE (Zerovirgolazero @ 31/8/2013, 19:13)
    Ciao, Persapere, oggi è una bella giornata.
    Qui cercherò di rispondere solo alle questioni relative alla percezione, e ciò che esse implicano. Ciò che scriverò alla fine, ti sarà d’aiuto per orientarti per un eventuale prosieguo della discussione.

    Mi scrivi:
    “…ed ho aggiunto che avrei voluto sapere di che colore è l'erba veramente, per superare questa illusione del "vedere le cose in un certo modo"…”,
    l’illusione non consiste nel vedere l’erba verde; ma andiamo passo passo.
    Con riferimento alle modalità del processo percettivo descritte nel post precedente, l’erba è verde. Tu devi vederla verde; Gesù Cristo figlio di Dio, in quanto uomo, la vedeva verde; il Buddha, in quanto risvegliato, la vedeva verdissima. L’illusione, in questo caso, ed in tutti i casi a questo analoghi, consiste nella convinzione tanto implicita, quanto radicata, che la “verdezza” dell’erba sia come una specie di qualità intrinseca dell’erba, che il nostro sistema percettivo si limita a fotografare. Sta qui l’errore, ed è da questo errore, e dalla sterminata quantità di errori a questo analoghi, che sorge il sistema di illusioni (che sarebbe forse più corretto definire “false attribuzioni”), che ci porta a vivere una vita allucinata.
    Ma l’errore non si limita a questo; magari così fosse! C’è da chiedersi, infatti, come mai un’intera specie (con qualche differenza, anche significativa, tra cultura e cultura) sia caduta vittima di tali allucinazioni.

    Nella prospettiva buddista (e questo è un forum buddista), la madre di tutte le questioni è dukka, la sofferenza. Dato che questo ha rapporto con alcune tematiche da te sollevate, vorrei qui esaminare la cosa nel modo e nei termini più semplici possibile, e che siano utili per una risposta ad alcune tue domande.
    Chiedi pure a tutte le persone che vuoi, se domandi cos’è il mondo fisico, avrai un insieme di risposte che gravitano tutto attorno a questo: “il mondo fisico, la natura, è tutto ciò che sta là fuori”. Se poi approfondisci, vedrai che in questo “là fuori” è considerato anche il proprio stesso corpo; essendo esso fatto di materia, e parte del mondo naturale. Infatti, è di uso comune la locuzione “il mio corpo”; mio, come aggettivo possessivo, che distingue il proprietario dalla cosa posseduta. Giusto? Finora dovrebbe essere chiaro. Ora, basta appena un’elementare analisi logica degli enunciati precedenti, per vedere che il succo della questione è che gli esseri umani considerano se stessi soggetto, e la natura (ossia l’insieme degli oggetti fisici) oggetto. E qui abbiamo già qualcosa che proprio non torna!! Se questo quadro descrive la realtà, ci troveremmo in un mondo spaccato in due; da una parte l’immane e schiacciante quantità di materia a noi esterna, che però condiziona e determina la nostra vita, e dall’altro, un indefinibile e fragilissimo “qualcosa” che chiamiamo io. Non solo, c’è di peggio! Stanno misteriosamente “là fuori” anche gli oggetti della nostra mente, gli stati d’animo, gli umori, ecc…, tanto che su essi possiamo tanto poco quanto sulle cartelle esattoriali. Ecco perché viviamo in una condizione di perpetuo terrore, di ansia divorante, di rabbia cronica! Questo è dukka! La prigione perfetta, dalla quale non esiste alcuna possibilità di fuga. Infatti, nei termini in cui è architettata, è davvero impossibile fuggire; mica come nei film, dove l’eroe trova alla fine evasione e redenzione. Qui no, da dukka non si scappa. E questa regola non patisce eccezioni, se non una sola: ma questa non può neppure essere concepita, fin tanto che si accettano le premesse su cui la trappola è costruita.
    L’eccezione cui accennavo, la buona novella, sta nel fatto che la costruzione, la trappola, è del tutto illusoria.

    Un passo indietro: prova a fare un’altra domanda al campione statistico di prima; chiedi cosa ciascuno pensi sia questo mondo fisico di cui tanto si parla. Ecco, qui le risposte non verranno immediate, alcune saranno contraddittorie, altre inconsistenti, altre vaghe, non molte quelle coerenti. In effetti, quasi tutti ti diranno che è “materiale” ciò che oppone una resistenza; classico, l’esempio della scrivania che oppone resistenza al pugno. Classico e puerile. Infatti, la resistenza reciproca tra scrivania e pugno non è data dalla materia per come generalmente concepita; ma dal grado di vibrazione degli atomi di entrambi i corpi. Il punto è che tra atomo ed atomo di tali corpi corre una distanza per noi concepibile solo in termini astronomici. Ne consegue che l’impenetrabilità è causata da modelli energetici che noi chiamiamo materia, e non dalla materia per come la pensiamo, che non esiste. Dunque, siamo al punto in cui il cosiddetto mondo fisico, per come noi lo immaginiamo è del tutto inesistente; però, al suo posto subentra un campo energetico che si “raggruma”, per così dire in certe zone che noi chiamiamo oggetti. Spero che finora sia stato chiaro.

    Proseguendo nell’analisi, vediamo di cercare di capire qualcosa di questo campo energetico; così ci avvicineremo alla risposta ad una delle tue domande, questa: “… Chiedo, questo mondo ha delle caratteristiche fisiche proprie(ti cito), sia che interagisca o meno coi sensi degli altri esseri (viventi) i quali hanno di esso percezioni diverse in base ai diversi fattori di cui scrivevi?”

    Dopo la necessaria chiarificazione di prima, ma tenendola sempre a mente, torniamo pure all’uso del termine “materiale”. Domanda: siamo sicuri che “il mondo là fuori” è materiale? Ossia, la materialità è una sua prerogativa intrinseca (come pensano, appunto, i materialisti), oppure è un’attribuzione resa necessaria da un particolare approccio? E se sì, di che approccio si tratta? Per prima e fondamentalissima cosa, (insisto,fondamentalissima) di qualsiasi approccio si tratti, non può che essere che di carattere verbale, o comunque simbolico; mentre il mondo in sé, con tutta evidenza, non è verbale né simbolico, e non è neppure umano. “Cielo e Terra non sono umani”, e “Il saggio non è umano”, recita il Tao Te Ching, cap. 5; il che non significa affatto che siano disumani, che sarebbe un altro modo per dire che sono umani. Mi spiego, un carciofo, un merluzzo, un girasole, perdono qualcosa a non essere umani?
    Questo significa che il mondo di per sé, anteriormente a ogni classificazione umana, è non-verbale, non soggetto alle regole dell’universo linguistico umano. Nel nostro universo linguistico, termini come materia, madre, mente, mese, ecc…, hanno in comune la medesima radice “ma”, che nelle lingue indoeuropee dà l’idea della misurazione. Dunque, la materialità del mondo non è affatto una sua caratteristica intrinseca; ma solo ciò che esso diventa (per l’uomo), una volta essere stato sottoposto a misura. La locuzione “campo energetico”, da me prima usata, quindi, non è una proprietà intrinseca del mondo, ma il modo in cui esso è descritto, una volta essere stato considerato e scansionato in un certo modo. Per essere ancora più chiaro; la costante di Planck, il Parsec, il semplice metro, non hanno esistenza alcuna al di fuori del mondo umano; ma (anticipo la conclusione) ne hanno qualcuna nella misura in cui, e solo nella misura in cui, l’uomo fa parte del Mondo Totale.
    Se poi tu mi chiedessi ancora di definirti questo Mondo Totale, allora vorrebbe dire che non ci siamo capiti; infatti, definire vuol, dire inquadrare in un sistema di classi; e abbiamo visto che sia l’atto di inquadrare, sia il sistema delle classi, sono prodotti esclusivamente umani. E’ chiaro?

    E’ per questa ragione che la Realtà Ultima è sempre stata indicata (non definita, cosa impossibile) in maniera apofatica, ossia per negazione; all’interno della cultura buddista, la si è chiamata Vuoto.

    Per finire: ogni oggetto, ogni evento, ogni processo è un’epitome perfetta e completa del mondo; anche se poi non esiste “un mondo”; bensì una pluralità indefinita di mondi, tutti quanti veri e tutti quanti illusori; tutti effimeri per durata di nanosecondi o di eoni, e tutti eterni nell’unico apocalittico momento senza durata. La vita di una pulce fonda la sua stessa radice in quella degli dei supremi. Ma perfino questa generalissima suddivisione (tra oggetti, eventi processi, e chi li osserva) non è meno arbitraria di qualsiasi altra, giacché dipende, in fondo, dalle premesse, dalle aspettative e dalla prospettiva adottate. Se anche queste vengono eliminate, scompare all’istante anche l’intero sistema di classi e di categorie verbali entro cui si cerca vanamente di imprigionare l’universo, cosicché, finalmente, passato, presente, futuro, vero, falso, effimero ed eterno, lasciano posto al SENZANOME. Cosmos/caos e le loro leggi non sono strutture fisse del mondo, bensì modalità - formative e limitative ad un tempo - delle nostre reti; cosicché ciò che sembra normativo in natura, non obbedisce ad altro, in realtà, che alle leggi delle nostre reti, fondamentalmente le leggi della grammatica e della matematica; e, ancora, leggi come il principio di non contraddizione o del terzo escluso, e tutta la logica, non riguardano, propriamente l’universo descritto, ma l’occhio, la rete del descrivente. L’ultimo passo, il più vertiginoso, è che in realtà non esiste neppure una differenza di sostanza tra l’ordine delle nostre reti e l’ordine del mondo, giacché - qualunque sia il modello di pensiero di cui ci si serve per rappresentare il mondo - tale modello non può essere altro che un evento dello stesso mondo che esso (il modello) sta rappresentando.

    Tutto questo, soprattutto l’ultimo grassetto può non essere intuitivo, e richiedere un certo sforzo per essere compreso e assimilato; ma espresso con un linguaggio contemporaneo (che rimanda all’olografia) e con stretta aderenza al rigore della logica, non è affatto diverso da ciò che, con altro linguaggio e altro contesto, simboleggia la Rete di Indra.
    La coscienza non si limita alla proprietà riflessiva (sono cosciente di me; oppure cogito ergo sum; questa è la coscienza incatenata). La Coscienza senza determinazioni è una specie di soggetto/oggetto che conosce se stesso in modo non distintivo, e quindi non predicabile, e per questo indicato come Vuoto.

    Spero di esserti stato utile.

    p.s.

    Per quanto attiene alle altre tue domande, prima di risponderti, mi sembra corretto dirti una cosa che essendo tu nuova, con tutta probabilità non sai. Come ho comunicato agli utenti del forum nel corso della mia presentazione, non so se mi si possa definire buddista;
    non ho cercato un’iniziazione;
    non ho fatto alcun voto;
    non ho un maestro;
    non ho mai rinnegato la mia religione di nascita, il cristianesimo (anche se non la pratico);
    mi riconosco e mi rifugio in uno shanga che non è costituito da soli buddisti; ma da ogni essere umano e non umano, di questo e di altri mondi, e di ogni tempo, che ami la Verità;
    di buddista c’è la mia pratica della vipassana, e il riconoscere la qualità liberatrice del Buddha, e la verità della sua dottrina. Ma la stessa cosa riconosco al Cristo.
    Dunque la mia “purezza”buddista sarebbe discutibile. Valuta tu se è il caso di proseguire questa discussione.

    CITAZIONE (Zerovirgolazero @ 2/9/2013, 19:07)
    @Persapere;

    mi scrivi:
    sei un pozzo di conoscenza, anzi una fonte, grazie!”
    Prego, ma mi corre l’obbligo fare delle precisazioni, che mi porteranno al rifiuto del complimento. Sarei “un pozzo di conoscenza” (analitica), se questa fosse un bene privato e individuale, come una casa o un’automobile. La conoscenza, o se si vuole la cultura, non possono essere qualcosa di privato, essendo piuttosto un processo intersoggettivo (ci torno appresso). Altra cosa, del tutto diversa, è la Conoscenza con la maiuscola; questa differisce da quella senza maiuscola sotto due rapporti;

    1°, non è discorsiva, né analitica, né formale, né necessita di strutture e/o rappresentazioni simboliche. Essa è immediata; la sola modalità di cui disponiamo per farcene un’idea, per via analogica, è la percezione. La sua certezza è assoluta, diretta, non mediata e non mediabile. Per analogia con l’universo percettivo, appunto, nessuno potrebbe avere il minimo dubbio sul fatto di essere assetato. Un enunciato come: "non sono sicuro di essere assetato" è semplicemente senza senso.

    2°, la conoscenza (minuscolo) necessita di un contesto sociale, di una cultura cui fare riferimento; ed anche di uno scambio intersoggettivo che dia valore agli enunciati prodotti.

    Ne consegue che non posso essere né un pozzo né una fonte di conoscenza (e la modestia non c’entra); ma tutt’al più un buon o in cattivo gestore di conoscenze collettive; e un buon o cattivo utilizzatore della logica.

    Infatti, quando tu mi scrivi “… Ieri ho comperato dei libri che mi sembravano interessanti, tra cui il Dhammapada ed ho ritrovato gran parte delle informazioni che ho letto nella tua risposta. Questo non avvalora a mio parere nè le tue parole nè quelle lette sui libri, ma avendole comprese e scoprendo che pur non avendone coscienza possedevo già questi concetti dentro di me…”, confermi quanto ho appena detto. Le informazioni cui ti riferisci (in realtà, non le informazioni in sé; ma il fatto che esse siano vere o false, coerenti o incoerenti) non sono oggetti mentali proprietà di una singola mente, ma un bene (virtualmente) comune cui possono attingere tutti coloro che fanno un uso corretto degli strumenti di conoscenza. Hai scritto delle cose giustissime; posso solo sperare tu comprenda fino in fondo cosa implica e dove porta il criterio da te adottato, se applicato con coerenza. Ha a che fare col fatto che l’autorità finale non puoi essere che tu; infatti “Questo non avvalora a mio parere nè le tue parole nè quelle lette sui libri, ma avendole comprese e scoprendo che pur non avendone coscienza possedevo già questi concetti dentro di me” significa (banale a dirsi, ma affatto banale a comprendere fino in fondo) che così come non potrai mai respirare coi polmoni di un'altra persona, alla stessa stregua non potrai mai validare o invalidare una verità con la coscienza di un’altra persona. La chiave di tutto sta precisamente nel tuo “ma avendole comprese”. Questo processo di comprensione è irriducibile in modo assoluto; non è rapportabile a null’altro che ad una data coscienza. La più classica obiezione a quanto ho affermato, è che il fatto che un soggetto dichiari di aver compreso, non vuol dire che abbia compreso davvero. Verissimo! Quanti asini, infatti, straziano innocenti timpani ragliando assurdità!? Ma io non sto affatto riferendomi alla possibilità di errore nell’ambito dell’analisi di fatti; né agli errori di inferenza nell’ambito di discipline che trattano oggetti astratti. In tali casi, esiste tutta una quantità di strumenti di controllo per mostrare e dimostrare eventuali errori. Certo, è così; ma è anche certo che la catena dei controlli e dei controllori dovrà ad un certo punto arrestarsi; giacché una regressione infinita (o anche lunga oltre una data misura) porterebbe alla paralisi. E’ una domanda antichissima, e quasi sempre senza risposta, giacché formulata in contesti fatti apposta per escluderla. Se la pone Giovenale nella sesta Satira, e Platone nel tredicesimo capitolo del terzo libro de “La Repubblica”. Il primo scrive : “Chi sorveglierà i sorveglianti stessi?”; il secondo: “ È naturalmente ridicolo che un custode debba essere custodito". Giovenale non è un filosofo, e può essere assolto per non aver dato una risposta; Platone no; infatti, tutta la sua idea dello Stato perfetto si avvita e si sgretola su questo punto; ma questo è altro discorso. La domanda non può logicamente trovare risposta se non in un solo modo: alla fine sarà sempre una data coscienza a dover decidere, magari dopo essersi sottoposta ad un serratissimo confronto con ogni possibile sistema di correzione di errori. Non può essere che così, diversamente, o diventa impossibile; proprio come annusare col naso di un altro; oppure ci si perde in un infinito anello di regressioni.
    Ma in ogni caso, qualsiasi sistema di controllo per feedback, o per correzione di errori, pertiene al mondo fenomenico; ma nulla può sul dato primario della coscienza per la quale quel mondo fenomenico esiste.
    Se sono stato capace di spiegarmi, allora risulterà chiaro il ruolo meramente strumentale di supporti esterni come testi, interlocutori (come sarebbe il mio caso adesso), maestri, o persino rivelazioni divine. Dove sono, e/o dove assumono significato, infatti, testi, interlocutori, maestri, o rivelazioni divine, se non nella tua coscienza? A dirla tutta, l’aggettivo possessivo “tua” appena usato con riferimento alla coscienza è parecchio improprio; ma semmai se ne parla in altra circostanza.

    Prima di chiudere, vorrei parlare brevemente di due cose:
    1°, mi scrivi: “…E comunque, vorrei evidenziare il fatto che quello dell'erba era solo un esempio: l'uscita dall'illusione dei sensi e dell'intelletto (che considero il senso del cervello) non riguarda per me solo l'aspetto fisico della realtà, ma in termini buddhisti mi par di aver capito che porsi il problema della realtà è inutile ed illusorio in partenza…”;

    Ci sarebbe molto da dire; qui mi limito a segnalarti che l’Intelletto non è affatto da confondersi con la facoltà analitico/algoritmica del cervello umano, che è la ratio, ossia una facoltà finita; ma, seguendo le formulazioni che attraversano la filosofia occidentale da Aristotele a Cusano e ancora fino a Shelling, passando naturalmente per Tommaso, “Intelletto” è praticamente identico a ciò che gli induisti chiamano “Buddhi”. Sull’uso del tutto improprio del termine “Intelletto” si è giocata tutta una serie di interminabili equivoci anche in ambienti buddisti. Ad esempio; quando, e se, un buddista afferma che l’intelletto non può penetrare oltre la mente concettuale, in realtà sta confondendo Intelletto con ragione. Per inciso, il responsabile di questa falsificazione fu Kant; mentre va dato merito a Guénon di aver ricordato agli occidentali il vero significato del termine.

    Per concludere; mi scrivi: “…Però, se ti va di parlarne, io sarei molto felice di leggere in che modo tu associ il Buddha al Cristo, o viceversa, non voglio dare priorità a nessuno, spero sia chiaro. Mi interessa però il tuo pensiero se vorrai esporlo…”. Io non avrei difficoltà a risponderti, ma andremmo fuori tema. Ho svolto, assieme ad alcuni utenti, un argomento parzialmente simile a questo in un altro thread, dal titolo, mi pare, “Tutti i cammini spirituali si equivalgono?”. In realtà, su quel tema ci sarebbe da dire molto più di quanto fu fatto in quella discussione; ma intanto, se credi potresti darci un’occhiata.


    Se hai dubbi su quanto ho scritto, non farti scrupolo a chiedere.
    Belle cose.

    CITAZIONE (Persapere @ 3/9/2013, 00:21)
    CITAZIONE (Zerovirgolazero @ 2/9/2013, 19:07) 
    @Persapere;

    mi scrivi:
    sei un pozzo di conoscenza, anzi una fonte, grazie!”
    Prego, ma mi corre l’obbligo fare delle precisazioni, che mi porteranno al rifiuto del complimento. Sarei “un pozzo di conoscenza” (analitica), se questa fosse un bene privato e individuale, come una casa o un’automobile. La conoscenza, o se si vuole la cultura, non possono essere qualcosa di privato, essendo piuttosto un processo intersoggettivo (ci torno appresso).
    Ne consegue che non posso essere né un pozzo né una fonte di conoscenza (e la modestia non c’entra); ma tutt’al più un buon o in cattivo gestore di conoscenze collettive; e un buon o cattivo utilizzatore della logica.

    In merito al grassetto, perchè dici questo?
    Non penso che la conoscenza sia un bene privato o individuale, non penso nemmeno che sia un bene, anzi dovrei proprio pensare a cosa penso che sia, perchè fin'ora penso solo ciò che penso non sia.
    Però, se vogliamo considerarla con la c minuscola, non possiamo dire che, qualsiasi cosa sia, tu personalmente abbia attinto molto da essa, senza per questo impossessartene rendendola privata o individuale?
    Oppure, avresti accettato il "complimento" (ma devo dire che le mie intenzioni non erano di complimentarmi, quanto più di spiegare il motivo del mio riconoscimento e ringraziamento alle tue risposte, e quindi alla tua volontà e possibilità di rispondermi) se al posto del termine conoscenza avessi usato "informazioni"?
    Che il mio uso delle etichette "pozzo" e "fonte" non sia stato particolarmente felice lo capisco, ammetto di aver buttato la frase un pò lì come veniva, ma mi sorprende che tu abbia scelto di approfondire invece sul termine "conoscenza"
    CITAZIONE
    Le informazioni cui ti riferisci (in realtà, non le informazioni in sé; ma il fatto che esse siano vere o false, coerenti o incoerenti) non sono oggetti mentali proprietà di una singola mente, ma un bene (virtualmente) comune cui possono attingere tutti coloro che fanno un uso corretto degli strumenti di conoscenza.

    Se le cose stanno così (e non penso diversamente) allora perchè non posso considerarti uno strumento di conoscenza?
    Aspetta, forse ci sono. Si tratterebbe di un fraintendimento, di un cattivo utilizzo della terminologia da parte mia. O di un uso superficiale, ma comunque sbagliato, se ho capito bene.
    Dunque, strumento e fonte (o pozzo, ma pozzo mi piaceva comunque meno di fonte) sono intesi ovviamente in modo diverso.
    Se dico strumento, posso considerarti alla stegua di un libro ad esempio, utile a prescindere dalla qualità di ciò che esponde, ad allenare il mio grado di criticità ad esempio, cosa che può, credo servire per la costruzione(?) della conoscenza?
    Dicendo fonte invece, avrei implicitamente inteso che avendo io "sete" basterebbe avvicinarmi presso di te con un bicchiere per vederlo subito riempito e per dissetarmi.
    E questo tra l'altro nega quanto ho cercato di esprimere precedentemente circa il non ritenermi un imbuto che "se le beve tutte"..
    Lo sottolineo non certo per svaluare le tue parole o le tue intenzioni, nemmeno potrei.
    Però intanto ti leggo, è un dato di fatto, quindi non sei fonte nemmeno se prima di bere filtro l'acqua?
    Cioè, il libro come strumento non è pure una fonte da cui attingere pezzi di conoscenza? Cosa non capisco?
    Tu non sei fonte in ogni caso? E se non è conoscenza, (o comunque una parte di essa se la vogliamo considerare infinita come credo che sia) quella che condividi sul forum, allora che cosa è? E se io ti faccio domande e tu mi dai risposte non è come se chiedessi di riempirmi il bicchiere, lascia perdere cosa poi dell'acqua potrei farci. Non ti ritieni fonte di conoscenza nemmeno un pò?

    CITAZIONE
    “Chi sorveglierà i sorveglianti stessi?”; il secondo: “ È naturalmente ridicolo che un custode debba essere custodito".

    Beh, me lo son chiesta spesso sul bus, non sopporto l'arroganza di alcuni controllori. Salgono dove bisogna scendere e non timbrano il biglietto, se paghi la multa sul momento, paghi meno che se vai a pagarla successivamente, loro te l'annullano e chi sa se non si tengano i soldi. Beh? Chi controlla i controllori? Sì, me lo son chiesta anche io, evviva ricorda di citare anche me in futuro (ahah scherzo eh!! :D)
    CITAZIONE
    Se sono stato capace di spiegarmi, allora risulterà chiaro il ruolo meramente strumentale di supporti esterni come testi, interlocutori (come sarebbe il mio caso adesso), maestri, o persino rivelazioni divine. Dove sono, e/o dove assumono significato, infatti, testi, interlocutori, maestri, o rivelazioni divine, se non nella tua coscienza? A dirla tutta, l’aggettivo possessivo “tua” appena usato con riferimento alla coscienza è parecchio improprio; ma semmai se ne parla in altra circostanza.

    per la prima frase in bold, sono d'accordo, ma non ho capito perchè me lo dici, cioè, ho lasciato intendere di pensarla differentemente quando ho scritto "fonte di conoscenza"?
    Scusa, davvero, sto facendo fatica e sono stanca, avrei dovuto aspettare per risponderti per capire meglio e rispondere più chiaramente, è che queste conversazioni non le faccio mai con nessuno ed ora mi sento parecchio presa dalla situazione.
    Per la seconda, mi interessa cosa ne pensi.
    Però ti chiedo anche dalle tue premesse, mi sembra tu stia considerando la conoscenza e la Conoscenza come cose che esistono da cui poter attingere e che non essendo "private e individuali" , ne consegue mi sembra, non siano quindi "possedibili". Ma allora cosa significa attingere da qualcosa se non diventa un pò tuo? E perchè la conoscenza esiste e l'erba no?
    Ancora una cosa, anche altrove in questo forum ho letto di quanta importanza dai alla logica ed alle scienze.
    Posso chiederti perchè lo fai?
    Sembra e magari è una domanda banale.
    La mia logica non è un granchè, ma esiste Una logica giusta ed una sbagliata? Le scienze non si basano su dati empirici e quindi su oggetti che "non esistono"?
    Ma soprattutto perchè siamo oltremodo OT e perseguitiamo indisturbati?
    Chi amministra gli amministratori? :teeth:
    CITAZIONE
    l’Intelletto non è affatto da confondersi con la facoltà analitico/algoritmica del cervello umano, che è la ratio, ossia una facoltà finita;

    Se l'intelletto non è un senso del cervello, di cosa lo è? E se non è un senso che cosa è e da dove viene?
    CITAZIONE
    Per concludere; mi scrivi: “…Però, se ti va di parlarne, io sarei molto felice di leggere in che modo tu associ il Buddha al Cristo, o viceversa, non voglio dare priorità a nessuno, spero sia chiaro. Mi interessa però il tuo pensiero se vorrai esporlo…”. Io non avrei difficoltà a risponderti, ma andremmo fuori tema. Ho svolto, assieme ad alcuni utenti, un argomento parzialmente simile a questo in un altro thread, dal titolo, mi pare, “Tutti i cammini spirituali si equivalgono?”. In realtà, su quel tema ci sarebbe da dire molto più di quanto fu fatto in quella discussione; ma intanto, se credi potresti darci un’occhiata.

    Un'occhiata dici. Non basta di certo. Prima di arrivare a quella conversazione ho stalkerato sul tuo profilo e mi son letta tutti i tuoi interventi.
    Il caso ha voluto che lasciassi per ultimo proprio il più complesso (almeno per i miei criteri di complessità) :credo sia passato un paio d'ore da quando leggo la discussione che citi ed è talmente ricca per lo più di informazioni a me del tutto sconosciute, che dovrò senz'altro tornarci più e più volte, la qual cosa mi obbligherà ad aprire più e più libri. Per dirla facile: non vi seguo, ho troppe carenze in materia, non so di cosa parlate.
    Per altro, la risposta alla domanda che ti ho rivolto, dovrei estrapolarla dai tuoi interventi al Thread, a meno che, proseguendo nella lettura dello stesso, io non scopra che c'è proprio scritta chiara chiara. E comunque, soprattutto se dovrò ricostruirla, va pure interpretata, qui si tratterebbe di studiarti come un libro, o per non generalizzare, di studiarne un capitolo od un paragrafo, fa niente. E' difficile e pericoloso allo stesso modo!
    Con questo non dico che non proverò a farlo.
    Ci tornerò appena posso, ma non è mera curiosità, è interesse.

    Ciò detto, però, secondo me non c'entra un fico secco con il Sutra del Loto.
    Non ci sgrida nessuno?

    CITAZIONE (Zerovirgolazero @ 3/9/2013, 19:32)
    @Persapere
    Non ho idea di come si gestisca un forum; posso presumere che, fra molte altre cose, si debba tenere d’occhio che gli scambi tra utenti restino per quanto possibile aderenti ai temi in discussione. Se è così come penso, effettivamente, dato che il tema del thread concerne una certa presunta caratteristica del Sutra Del Loto, mi pare che rispondere alla maggior parte delle tue domande ci allontanerebbe parecchio dal tema. Con questo non voglio affatto dire che le questioni da te sollevate non abbiano un rilievo o non concernano aspetti della vita spirituale; anzi, direi che hai una buona capacità di cogliere gli aspetti salienti che emergono nel corso del dibattito. Pertanto, al momento mi limito a dire questo: dato che mi pare ci sia un certo accordo sul fatto che il Sutra Del Loto non è il solo supporto scritturale possibile per raggiungere l’Illuminazione *(nota), se vogliamo approfondite temi qui emersi, potremmo considerare conclusa la presente discussione, e spostarci altrove. In questo caso, Persapere, dovresti aver cura di isolare un argomento a tuo piacere, e formulare partendo da esso una domanda quanto più precisa e circostanziata possibile. Attendo istruzioni.

    Qui, però, potrei senza sforare troppo trattare brevemente una questione da te sollevata, questa:
    “?
    >Ancora una cosa, anche altrove in questo forum ho letto di quanta importanza dai alla logica ed alle scienze.
    Posso chiederti perchè lo fai banale.
    La mia logica non è un granchè, ma esiste Una logica giusta ed una sbagliata? Le scienze non si basano su dati empirici e quindi su oggetti che "non esistono
    "?

    Perché do importanza alla logica?? Perché senza di essa ci ritroveremmo in mondi simili a questo:
    “…poiché la melanzana soffusa dormiva ah ah chionferando urtiche assordanti, allora il Buddha ghenocchiato, peperepè peperepè’, si sa com’è. Tanto il pane è buono lo stesso, daimuku-kumudai, chi può negarlo se il mare è peloso…”.
    In ogni caso ho risposto alla tua domanda; se ti trovi bene nel mondo delle melanzane soffuse, che dormono chionferando, allora hai trovato la tua strada, e la logica non ti serve. Se invece leggere quella frase ti ha ingenerato un tipo sottile di nausea, allora hai lo stesso la risposta, giacché senza logica la tua mente va in frantumi. Vorrei appena ricordare che senza (in ordine alfabetico) Asanga, Dignaga, Dharmakirti, Nagarjuna, e Vasubandhu, tutti logici eccelsi, tutti consapevoli del ruolo fondamentale della logica, con ogni probabilità il buddismo oggi non esisterebbe. Proprio pochi giorni fa ho discusso un tema simile, tramite mail con un’amica; non trovo di meglio che incollare un brano di quella discussione, senza nulla omettere; ecco:

    …A definire Buddha “Logica incarnata”, Pramana-bhuta, è Dignaga, nella sua opera Pramana Samuccaya. Ho letto questo testo in quella che credo sia la sola traduzione dal sanscrito in una lingua occidentale, l’inglese, molti anni fa, nel corso del mio ultimo soggiorno negli USA, presso la residenza di un mio conoscente che si vantava ( credo a ragione) di possedere la più grande raccolta di scritti buddisti in occidente. Se ricordo bene la locuzione inglese da me resa con “Logica incarnata” è “embodied logic”. Mi è parso giusto rendere “embodied” con “incarnato”, anche perché “embodied” si usa spesso a proposito dell’incarnazione di Cristo.
    A me quella locuzione non appare affatto bizzarra come a te, ed anzi mi sembra del tutto appropriata e pregnante. Dignaga dimostra che rappresentare, o manifestare nella sua stessa essenza, la “logicità” del mondo è una delle caratteristiche e funzioni cardinali del Buddha. Sostituisci Buddha a Cristo e ti sembra di leggere San Tommaso…”.


    Certo, la logica tratta di pensieri, che sono come parole mentali silenziose; per la verità, una parte della logica, oggi, non tratta neppure di questo, ma di simboli astratti da correlare secondo date regole; e questo potrebbe dare l’idea, del tutto erronea, che essa non abbia alcun rapporto col mondo reale; ma pensarlo è assolutamente sbagliato. La logica è lo strumento di gran lunga più raffinato di cui disponiamo per non cadere vittima di errori di attribuzione; ossia per non scambiare fischi per fiaschi. La logica non è né può essere la “conoscenza vera”; chi pretende questo, e chi le imputa di mancare l’obiettivo, semplicemente, non sa di che parla. Tuttavia, essa serve a preservarci dall’errore di scambiare il modo reale per quello irreale (rifletti sull’esempio della melanzana) Potrei sbagliare, ma credo siano proprio di Asanga queste parole:
    “.. Di due raggi, uno dei quali proviene da un gioiello e l'altro da una lampada,nessuno è il gioiello; ma scambiando il primo per il gioiello, si può pervenire a quest'ultimo, e non invece se ci si affida all'altro..”.


    Per finire; chiunque abbia raggiunto un certo grado di profondità nella meditazione (in qualunque modo e per qualunque via ci sia arrivato), sa che la trasformazione che così avviene non rende il mondo illogico * (nota ); ma extra-logico, che è cosa del tutto diversa.

    Vento.

    *(nota)
    A tutti gli effetti, e sotto ogni punto di vista, è completamente errato, fuorviante, e pericoloso, affermare che l’Illuminazione è qualcosa da raggiungere. Nessun maestro spirituale può aver mai affermato un’assurdità del genere; e se magari da qualche parte si potesse leggere qualcosa di simile, si può stare del tutto certi che si tratta di errore di traduzione. Gli errori di traduzione sono sfortunatamente molto più frequenti di quanto si immagini. Non conosco il sanscrito né il pali né il cinese; ma scommetterei 1.000.000 a 1 che i testi tradotti nelle nostre lingue ne abbondino (senza tener conto del problema della purezza delle fonti, mancando la certezza delle quali, il lavoro esegetico è gravemente compromesso). Ho questa certezza, perché posso assicurare e provare che persino al giorno d’oggi, dopo 20 secoli di cristianesimo, madornali errori di traduzione (con certezza assoluta almeno uno) sono presenti nello stesso Vangelo, che, alla fine, è incomparabilmente meno esteso del Canone.

    *(nota 2)
    Così fosse, si può star certi che la meditazione ha portato verso stati regressivi di tipo psicotico; il che può accadere.

    @Warmbeer, mi sono permessa di quotare le parti in Ot (vedi spoiler) per dar inizio al nuovo Topic, se lo ritieni più opportuno procedi come preferisci, con Fork ed eliminazione del presente Quote :)

    Edited by Persapere - 6/9/2013, 18:08
     
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    Ho effettuato il fork .... valuta tu se mantenere i quote, o meno :)
     
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  3. Zerovirgolazero
     
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    Mi piace il titolo di questo topic; compendia l'essenza e allo stesso tempo anticipa una delle possibili conclusioni del dibattito, questa:
    fanatismo religioso e nichilismo filosofico (aggiungerei il gemello relativismo) sono figli della stessa madre: la sempre gravida stupidità; la quale è come la caricatura grottesca di Hiranyagarbha, l'uovo cosmico che si risproduce per partenogenesi. Ancora una volta è confermato che gli opposti coincidono per analogia inversa.
     
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    Perchè ce l'avete tutti con chi "mette criticamente in discussione la possibilità di giungere a una definizione assoluta e definitiva [della verità]." ? :)
     
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    CITAZIONE (warmbeer @ 6/9/2013, 13:37) 
    Perchè ce l'avete tutti con chi "mette criticamente in discussione la possibilità di giungere a una definizione assoluta e definitiva [della verità]." ? :)

    Forse perchè credere in una bella verità assoluta e definitiva è tanto rassicurante e rasserenante e per di più ti consente di mettere i neuroni in naftalina e demandare a categorie prestabilite l'analisi dei fenomeni.
    O forse per scongiurare l'horror vacui...

    (Non lapidatemi por favor... :P )
     
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  6. Zerovirgolazero
     
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    Jayanti e warmbeer (l'ordine è alfabetico) vi riferite a me? Affermare che relativismo e nichilismo (avevo scritto nuchilismo :rolleyes: , e gli sta bene) sono logicamente insostenibili vuol dire " mettere i neuroni in naftalina e demandare a categorie prestabilite l'analisi dei fenomeni. O forse per scongiurare l'horror vacui..?
    A ragà, ma che dite?? Avrei mai sostenuto che sia possibile "..giungere a una definizione assoluta e definitiva [della verità]."? Quando lo avrei sostenuto? Non solo non ho mai affermato nè pensato cose simili, ma qui dichiaro esplicitamente che una definizione assoluta di Verità è impossibile per principio; è impossibile non per mancanza di nostri mezzi, ma per principio. Basta appena leggere con attenzione la frase alla riga precedente per capire perchè, senza scomodare Sutra, fachiri, e Lama. E' semplicissimo: se per Verità ci stiamo riferendo a Quella ultima, non soggetta a condizioni e limitazioni ( e infatti, nel buddismo viene apofaticamente indicata come Vuoto), Essa non può necessariamente essere definita, giacché (non occorrono Sutra fachiri e Lama per capire che) definire vuol dire limitare, per classi o categorie di classi; e tutto ciò che è definibile appartiene alla sfera del finito.

    Con ciò e a partire da ciò, confermo che nichilismo e relativismo sono disfonie spasmodiche (il termine giusto, quello popolare, verrebbe censurato) tipiche della modernità.
     
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    A causa mia stiamo andando OT, me ne scuso. Ma un relativista "sostiene che una verità assoluta non esiste, oppure, anche se esiste, non è conoscibile o esprimibile o, in alternativa, è conoscibile o esprimibile soltanto parzialmente", oopure altro? Che differenza c'è tra questo e dire " che una definizione assoluta di Verità è impossibile per principio; è impossibile non per mancanza di nostri mezzi" ?
     
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  8. Persapere
     
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    Warm, secondo me siete super in tema :) state usando a modo vostro ciò che ho elencato nel titolo :)
     
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    Non vorrei che cominciassimo a parlare per pagine e pagine di relativismo ... :teeth: ... e cmq sono un po' curioso di dove andate a finire, non voglio distrarre troppo.
     
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  10. Zerovirgolazero
     
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    Il relativista sostiene che la Verità Assoluta non esiste, e non che esiste e però non può essere definita. La prima e la seconda asserzione sono del tutto diverse.
    Esaminiamo passo passo il primo caso, e vediamo se è coerente: enunciando che la verità assoluta non esiste, il relativista fa un'affermazione che può essere vera o falsa; se l'affermazione è falsa, allora, essendo falsa, la verità assoluta esiste. Ma così sarebbe troppo facile; il relativista sostiene che la sua affermazione è vera; ma se lo è lo deve essere in modo assoluto; giacché se lo fosse in modo relativo ci troveremmo nel mezzo o di un'assurdità a di una regressione infinita. Affermare che x (x è " la Verità Assoluta non esiste") è relativamente vero non ha alcun senso, giacché questo nuovo enunciato y (la verità di x è relativamente vera), non solo è due volte senza senso ma è già il primo anello della regressione infinita, che può andare avanti fino alla consumazione dei tempi.
    Semplificando, l’affermazione del relativista può essere vera solo se contraddice se stessa (cioè se è assoluta), ossia se è falsa.

    Il secondo enunciato (la Verità Assoluta esiste, ma non può essere definita) è vero, ma non può essere accettato dal relativista, ed io capisco bene perché. Per costui, esiste solo ciò può essere definito, circoscritto, limitato, e incasellato in classi, e insiemi di classi. Ho spiegato non molto tempo fa, e credo dimostrato, che la suddivisione in classi non pertiene all’ordine naturale per come è, ma è solo una proiezione mentale del tutto umana. In breve, il relativista è vittima dell’”illusione della mappa”; ma la mappa non è il territorio. Basta rileggere quel post.
    Ne consegue che la posizione relativista è logicamente insostenibile; per essere vera deve essere falsa. :rolleyes:

    p.s.
    Non mi dite che non sono stato chiaro, perchè mi fareste soffrire; e questo sarebbe poco buddista, da parte vostra...
     
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    No, quella è una trappola logica, hai creato un paradosso e lo usi come dimostrazione, per capirci: un po' come fece Zenone.

    Paradossi contro il movimento
    Primo paradosso
    Il primo argomento contro il movimento è quello sullo stadio.

    Esso afferma che non si può giungere all'estremità di uno stadio senza prima aver raggiunto la metà di esso, ma prima di raggiungerla si dovrà raggiungere la metà della metà e così via senza quindi mai riuscire a raggiungere l'estremità dello stadio.

    Secondo paradosso
    Il paradosso di Achille e la tartaruga - uno dei paradossi di Zenone più famosi - afferma invece che se Achille (detto "piè veloce") venisse sfidato da una tartaruga nella corsa e concedesse alla tartaruga un piede di vantaggio, egli non riuscirebbe mai a raggiungerla, dato che Achille dovrebbe prima raggiungere la posizione occupata precedentemente dalla tartaruga che, nel frattempo, si sarà spostata di un intervallo di spazio; così la distanza tra Achille e la lenta tartaruga non arriverà mai ad essere pari a zero.

    In pratica, posto che la velocità di Achille (Va) sia N volte quella della tartaruga (Vt) le cose avvengono così:

    dopo un certo tempo t1 Achille arriva dove era la tartaruga alla partenza (L1).
    nel frattempo la tartaruga ha compiuto un pezzo di strada e si trova nel punto L2.
    occorre un ulteriore tempo t2 per giungere in L2.
    ma nel frattempo la tartaruga è giunta nel punto L3 ... e così via.
    Quindi per raggiungere la tartaruga Achille impiega un tempo


    e quindi non la raggiungerà mai!

    Terzo paradosso
    Il terzo argomento è quello della freccia.

    Essa infatti appare in movimento ma, in realtà, è immobile: in ogni istante di fatti occuperà solo uno spazio che è pari a quello della sua lunghezza; e poiché il tempo in cui la freccia si muove è fatta di infiniti istanti, essa sarà immobile in ognuno di essi.

    Il concetto di questo terzo paradosso è in fondo opposto a quello del secondo: l'esistenza di punti e istanti invisibili. Ma anche nel caso del terzo argomento il paradosso risulta impossibile in quanto dalla somma di istanti immobili non può risultare il movimento.


    Quarto paradosso
    Il quarto argomento tratta delle masse nello stadio.

    Zenone afferma che se due masse in uno stadio si vengono incontro, risulterà l'assurdo logico che la metà del tempo equivale al doppio.

    Consideriamo infatti tre segmenti uguali (A, B, C) che si trovino allineati. Supponiamo poi che il segmento in alto (A) si muova verso destra e che avanzi di un intervallo per ogni istante rispetto a quello al centro (B) che resta fermo; quello in basso (C) faccia invece la stessa cosa verso sinistra. Dopo un istante avremo il punto d'inizio del primo (A) e il punto finale del terzo segmento (C) in linea con il punto medio del secondo (B), rimasto fermo al centro. Quindi C ed A si saranno allontanati di due intervalli in un istante, ma ciò è assurdo perché allora il tempo che avrebbero impiegato per allontanarsi di un solo intervallo sarebbe di "mezzo istante", contraddicendo l'ipotesi che l'istante fosse indivisibi


    Il fatto che non c'è la Verità Assoluta non contraddice affatto una posizione per cui "sostiene che una verità assoluta non esiste, oppure, anche se esiste, non è conoscibile o esprimibile o, in alternativa, è conoscibile o esprimibile soltanto parzialmente". Come non la contraddice il fatto che non esista una lepre Viola a Pois Gialli che tifa inter.

    Quello che è vero per me non è vero per te, e può anche non essere la Verità. Per cui il relativista può accettare senza contraddizioni di essere in errore. La via dell'errore è un'ottima via.

    Sei stato chiarissimo, ma non è bastato :P
     
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    CITAZIONE (Zerovirgolazero @ 6/9/2013, 15:51) 
    Jayanti e warmbeer (l'ordine è alfabetico) vi riferite a me? Affermare che relativismo e nichilismo (avevo scritto nuchilismo :rolleyes: , e gli sta bene) sono logicamente insostenibili vuol dire " mettere i neuroni in naftalina e demandare a categorie prestabilite l'analisi dei fenomeni. O forse per scongiurare l'horror vacui..?
    A ragà, ma che dite?? Avrei mai sostenuto che sia possibile "..giungere a una definizione assoluta e definitiva [della verità]."? Quando lo avrei sostenuto? Non solo non ho mai affermato nè pensato cose simili, ma qui dichiaro esplicitamente che una definizione assoluta di Verità è impossibile per principio; è impossibile non per mancanza di nostri mezzi, ma per principio. Basta appena leggere con attenzione la frase alla riga precedente per capire perchè, senza scomodare Sutra, fachiri, e Lama. E' semplicissimo: se per Verità ci stiamo riferendo a Quella ultima, non soggetta a condizioni e limitazioni ( e infatti, nel buddismo viene apofaticamente indicata come Vuoto), Essa non può necessariamente essere definita, giacché (non occorrono Sutra fachiri e Lama per capire che) definire vuol dire limitare, per classi o categorie di classi; e tutto ciò che è definibile appartiene alla sfera del finito.

    Con ciò e a partire da ciò, confermo che nichilismo e relativismo sono disfonie spasmodiche (il termine giusto, quello popolare, verrebbe censurato) tipiche della modernità.

    Io veramente parlavo assolutamente in generale.
    Se avessi voluto rispondere a quello che avevi scritto tu avrei fatto un quote del tuo post precedente e mi sarei espressa in merito.
    Pace Fratello... angel1
     
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  13. Zerovirgolazero
     
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    Spiacente, è l’esatto contrario di come affermi; lo proverò, senza possibilità di dubbio.

    Non si troverà sulla faccia della la Terra un solo testo, nè una sola testa pensante che non sostenga che tutta la sofistica è caratterizzata dal dominio del relativismo, e dalla convinzione che la Verità non esista. Questa è l’essenza della sofistica, non può essere smentito; e non occorre spendere parte della vita a studiare filosofia, come ho fatto io, per saperlo; basta un semplice Bignami da pochi euro. Giacché è proprio attraverso la critica alla nozione di Verità, che i sofisti pervennero al relativismo radicale. Questo sarà bello o brutto; ma è un fatto, da tutti verificabile, e dunque non opinabile, e non soggetto a dibattito. Con chi dovesse sostenere il contrario, spiacente, non avrò tempo da perdere. Giacchè, se c'è buona volontà, si può discutere per quanto è necessario sulla parte logica; ma negare la realtà fattuale della cose, sarebbe un atto di scortesia che vanificherebbe ogni ulteriore tentativo.

    Accusare i miei argomenti di essere dei sofismi è come accusare il bianco di essere nero, e Obama di essere svedese. Tu credi, warmbeer, che la posizione (sul tema del relativismo) e gli argomenti da me usati siano farina del mio sacco? Pensi che siano una mia elaborazione? Se pensi questo (ripeto, solo se lo pensi), mi spiace doverti dire che non conosci neppure la a dell’abc della filosofia occidentale. Gli argomenti da me usati sono i medesimi che Platone adopera contro i sofisti; e chiunque abbia una conoscenza appena liceale della filosofia Platonica sa che è così. E dunque, io che qui sono appena stato il portavoce degli argomenti platonici (su questo tema, su altri dissento da Platone), sarei il sofista che Platone confuta? E’ il mondo alla rovescia!! E’ il ladro che arresta il poliziotto!! Che ti dicevo, hai affermato l’esatto contrario della realtà! Realtà, sottolineo, non opinione; qui non c’è nulla da opinare, ripeto, i fatti sono fatti, non possono essere confutati dalle chiacchiere. Per vedere se sto affermando il vero o il falso, invito chi mi legge a consultare i testi platonici e verificare; non ci possono essere margini di errore; o si sa di che si parla oppure no. Sennò varrà la stessa cosa affermare che Buddha era norvegese e i Sutra sono stati scritti da Paperino. Quello che ho affermato sopra è la semplice realtà, ripeto, verificabile da chiunque; e se è così, warmbeer hai affermato il suo contrario.

    Se vuoi falsificare l’argomento platonico (che Platone espone in forma diversa in tutti i dialoghi sofistici, dal Teeteto - dove chiunque può trovare l’argomento da me proposto, quasi in forma identica - al Parmenide, dal Sofista, al Fedro, ecc…) devi indicare esattamente in cosa consiste (l’inesistente) errore di inferenza che avrebbe generato il sofisma. Non serve girarci attorno, e incollare roba scaricata da internet, che oltretutto non ha alcuna attinenza col nostro tema *(nota); devi argomentare e mostrare con mezzi tuoi dove sta l’errore di inferenza. Se ci riuscirai, warmbeer, segnerai una svolta nel sapere universale, avrai dimostrato che Platone era un sofista.

    Insomma, rimanendo terra terra: dove si anniderebbe il sofisma, ossia il trucco, in un argomento così semplice:
    se affermi che “tutto è relativo”, deve necessariamente essere relativo anche che “tutto è relativo” (che è già una cosa senza senso); ma non basta: deve essere relativo pure che “è relativo che tutto è relativo”. E così via ad infinitum. Questo sarebbe un argomento sofistico?? Dove sta il sofisma? Stiamo scherzando? Mostramelo. L’argomento è di una semplicità sconcertante, e si basa sull’elementare connettivo logico “se, allora”, che correla due periodi. "Se; allora", come connettivo di due periodi. Semplicissimo Qualcuno, oltre a warmbeer (e che non sia la sua fidanzata) ci vede un errore di inferenza? Bene, se c’è mostratemelo; con argomenti semplici, come il mio (e di Platone). Chi lo farà passerà alla storia.

    E meno male che qui ci si dichiara buddisti!! E’ davvero difficile capire che la radice della relatività è la medesima di quella della distinzione e discriminazione? E che entrambe esistono solo in modo illusorio? Anche questo è relativo? Ok, notifichiamolo al Buddha, che di pazienza ne ha.



    *(Nota) Visto che hai tirato in ballo, in modo del tutto peregrino e incomprensibile, il sofisma (quello sì, che è un vero sofisma) di Gorgia sul moto, mi sapresti dire, magari senza cercare su internet, dove sta, precisamente, il trucco sofistico in quell’argomento? Ossia, dove risiede la fallacia (questa c'è) nel modo in cui Gorgia lo costruisce? Se scopri i (miei e di Platone) sofismi inesistenti, te la dovresti cavare bene con quelli veri. Però, parola di buddista e di scout, senza cercare su internet…

    Edited by Zerovirgolazero - 6/9/2013, 21:33
     
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    Sulla parete dell'ufficio di un mio cliente è appeso un foglietto: "Dio esiste, ma non sei tu. Rilassati"
    "Falsificare l'argomento platonico" ... scusa me sei serio? davvero?

    Ho espresso solo la mia opinione, tu hai espresso la tua. Per me l'argomento platonico può stare così com'è, lì dovè.

    Scusa 0,0, ma non c'è bisogno di prendersela così. Non mi metto certo a misurarmi con millenni di filosofia, e quel bignani non lo consulto, non mi interessa aver ragione. Non metto in dubbio che tu sei "uno che sa", ma non è importante come dai a pensare sia.
    Dal mio punto di vista il fatto che la Verità assoluta esista o non esista (cioè: se questa Verità assoluta non me la metti in mano) è assolutamente ininfluente.
    E se non riesci ad appoggiare sul tavolo questa Verità assoluta, per me è come se mi dicessi che "la distanza tra Achille e la lenta tartaruga non arriverà mai ad essere pari a zero." proprio mentre Achille fetente dà un calcio alla povera bestia.
    La Verità assoluta che non mi aiuta a estinguere il karma è acqua che non disseta. Posso aver ragione, ma intanto muoio ugualmente.
    Per quanto possiamo manifestare superiorità nei confronti del prossimo, vantando capacità, realizzazioni, intelligenza e studi, rimaniamo tutti dei poveri pirla.
    Rendersene conto è il primo grosso satori.
    Ciascuno è alla ricerca nel proprio cammino e trovo limitante sostenere di avere più "Verità assoluta" di qualunque altro, preferisco di gran lunga darmi la possibilità di sbagliare e di confrontare senza questo fardello. Cioè, secondo me e ripeto secondo me, vivere come se "una verità assoluta non esiste, oppure, anche se esiste, non è conoscibile o esprimibile o, in alternativa, è conoscibile o esprimibile soltanto parzialmente" è il meglio che si può fare.
    Non ancorarsi a nulla, niente a cui attaccarsi.
    Quanto non è certo affare dell'argomento platonico, è come io decido di impostare la mia ricerca. E posso anche cambiare idea.

    Quanto dici della "radice della discriminazione" è in chi lavora sul non avere la Verità assoluta mentre questa radice non è in chi sostiene che questa Verità assoluta ci sia, lo devo capire, sono ambedue discriminazioni, se questa Verità non è davanti a me.
    "Discriminare", poi occhio a far capir bene: letta superficialmente secondo te per essere buddhista non non dovremmo discriminare. Dunque che ce ne facciamo delle proposte dell'ottuplice sentiero, del Kalama Sutta? Se non discriminiamo, una cosa vale l'altra.


    CITAZIONE (Zerovirgolazero @ 6/9/2013, 21:02) 
    E meno male che qui ci si dichiara buddisti!!


    Infine: dire chi è buddista e chi non lo è... qui no
    . Per favore evitiamo. Sul serio, non scherzo. Ripeto siamo tutti solo dei poveracci con ingombranti manie di grandezza, siamo già tutti bell'e che morti e dobbiamo ancora dire tu sì, tu no? Ci mancherebbe che per scriver qui ci voglia il pedigrì.



    CITAZIONE (Zerovirgolazero @ 6/9/2013, 21:02) 
    Spiacente, è l’esatto contrario di come affermi; lo proverò, senza possibilità di dubbio.

    Non si troverà sulla faccia della la Terra un solo testo, nè una sola testa pensante che non sostenga che tutta la sofistica è caratterizzata dal dominio del relativismo, e dalla convinzione che la Verità non esista. Questa è l’essenza della sofistica, non può essere smentito; e non occorre spendere parte della vita a studiare filosofia, come ho fatto io, per saperlo; basta un semplice Bignami da pochi euro. Giacché è proprio attraverso la critica alla nozione di Verità, che i sofisti pervennero al relativismo radicale. Questo sarà bello o brutto; ma è un fatto, da tutti verificabile, e dunque non opinabile, e non soggetto a dibattito. Con chi dovesse sostenere il contrario, spiacente, non avrò tempo da perdere. Giacchè, se c'è buona volontà, si può discutere per quanto è necessario sulla parte logica; ma negare la realtà fattuale della cose, sarebbe un atto di scortesia che vanificherebbe ogni ulteriore tentativo.

    Accusare i miei argomenti di essere dei sofismi è come accusare il bianco di essere nero, e Obama di essere svedese. Tu credi, warmbeer, che la posizione (sul tema del relativismo) e gli argomenti da me usati siano farina del mio sacco? Pensi che siano una mia elaborazione? Se pensi questo (ripeto, solo se lo pensi), mi spiace doverti dire che non conosci neppure la a dell’abc della filosofia occidentale. Gli argomenti da me usati sono i medesimi che Platone adopera contro i sofisti; e chiunque abbia una conoscenza appena liceale della filosofia Platonica sa che è così. E dunque, io che qui sono appena stato il portavoce degli argomenti platonici (su questo tema, su altri dissento da Platone), sarei il sofista che Platone confuta? E’ il mondo alla rovescia!! E’ il ladro che arresta il poliziotto!! Che ti dicevo, hai affermato l’esatto contrario della realtà! Realtà, sottolineo, non opinione; qui non c’è nulla da opinare, ripeto, i fatti sono fatti, non possono essere confutati dalle chiacchiere. Per vedere se sto affermando il vero o il falso, invito chi mi legge a consultare i testi platonici e verificare; non ci possono essere margini di errore; o si sa di che si parla oppure no. Sennò varrà la stessa cosa affermare che Buddha era norvegese e i Sutra sono stati scritti da Paperino. Quello che ho affermato sopra è la semplice realtà, ripeto, verificabile da chiunque; e se è così, warmbeer hai affermato il suo contrario.

    Se vuoi falsificare l’argomento platonico (che Platone espone in forma diversa in tutti i dialoghi sofistici, dal Teeteto - dove chiunque può trovare l’argomento da me proposto, quasi in forma identica - al Parmenide, dal Sofista, al Fedro, ecc…) devi indicare esattamente in cosa consiste (l’inesistente) errore di inferenza che avrebbe generato il sofisma. Non serve girarci attorno, e incollare roba scaricata da internet, che oltretutto non ha alcuna attinenza col nostro tema *(nota); devi argomentare e mostrare con mezzi tuoi dove sta l’errore di inferenza. Se ci riuscirai, warmbeer, segnerai una svolta nel sapere universale, avrai dimostrato che Platone era un sofista.

    Insomma, rimanendo terra terra: dove si anniderebbe il sofisma, ossia il trucco, in un argomento così semplice:
    se affermi che “tutto è relativo”, deve necessariamente essere relativo anche che “tutto è relativo” (che è già una cosa senza senso); ma non basta: deve essere relativo pure che “è relativo che tutto è relativo”. E così via ad infinitum. Questo sarebbe un argomento sofistico?? Dove sta il sofisma? Stiamo scherzando? Mostramelo. L’argomento è di una semplicità sconcertante, e si basa sull’elementare connettivo logico “se, allora”, che correla due periodi. "Se; allora", come connettivo di due periodi. Semplicissimo Qualcuno, oltre a warmbeer (e che non sia la sua fidanzata) ci vede un errore di inferenza? Bene, se c’è mostratemelo; con argomenti semplici, come il mio (e di Platone). Chi lo farà passerà alla storia.

    E meno male che qui ci si dichiara buddisti!! E’ davvero difficile capire che la radice della relatività è la medesima di quella della distinzione e discriminazione? E che entrambe esistono solo in modo illusorio? Anche questo è relativo? Ok, notifichiamolo al Buddha, che di pazienza ne ha.



    *(Nota) Visto che hai tirato in ballo, in modo del tutto peregrino e incomprensibile, il sofisma (quello sì, che è un vero sofisma) di Gorgia sul moto, mi sapresti dire, magari senza cercare su internet, dove sta, precisamente, il trucco sofistico in quell’argomento? Ossia, dove risiede la fallacia (questa c'è) nel modo in cui Gorgia lo costruisce? Se scopri i (miei e di Platone) sofismi inesistenti, te la dovresti cavare bene con quelli veri. Però, parola di buddista e di scout, senza cercare su internet…
     
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  15. Zerovirgolazero
     
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    Grazie per l'impegno, warmbeer; detto senza polemica e senza ironia.
    Di tutto quello che hai testè scritto concordo al 1000% su un solo punto: siamo tutti dei povericristi; ma questo nulla toglie alla semplice constatazione che non hai risposto a nessuna delle mie obiezioni, e che i fatti (non opinioni, fatti) da me prodotti stanno lì come macigni, e smentiscono ciascuna delle cose che hai asserito nel tuo penultimo post.
    Dopodiché, questo è un forum pubblico, fatto, immagino, perché ogni utente pesi gli argomenti prodotti dai partecipanti, e ne tragga vantaggio, se vantaggio c'è da trarre, secondo i proprii mezzi. Pertanto, questo scambio è stato utile in ogni caso.
    Ognuno di noi ha puntualmente la paga che si merita. Al centesimo.

    Edited by Zerovirgolazero - 7/9/2013, 11:44
     
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