Termini Chiave dell'Insegnamento Soto Zen

dal sito della Sotoshu – Scuola Zen Soto

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  1. Losang
     
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    Penso che concetti come shikantaza, andrebbero innanzi tutto spiegati agli occidentali in termini comprensibili agli occidentali, tenendo conto del nostro punto di vista occidentale. In questo gli orientali sono decisamente poco adatti, non conoscendo tutte le implicazioni (benché siano stati occidentalizzati in modo massiccio, non sono in grado di cogliete tutte le implicazioni del nostro procedere logico/culturale) che alcuni termini hanno nella nostra cultura. Questi concetti necessitano di spiegazioni molto estese (che mi sembrano ancora poco sviluppate in Occidente) se non si vuole che vengano interpretate dagli occidentali in senso quietista.

    Se le zen ci porta al quietismo, allora è perfettamente inutile andarsi ad impegolare con una tradizione asiatica, così lontana dal nostro crogiolo culturale; bastava studiare Miguel de Molinos oppure dar retta a madame Jeanne Guyon.

    Forse vi è altro nello zen e nella pratica zen, e questo andrebbe spiegato o meglio andrebbe colto e poi spiegato, se si vuol dare senso alla radicale scelta della pratica zen per uomini immersi nella cultura europea. Salvo essersi lasciato irretire dal defunto movimento new age e dal fascino per l'esotismo, questo lavora andrebbe fatto con urgenza.

    Cosa può capire un praticante occidentale delle affermazioni di Dogen:
    L’abate (Nyojo) ha insegnato: ‘La pratica zazen (sanzen) è abbandono di corpo e mente. Non avete bisogno di bruciare l’incenso, di rendere omaggio, di fare nembutsu, di fare penitenza, o di leggere i sutra. Solo e soltanto di sedere con tutto se stesso.

    Queste parole vanno lette e capite nel loro contesto. Ben sapendo come nel periodo Kamakura in Giappone, la nuova esigenza richiedeva al posto di pratiche ormai troppo difficili e troppo complesse, il dar credito ad una sola di queste pratiche, eleggendola come l'unica e superiore pratica. Il nenbutsu per Shinran, il daimoku (il nome del Sutra) per Nichiren e lo zazen per Dogen. Shinran e Dogen sono in perfetto accordo nel considerare la pratica non un mezzo per l'illuminazione ma come la manifestazione della raggiunta realizzazione. Ma questo è difficile da capire e da praticare, infatti molti lo scambiano per quietismo.


    Ancora per fare un esempio che esuli dallo zen, bisogna che i praticanti occidentali del vajrayana, abbiano una comprensione netta e precisa della differenza tra la magia occidentale e il vajrayana orientale. In questo, i maestri vajra orientali, sono nell'impossibilità di fare questa distinzione con competenza sufficiente, non avendo praticamente nessuna conoscenza della magia occidentale. Questo ha portato alla totale confusione: molti sono passati semplicemente dal vajrayana alla magia (accusando i Lama di non insegnare magia in senso occidentale), mentre altri fanno salti mortali per rendere magico (inteso come magismo occidentale) il vajrayana. Ambedue le posizioni sono profondamente sbagliate, e questo è la conseguenza dell'abissale ignoranza di cosa sia la magia occidentale e cosa sia il vajrayana orientale. Se il vajrayana fosse solamente una pratica magica, questo renderebbe inutile il vajrayana, bastava praticare magia occidentale che si trova in abbondanza nelle nostre contrade; come se lo zen fosse solamente una pratica quietista, bastava avvicinare il quietismo occidentale e l'opera di Miguel de Molinos. Dobbiamo prendere coscienza della differenza, e dell'importanza reale delle pratiche del buddhadharma, pratiche che non trovano nessun equivalente vivente (inteso come praticabile al giorno d'oggi) in Occidente. In caso contrario inutile rivolgersi ad Oriente.

    Salvo piegarsi al consumismo e considerare il buddhadhrama come un articolo in più del supermercato dello spiritualismo, settore orientalistica e cineserie... bisogna cominciare ad impegnarsi nell'evidenziare le dovute differenze.
     
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75 replies since 12/11/2012, 08:59   1153 views
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