Gli insegnamenti di Wu-Ming il saggio dei cetrioli

un racconto Zen

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. davide.gene
     
    .

    User deleted


    questo è un racconto simpatico che ho trovato qui: http://www.abuddhistlibrary.com/Buddhism/J...n%20Stories.htm
    non so se è davvero stato scritto nel 898, non ho trovato alcun riferimento ai personaggi o ai luoghi, ma ha importanza?
    Wu-Ming significa 'senza nome'.
    'La Grande Via non è difficile' si riferisce alla 'Fede nella mente' di Xinxin Ming, poema del terzo patriarca Jianzhi Sengcan 僧璨 (d. 606)

    Il Saggio dei Cetrioli:
    Il resoconto della vita e degli insegnamenti di Wu-Ming
    come sono stati raccontati dal maestro Tung-Wang, abate del monastero Han-hsin,
    nel tredicesimo anno dell'era del Drago della Terra (898)

    Mio caro amico, reverendissimo maestro Tung-Wang,
    Vecchio e malato, giaccio qui sapendo che scrivere questa lettera sarà il mio ultimo gesto su questa terra e che, per quando la leggerai, avrò già lasciato questa vita.
    Sebbene in tutti questi anni, da quando abbiamo studiato assieme sotto il nostro venerabile maestro, non ci siamo più rivisti ho pensato spesso a te, il suo successore più meritevole. I monaci in tutta la Cina dicono che sei un vero leone del Dharma del Buddha; i cui occhi sono una stella cadente, le cui mani afferrano i lampi e la cui voce esplode come un tuono. Si dice che ogni tua azione scuota il cielo e la terra e che gli elefanti e i draghi dell'illusione si disperdano disperati. Mi dicono che il tuo monastero non ha rivali in severità e che sotto la tua guida esigente centinaia di monaci perseguono il loro addestramento con il più grande zelo e vigore. Ho sentito anche che la tua fortuna non è stata così buona, per quanto riguarda la scelta del tuo successore. Il che mi porta allo scopo di questa lettera. Ti chiedo ora di porre la tua attenzione al giovane che si accompagna a questa lettera. Mentre si trova davanti a te, senza dubbio ridendo stupidamente mentre si riempie di cetrioli sottaceto, potresti chiederti se sia completamente stupido come sembra e, in questo caso, cosa mi abbia spinto a mandartelo. Rispondendo alla prima domanda, ti assicuro che la stupidità di Wu-Ming è molto più grande di quanto la sua mera apparenza ti possa far credere. Per quanto riguarda la seconda domanda, posso solo dirti che nonostante questa suo modo di fare intontito, o forse a causa di questo, o meglio nonostante e proprio a causa di questo, Wu-Ming sembra esercitare, involontariamente e accidentalmente, la funzione di un grande Bodhisattva.
    Forse può esserti d'aiuto.
    Permettigli di dormire sedici ore al giorno e lasciagli a disposizione molti cetrioli sottaceto e Wu-Ming sarà sempre felice. Non aspettarti niente da lui e sarai felice.
    Con rispetto.
    Chin-Mang

    Dopo il funerale di Chin-Mang, i seguaci del suo tempio organizzarono il viaggio di Wu-Ming al monastero di Han-Hsin dove risiedevo, allora come adesso, come abate. Un monaco trovò Wu-Ming al cancello del monastero e, notando un foglietto con il mio nome appuntato sul suo vestito, lo portò nel mio alloggio. Secondo la tradizione, quando un monaco si presenta per la prima volta di fronte all'abate, si inchina tre volte e chiede rispettosamente di essere accettato come studente. Quindi fui preso in qualche modo di sorpresa quando Wu-Ming, entrato nella stanza, prese un cetriolo sottaceto da un vaso che teneva sotto braccio, se lo infilò intero in bocca masticandolo felicemente e sorrise con quel grande sorriso sdentato che un giorno sarebbe diventato leggendario. Guardandosi distrattamente attorno schioccò rumorosamente le labbra e chiese 'cosa c'è per pranzo?'.
    Dopo aver letto la lettera del caro vecchio Chin-Mang chiamai il capo dei monaci e chiesi di mostrare, al mio nuovo studente, l'alloggio dei monaci. Appena se ne furono andati riflettei sulle parole di Chin-Mang. Han-Hsin era, in effetti, un luogo molto rigido per l'addestramento: gli inverni erano davvero freddi e in estate il sole bruciava. I monaci non dormivano per più di tre ore a notte e mangiavano un solo semplice pasto al giorno. Per il resto del tempo lavoravano duramente nel monastero e praticavano duramente nella sala da meditazione. Ma, ahimè, Chin-Mang aveva sentito bene. Tra tutti i miei discepoli non c'era nessuno di cui potessi dirmi certo che sarebbe stato un vascello adatto alla trasmissione intrasmissibile del Dharma. Cominciavo a disperare che un giorno, senza alcun successore, avrei fallito il mio obbligo di continuare il lignaggio del mio insegnate del Dharma.
    Era difficile incolpare i monaci di compiacenza o indolenza. La loro sincera aspirazione e il loro impegno nella disciplina erano davvero ammirabili e molti di loro avevano raggiunto una grande chiarezza nella saggezza. Ma erano preoccupati di non cavarsela abbastanza nella dura disciplina ed erano orgogliosi delle loro intuizioni. Litigavano per le posizioni di prestigio e di potere e gareggiavano tra di loro per un riconoscimento. La gelosia, la rivalità e l'ambizione sembravano incombere come una nuvola nera sopra il monastero di Han-Shin, risucchiando anche il più saggio e sincero nella sua nebbia oscura. Tenendo davanti a me la lettera di Chin-Mang, speravo e pregavo che questo Wu-Ming, questo “Bodhisattva per caso” potesse essere il lievito di cui la mia ricetta sembrava avere così disperatamente bisogno.
    Con mia grande sorpresa, Wu-Ming si ambientò ad Han-Shin come una papera all'acqua. Su mia richiesta gli fu assegnato un lavoro nella preparazione delle verdure sottaceto. Lavoro che eseguiva instancabilmente, e con un'allegra serietà raccoglieva e mescolava gli ingredienti, sollevava botti pesanti, attingeva e trasportava l'acqua e, naturalmente, assaggiava liberamente il frutto del suo lavoro. Era felice!
    Quando i monaci si raccoglievano nella sala da meditazione trovavano invariabilmente Wu-Ming seduto nella massima immobilità, apparentemente in uno stato di profondo samadhi. Nessuno avrebbe mai indovinato che l'unica cosa profonda nella meditazione di Wu-Ming era la fortunata coincidenza che avesse trovato nella posizione meditativa, le gambe piegate nella posizione del loto, la schiena eretta e centrata, qualcosa di così meravigliosamente favorevole alle lunghe ore di sonno che tanto gli piacevano.
    Giorno dopo giorno, mese dopo mese, mentre i monaci lottavano per rispondere alla domanda fisica e spirituale della vita monastica, Wu-Ming, sorridendo e fischiettando, la solcava senza sforzo. Anche se, a dire la verità la pratica Zen di Wu-Ming non valeva nulla, grazie alle apparenze era considerato da tutti come un monaco dal grande conseguimento e con una disciplina perfetta. Certamente, avrei potuto dissipare questo pregiudizio facilmente, ma sentivo che la magia unica di Wu-Ming stava facendo effetto e non avevo intenzione di gettare via questo incredibile espediente.
    I monaci da prima erano gelosi, perplessi, ostili, umiliati ma poi si sentirono ispirati da quello che presumevano fosse il grande raggiungimento di Wu-Ming. Naturalmente non venne mai in mente a Wu-Ming che il suo comportamento, o quello degli altri, potesse essere motivo di simili giudizi, perché ciò richiedeva una natura molto più sofisticata di quanto la sua mente fosse capace. In effetti, tutto quello che lo riguardava era così semplice e ovvio che gli altri pensavano fosse qualcosa di insondabilmente sottile.
    La presenza imperscrutabile di Wu-MIng aveva un effetto terribilmente destabilizzante sulla vita dei monaci e comprometteva quella rete di razionalizzazioni che accompagna così spesso questi turbamenti. La sua grande ovvietà lo rendeva incomprensibile e immune alle pretese sociali degli altri. Sia i tentativi di adularlo che di insultarlo incontravano lo stesso incomprensibile sorriso, un sorriso che i monaci sentivano come la lama tagliente della Perfezione della Saggezza. Non trovando alcun sollievo o svolta in questi scambi, erano costretti a cercare da un altra parte la sorgente e la soluzione alla loro angoscia, entrambe all'interno della propria mente. Ma la cosa più importante, e assurda, era che Wu-Ming provocasse nei monaci quella inconquistabile determinazione a penetrare pienamente l'insegnamento “La Grande Via non è difficile” che sentivano incarnato in lui.
    Sebbene nel corso della mia vita abbia incontrato alcuni dei più venerabili pilastri degli insegnamenti del Tathagata, non ho mai incontrato nessuno così abile nel risvegliare gli altri alla loro intrinseca Buddhità come quel pazzo meraviglioso di Wu-Ming. Le sue battute di spirito erano come scintille, che accendevano la fiamma illuminante della saggezza nella mente dei molti impegnati a dialogare con lui.
    Un giorno un monaco avvicinò Wu-Ming e gli chiese con la massima serietà: “In tutto l'universo, qual'è la cosa più meravigliosa?” senza esitare Wu-Ming piazzò un cetriolo di fronte alla faccia del monaco ed esclamò: “Non c'è nulla di più meraviglioso di questo!” così il monaco frantumò il dualismo fra soggetto e oggetto: “L'intero universo è un cetriolo sottaceto, l'intero universo è un cetriolo sottaceto!” Wu-Ming semplicemente sogghignò dicendo: “Smettila di dire assurdità. Un cetriolo è un cetriolo, l'intero universo è l'intero universo. Cosa c'è di più ovvio?” Il monaco, penetrata la perfetta manifestazione fenomenica della Verità Assoluta, batteva le mani e sorrideva: “Per tutto lo spazio infinito, ogni cosa è deliziosamente acida!”.
    In un'altra occasione un monaco chiese a Wu-Ming: “Il Terzo Patriarca ha detto 'La Grande Via non è difficile, smetti semplicemente di avere preferenze' come mai allora ti piace mangiare i cetrioli ma ti rifiuti di dare anche un solo morso ad una carota?” Wu-Ming disse: “Amo i cetrioli, odio le carote!” Il monaco barcollò come se fosse stato colpito da un fulmine. Poi sorridendo, singhiozzando e danzando esclamò: “Preferire i cetrioli e odiare le carote non è difficile, semplicemente smetti di preferire la Grande Via!”.
    Dopo circa tre anni dal suo arrivo, le storie sul “Grande Bodhisattva del monastero di Han-Hsin” si erano sparse attraverso le province della Cina. Conoscendo la fama di Wu-Ming non fui interamente sorpreso quando arrivò un messaggero dell'Imperatore per convocare immediatamente Wu-Ming al Palazzo Imperiale.
    Da tutto l'impero, gli esponenti dei Tre Insegnamenti ovvero Buddhismo, Confucianesimo e Taoismo erano stati richiamati nella Capitale, dove l'Imperatore avrebbe proclamato l'unica vera religione da predicare e praticare in tutte le terre sotto il suo comando. Non approvavo l'idea di dover competere per il favore dell'Imperatore e il pensiero che ciò potesse dar seguito ad una persecuzione religiosa mi preoccupava molto. Ma non si poteva ignorare un ordine dell'Imperatore, così Wu-Ming ed io partimmo il giorno seguente.
    Dentro la Grande Sala erano raccolti più di un centinaio di persone, tra preti e studiosi, che avrebbero dovuto discutere uno dopo l'altro. Erano circondati dai più potenti signori della Cina, assieme agli innumerevoli consiglieri del Figlio del Cielo. All'improvviso squillarono le trombe, suonarono i cimbali e nuvole di incenso si levarono ovunque. L'Imperatore, protetto da un seguito di guardie, fu trasportato sul trono. Dopo le dovute formalità, l'Imperatore segnalò l'inizio del dibattito.
    Passarono diverse ore, mentre uno dopo l'altro, i preti e gli studiosi si facevano avanti per presentare le loro dottrine e rispondere alle domande. Per tutto il tempo Wu-Ming sedette inconsapevolmente contento mentre si riempiva con il suo cibo preferito. Quando la sua provvista finì, incrociò felicemente le gambe, allungò la schiena e chiuse gli occhi. Ma il rumore e il trambusto erano troppo forti e, incapace di dormire, diventava di minuto in minuto sempre più stanco e irritabile. Mentre lo tenevo saldamente per la nuca, nel tentativo di bloccarlo, l'Imperatore fece cenno a Wu-Ming di avvicinarsi al Trono. Quando Wu-Ming gli fu davanti, l'Imperatore disse: “In tutto il paese sei lodato come un Bodhisattva la cui mente è uguale al Grande Vuoto stesso, eppure non hai ancora dato una parola di contributo a questa assemblea. Perciò ora ti dico di insegnarmi la Vera Via che tutti coloro sotto il cielo devono seguire!”. Wu-Ming non disse nulla. Dopo alcuni attimi l'Imperatore, con una nota d'impazienza, parlò di nuovo: “Forse non hai capito bene quindi mi ripeterò! Insegnami la Vera Via che tutti coloro sotto il cielo devono seguire!” Di nuovo Wu-Ming non disse nulla e il silenzio si propagò attraverso tutta la folla, mentre tutti si sforzavano di vedere questo monaco che osava comportarsi in un modo così sfacciato in presenza dell'Imperatore.
    Wu-Ming non aveva ascoltato niente di quello che aveva detto l'Imperatore, né aveva notato la tensione che serpeggiava nella sala. Tutto quello che lo preoccupava era il desiderio di trovare un bel posto tranquillo dove poter dormire indisturbato. L'Imperatore parlò di nuovo, la sua voce tremante d'ira, il suo volto rosso di rabbia: “Sei stato chiamato in questa assemblea per parlare a nome dell'insegnamento Buddhista. La tua insolenza non sarà tollerata più a lungo. Te lo chiederò ancora una volta e se non riuscirai a rispondere, ti assicuro che le conseguenze saranno molto gravi.
    Insegnami la Vera Via che tutti coloro sotto il cielo devono seguire!” Senza dire una parola Wu-Ming si girò e, guardandosi attorno in un silenzio imbarazzante, si incamminò lungo l'atrio e fuori dalla porta. Ci fu un silenzio di scioccata incredulità, prima che la folla esplodesse in un frastuono confuso. Alcuni applaudivano la brillante intuizione religiosa di Wu-Ming, mentre altri si precipitavano arrabbiati e indignati, lanciando minacce e insulti, verso la porta che aveva appena varcato. Non sapendo se lodare Wu-Ming o decapitarlo, l'Imperatore si rivolse ai suoi consiglieri, ma non erano poi così saggi. Alla fine, guardando all'anarchia convulsa in cui si era ridotto il Grande Dibattito, l'Imperatore doveva essersi accorto che, al di là delle reali intenzioni di Wu-Ming, c'era solo un modo ora per evitare che il dibattito si tramutasse in un imbarazzo più serio.
    “Il grande saggio di Han-Hsin ha dimostrato abilmente che il grande Tao non può essere confinato all'interno delle dottrine ma esso si esprime meglio attraverso un'azione armoniosa. Approfittiamo della saggezza che ha compassionevolmente condiviso con noi e sforziamoci tutti in modo che i nostri passi vadano nella direzione che unisce cielo e terra in armonia con il Tao profondo e sottile.”
    Così dicendo il Figlio del Cielo concluse il Grande Dibattito.
    Corsi immediatamente fuori alla ricerca di Wu-Ming ma era scomparso nelle strade affollate della capitale. Sono passati dieci anni da allora e di lui non ho più sentito nulla. Ma, prima o poi, un monaco vagabondo si fermerà ad Han-Hsin con qualche notizia.
    Mi dicono che Wu-Ming ha vagabondato attraverso la campagna nell'ultimo decennio, cercando di trovare la via di casa senza successo. A causa della sua fama viene accolto e accudito in tutte le case con generosa gentilezza, anche se coloro che desiderano aiutarlo nel suo viaggio di solito scoprono che sono loro ad essersi aiutati da soli.
    Un giovane monaco raccontò di un incontro in cui Wu-Ming gli chiedeva: “Sai dirmi dov'è la mia casa?” confuso come lo spirito della domanda. Il monaco replicò: “La casa di cui parli si trova nel mondo relativo del tempo e del luogo o intendi la Casa Originale della Natura di Buddha che tutto pervade?”
    Fermandosi un attimo a considerare la domanda, Wu-Ming lo osservò e sorridendo, come solo lui era capace, disse: “Si”.
     
    Top
    .
0 replies since 11/6/2014, 16:51   73 views
  Share  
.