Il Buddhismo e l'illusione del tempo

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    Nel caso che passasse di quì qualche esperto, io ci capisco ben poco, c'è un libro importante da leggere aggratis:

    H. Dieter Zeh
    THE PHYSICAL BASIS OF
    THE DIRECTION
    OF TIME

    CITAZIONE
    This is a great book. It engages the reader in a philosophical meditation on time (much clearer,
    and in my opinion deeper than Heidegger’s “Being and Time”). It is moreover a learned book
    in which every necessary physical or mathematical argument is given explicitly and cleanly.
    I learned much from it and nothing that I happened to know was missing
    (Roland Omnès).

    http://alpha.sinp.msu.ru/~panov/LibBooks/T...ition(2007).pdf

    Edited by fajuzi - 25/6/2013, 11:48
     
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    La decostruzione del tempo
    di Craig Callender
    “Le Scienze”, n. 504, agosto 2010, pp. 57-63
    Mentre leggete questa frase state probabilmente pensando che questo momento,
    proprio adesso, è ciò che sta accadendo. Il momento attuale sembra speciale. È reale.
    Per quanto ricordiate il passato o anticipiate il futuro, vivete nel presente. Certo, il
    momento in cui avete letto la frase precedente adesso non è più in corso. Lo è questo,
    invece. In altre parole, si ha l’impressione che il tempo fluisca, nel senso che il presente
    si aggiorna di continuo. Abbiamo una profonda intuizione del fatto che il futuro sia
    aperto fino a quando non diventa presenta e che il passato sia fisso. Con il fluire del
    tempo questa struttura di passato fisso, presente immediato e futuro aperto viene
    trasportata nel tempo. Questa struttura è parte integrante del nostro linguaggio, pensiero
    e comportamento. E da questa struttura dipende il modo in cui viviamo la nostra vita.
    Questo modo di pensare è naturale, ma in realtà non ha un fondamento scientifico.
    Le equazioni della fisica non ci dicono quali eventi si stanno verificando proprio adesso:
    sono come una mappa senza l’indicazione “voi siete qui”. In queste equazioni non esiste
    il momento attuale, e quindi nemmeno il fluire del tempo. Inoltre, la teoria della
    relatività di Einstein suggerisce non solo che non esiste un singolo presente speciale, ma
    anche che tutti i momenti sono ugualmente reali. In sostanza, il futuro non è più aperto del
    passato (si veda Come costruire una macchina del tempo, di Paul Davies, in “Le
    Scienze”, n. 411, novembre 2002).
    La differenza tra l’idea scientifica e la nostra idea quotidiana del tempo ha
    appassionato pensatori di epoche diverse, e si è fatta sempre più grande via via che i
    fisici hanno privato il tempo della maggior parte delle proprietà che gli attribuiamo.
    Adesso il divario sta raggiungendo la sua conclusione logica, visto che ormai secondo
    molti fisici teorici il tempo addirittura non esiste.
    L’idea di una realtà senza tempo è tanto sbalorditiva che è difficile capire come
    possa essere coerente. Quel che facciamo, lo facciamo nel tempo. Il mondo è una serie
    di eventi collegati tra loro dal tempo. Ognuno di noi osserva i propri capelli diventare
    più grigi, gli oggetti che si spostano e così via. Vediamo il cambiamento, e il
    cambiamento è la variazione di qualche proprietà rispetto al tempo.
    Non tutti i fisici pensano che il mondo sia privo di tempo. Una delle idee alternative più
    interessanti è la teoria degli insiemi causali, sviluppata da Rafael Sorkin e David Rideout del
    Perimeter Institute for Theoretical Physics, in Ontario. Questa teoria suppone che il mondo sia un insieme di eventi, detto causet (da causal set, insieme causale), che cresce via via che
    nuovi eventi iniziano a esistere, seguendo regole probabilistiche. La speranza è che il
    processo riproduca le caratteristiche dello spazio-tempo che percepiamo, compreso lo scorrere del tempo. La domanda che rimane aperta, però, è se questo processo produca mondi
    compatibili con la teoria della relatività.
    Alcune recenti ricerche tentano proprio di fornire questa spiegazione. A un livello
    fondamentale il tempo può non esistere, ma può comparire a livelli superiori, come un
    tavolo appare solido sebbene sia un insieme di particelle composto per la maggior parte
    da spazio vuoto. La solidità è una proprietà collettiva, o emergente, delle particelle.
    Anche il tempo potrebbe essere una proprietà emergente degli ingredienti basilari del
    mondo, quali che siano.
    L’idea di tempo emergente ha lo stesso potenziale rivoluzionario dello sviluppo della
    teoria della relatività e della meccanica quantistica, avvenuto un secolo fa. Einstein
    aveva detto che la riconcettualizzazione del tempo era stata fondamentale per lo
    sviluppo della relatività. Oggi, mentre tentano di unificare relatività e meccanica
    quantistica, i fisici ritengono che il tempo sia di nuovo centrale. Nel 2008 il
    Foundational Questions Institute (FQXi) ha sponsorizzato un concorso per un saggio
    sulla natura del tempo a cui hanno partecipato numerosi grandi nomi della fisica. Molti
    scienziati hanno sostenuto che una teoria unificata descriverà un mondo senza tempo,
    altri sono stati restii a fare a meno del tempo, tutti sono stati d’accordo sul fatto che
    senza una riflessione profonda sul tempo potrebbe essere impossibile procedere verso
    una teoria unificata.
    Ascesa e caduta del tempo
    Nel corso dei secoli, la ricca idea del tempo che ci viene dall’intuito si è impoverita.
    In fisica, il tempo svolge diversi compiti, ma con il progredire di questa scienza i
    compiti del tempo sono stati via via assegnati ad altro.
    Può non essere subito ovvio, ma le leggi del moto di Isaac Newton richiedono che il
    tempo abbia molte caratteristiche specifiche. In linea di principio tutti gli osservatori
    concordano sull’ordine in cui si svolgono gli eventi. Indipendentemente da quando e
    dove si verifichi un evento, la fisica classica assume che sia possibile dire
    oggettivamente se è avvenuto prima, dopo o simultaneamente a un qualsiasi altro
    evento nell’universo. Il tempo quindi ordina tutti gli eventi del mondo. La simultaneità
    è assoluta: è un fatto indipendente dall’osservatore. Inoltre, per poter definire velocità e
    accelerazione il tempo deve essere continuo.
    Per poter dire quanto sono lontani nel tempo due eventi, il tempo classico deve anche
    avere un concetto di durata: quello che i fisici chiamano una metrica. Per affermare che
    Usain Bolt può arrivare a correre a 43 chilometri all’ora, dobbiamo essere in grado di
    misurare quanto è un’ora. Anche la durata degli eventi è indipendente dagli osservatori.
    Se Alice e Bob escono da scuola alle 15, vanno ognuno per proprio conto e poi si
    incontrano a casa alle 18, la quantità di tempo trascorsa per Alice è uguale a quella
    trascorsa per Bob.
    In sostanza, per Newton il mondo ha un orologio universale, che ripartisce il mondo
    in istanti di tempo in modo unico e oggettivo. La fisica di Newton ascolta il ticchettio di
    questo orologio e nient’altro. Inoltre, secondo Newton, il tempo scorre fornendoci una
    freccia grazie alla quale sappiamo qual è la direzione del futuro. Queste caratteristiche
    aggiuntive però non sono strettamente necessarie per le leggi che ha elaborato.
    Il tempo di Newton può sembrare ormai una banalità, ma in realtà a pensarci bene è
    sorprendente. Le sue numerose caratteristiche – ordine, continuità, durata, simultaneità,
    flusso e freccia – sono separabili dal punto di vista logico, eppure si trovano tutte
    insieme nell’orologio universale che Newton ha chiamato “tempo”. Questa unione di
    caratteristiche ha avuto tanto successo da sopravvivere per quasi due secoli.
    Poi sono arrivati gli attacchi della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo. Il primo
    è stato il lavoro del fisico austriaco Ludwig Boltzmann, per il quale, visto che le leggi di
    Newton funzionano sia avanti sia indietro nel tempo, il tempo non ha una freccia
    predefinita. In alternativa Boltzmann propose che la distinzione tra passato e futuro non
    fosse intrinseca al tempo ma nascesse da asimmetrie nel modo di organizzazione della
    materia nell’universo. Anche se i dettagli della proposta sono ancora oggetto di
    discussione (si veda Le origine cosmiche della freccia del tempo di Sean M. Carroll, in
    “Le scienze” n. 480, agosto 2008), senza dubbio Boltzmann ha cassato una delle
    proprietà del tempo newtoniano.
    Il secondo attacco è arrivato da Einstein, che ha eliminato l’idea di simultaneità
    assoluta. Secondo la relatività ristretta, la simultaneità di due eventi dipende dalla
    velocità a cui ci muoviamo. L’arena degli eventi non è il tempo o lo spazio, ma la loro
    unione: lo spazio-tempo. Due osservatori che si muovono a velocità diverse sono in
    disaccordo su quando e dove si sia verificato un evento, ma concordano sula sua
    posizione nello spazio-tempo. Spazio e tempo sono concetti secondari, “destinati a
    sbiadire fino a diventare semplici ombre”, come ha detto il matematico Hermann
    Minkowski, uno dei docenti universitari di Einstein.

    Le cose sono peggiorate nel 1915, con la teoria generale della relatività, che estende
    la relatività ristretta alle situazioni in cui agisce la gravità. La forza di gravità deforma il
    tempo, quindi il trascorrere di un secondo in due luoghi differenti può non avere lo
    stesso significato. Solo in rari casi è possibile sincronizzare gli orologi e farli rimanere
    tali, anche dal punto di vista teorico. In generale non è possibile pensare al mondo come
    se evolvesse un istante dopo l’altro, seguendo un unico parametro temporale. In
    situazioni estreme, può essere impossibile ripartire il mondo in istanti temporali. Allora
    diventa impossibile dire se un evento si sia verificato prima o dopo un altro.
    La relatività generale contiene molte funzioni in cui compare la parola “tempo”: il
    tempo coordinato, il tempo proprio, il tempo universale. Insieme svolgono molti
    compiti svolti dall’unico tempo di Newton, ma nessuno da solo sembra degno del titolo.
    O la fisica non dà ascolto a questi orologi o, se lo fa, questi orologi si applicano solo a
    piccole zone dell’universo o a singoli osservatori. Oggi i fisici sono preoccupati dal
    fatto che una teoria unificata debba eliminare il tempo, ma possiamo affermare che il
    tempo si era perso già nel 1915, e che ancora non ce ne siamo fatti una ragione.

    Il tempo come grande narratore
    Ma allora a che serve il tempo?
    Si potrebbe dire che la differenza tra spazio e tempo sia quasi sparita e che la vera
    arena degli eventi in un universo relativistico sia un grosso blocco quadridimensionale.
    Sembra che la relatività spazializzi il tempo, trasformandolo in un’ulteriore direzione
    all’interno del blocco. Lo spazio-tempo è come una pagnotta che si può affettare in vari
    modi, chiamati “spazio” o “tempo” quasi arbitrariamente.
    Ma anche nella relatività generale il tempo ha una funzione distinta e importante:
    distingue localmente tra direzioni di “tipo tempo” e di “tipo spazio”. Gli eventi con una
    relazione di tipo tempo possono avere tra loro un nesso causale. Sono eventi per cui un
    oggetto o un segnale può passare da uno all’altro, influenzando ciò che accade. Gli
    eventi con una relazione di tipo spazio, invece, non sono collegati in modo causale.
    Nessun oggetto o segnale può passare dall’uno all’altro. Dal punto di vista matematico
    c’è solo un segno meno che distingue le due direzioni, eppure questo segno meno ha
    effetti enormi. Gli osservatori sono in disaccordo sulla successione degli eventi di tipo
    spazio, ma tutti concordano sugli eventi di tipo tempo. Se un osservatore percepisce che
    un evento può causarne un altro, allora lo percepiscono tutti gli osservatori.
    Nel mio saggio per il concorso del FQXi, ho esaminato il significato di questa
    proprietà del tempo. Immaginiamo di suddividere a fette lo spazio-tempo dal passato al
    futuro. Ogni fetta è la totalità tridimensionale dello spazio in un istante del tempo.
    L’unione di tutte queste fette di eventi con una relazione di tipo spazio è lo spaziotempo quadridimensionale. In alternativa, immaginiamo di guardare l’universo da un
    lato e di affettarlo. Da questa prospettiva ogni fetta tridimensionale è un amalgama di
    eventi con una relazione di tipo spazio (in due sole dimensioni) e di eventi con una
    relazione di tipo tempo. Questi due modi di affettare lo spazio-tempo corrispondono a
    tagliare una pagnotta verticalmente oppure orizzontalmente.
    Il primo modo è familiare ai fisici, per non parlare degli spettatori di un film. I
    fotogrammi rappresentano fette di spazio-tempo: mostrano lo spazio in momenti
    temporali successivi. Gli appassionati di cinema capiscono subito la trama del film e
    prevedono cosa accadrà; allo stesso modo i fisici possono prendere una fetta dello
    spazio e ricostruire cosa accade nelle altre fette applicando le leggi della fisica.
    Il secondo modo non ha un’analogia così semplice, visto che corrisponde ad affettare
    lo spazio-tempo non dal passato al futuro ma da est a ovest. Un esempio di una di
    queste fette potrebbe essere la parete nord della vostra casa insieme a ciò che succederà
    in futuro su questa parete. A partire da questa fetta applichiamo le leggi della fisica per
    ricostruire come è fatto il resto della casa (e dell’universo). Se sembra strano, è giusto
    che lo sia. Non è subito ovvio se le leggi della fisica ci permettano di farlo o no. Ma
    come di recente hanno dimostrato il matematico Walter Craig della McMaster
    University e il filosofo Steven Weinstein dell’Università di Waterloo, in Canada, tutto
    questo è possibile, almeno in alcune situazioni semplici.
    I due modi di affettare lo spazio-tempo sono profondamente diversi, sebbene siano
    entrambi possibili, in linea di principio. Nelle normali fette dal passato al futuro i dati
    che è necessario raccogliere su una fetta sono abbastanza facili da ottenere. Per
    esempio, si misurano le velocità di tutte le particelle. La velocità di una
    particella in una posizione è indipendente dalla velocità di un’altra particella in una
    posizione diversa, il che rende semplici le due misurazioni. Nel secondo modo, invece,
    le proprietà delle particelle non sono indipendenti, ma si devono impostare in modo ben
    preciso, altrimenti una sola fetta non basterebbe per ricostruire le altre. Per ottenere i
    dati necessari bisognerebbe fare misurazioni congiunte estremamente difficili. Inoltre,
    queste misurazioni sulle particelle permetterebbero di ricostruire lo spazio-tempo solo
    in alcuni casi speciali, come quello scoperto da Craig e Weinstein.
    Per essere precisi, il tempo è la direzione all’interno dello spazio-tempo in cui è
    possibile fare buone previsioni: la direzione in cui possiamo raccontare le storie più
    ricche di informazione. La narrazione dell’universo non si sviluppa nello spazio, si
    sviluppa nel tempo.
    Tempo quantistico
    Uno degli obiettivi più importanti della fisica è l’unione tra relatività generale e
    meccanica quantistica, per avere un’unica teoria che tratti sia gli aspetti gravitazionali
    sia quantistici della materia: la teoria quantistica della gravità. La meccanica quantistica
    richiede però che il tempo abbia proprietà in contraddizione con quanto scritto finora.
    La meccanica quantistica afferma che gli oggetti hanno un insieme di comportamenti
    molto più ricco rispetto a quello descritto da grandezze classiche come posizione e
    velocità. La descrizione completa di un oggetto è data da una funzione matematica, uno
    “stato quantico”, che evolve nel tempo. Grazie allo stato quantico i fisici calcolano le
    probabilità di qualsiasi esito sperimentale in qualsiasi istante. Se facciamo passare un
    elettrone in un apparecchio, da cui verrà deviato in alto o in basso, la meccanica
    quantistica potrebbe non dirci con certezza quale sarà l’esito. Lo stato quantico può
    darci solo le probabilità dei vari esiti: per esempio una probabilità del 25 per cento che
    vada verso l’alto e una del 75 per cento che vada verso il basso. Due sistemi descritti da
    stat quantici identici possono evolvere in modi diversi. L’esito degli esperimenti è
    probabilistico.
    Le previsioni probabilistiche della teoria richiedono che il tempo abbia certe
    caratteristiche. Innanzitutto, il tempo è ciò che rende possibili le contraddizioni. Un
    dado non può mostrare sulla stessa faccia allo stesso tempo 5 e 3; può farlo soltanto in
    momenti diversi. Collegato a questa proprietà c’è il fatto che le probabilità di avere
    come risultato ognuno dei sei numeri devono avere come somma il 100 per cento,
    altrimenti il concetto di probabilità non avrebbe senso. Le probabilità si sommano
    rispetto a un certo istante, non rispetto a uno stesso luogo. E questo è vero anche per le
    probabilità di una data posizione o di una data quantità di moto per le particelle
    quantistiche.
    Inoltre, l’ordine delle misurazioni quantistiche è essenziale. Supponiamo di far
    passare un elettrone in un apparecchio che prima lo deflette lungo la direzione verticale e
    poi lungo quella verticale. Quando riemerge ne misuriamo il momento angolare.
    Ripetiamo l’esperimento, questa volta deflettendo l’elettrone prima orizzontalmente e
    poi verticalmente. I valori di momento angolare ottenuti saranno molto diversi.
    Infine, uno stato quantico fornisce probabilità per tutto lo spazio in un dato istante.
    Se lo stato riguarda una coppia di particelle, la misurazione istantanea di una delle
    particelle ha effetto sull’altra, indipendentemente da dove si trovi. Ciò
    porta all’“inquietante azione a distanza”, che tanto infastidiva Einstein. Infatti, se le
    particelle agiscono simultaneamente l’una sull’altra, allora l’universo deve avere un
    orologio globale, proibito esplicitamente dalla relatività (si veda Sfida quantistica alla
    relatività speciale, di David Z. Albert e Rivka Galken, in “Le Scienze”, n. 489, maggio
    2009).
    Alcune questioni sono controverse, ma il tempo della meccanica quantistica è un
    ritorno al tempo della meccanica newtoniana. I fisici sono turbati dall’assenza del tempo
    nella relatività. Forse, però, il ruolo centrale del tempo nella meccanica quantistica è un
    problema peggiore, ed è il motivo per cui l’unificazione è tanto difficile.
    Che fine ha fatto il tempo?
    Numerose aree di ricerca hanno provato a conciliare relatività generale e meccanica
    quantistica: la teoria delle superstringhe, la teoria della triangolazione causale, la
    geometria non commutativa e altre ancora. In linea di massima, si dividono in due
    gruppi. I fisici che ritengono che la meccanica quantistica fornisca le basi più solide,
    come gli studiosi delle superstringhe, partono da un tempo allo stato puro. Quelli che
    credono che il miglior punto di partenza sia la relatività generale iniziano con una teoria
    in cui il tempo è già declassato, perciò sono più aperti all’idea di una realtà senza
    tempo.
    In verità, la distinzione tra questi due approcci è sfumata. Gli studiosi delle
    superstringhe hanno analizzato teorie prive del tempo. Ma, per rendere l’idea dei
    problemi posti dal tempo, mi concentrerò sul secondo approccio. L’esempio principale
    di questa strategia è la gravità quantistica a loop (si veda Atomi dello spazio e del tempo,
    di Lee Smolin, in “Le scienze”, n. 426, febbraio 2004), che deriva dalla cosiddetta
    gravità quantistica canonica.
    La gravità quantistica canonica è stata sviluppata negli anni Cinquanta e Sessanta,
    quando i fisici hanno riscritto le equazioni di Einstein per la gravità nella stessa forma
    delle equazioni per l’elettromagnetismo, pensando di applicare alla gravità le stesse idee
    usate per sviluppare la teoria quantistica dell’elettromagnetismo. Alla fine degli anni
    Sessanta John Wheeler e Bryce DeWitt hanno messo in pratica questa procedura,
    ottenendo un risultato molto strano. Nell’equazione (chiamata equazione di Wheeler-
    DeWitt) mancava la variabile temporale. Il simbolo t del tempo era scomparso.
    Per lungo tempo i fisici sono rimasti disorientati. Come era possibile che il tempo
    sparisse? A pensarci bene, il risultato non era sorprendente. Come ho già accennato, il
    tempo era quasi scomparso dalla relatività generale prima che i fisici tentassero di unire
    la relatività alla meccanica quantistica.
    Se si prende alla lettera il risultato, il tempo non esiste. Carlo Rovelli
    dell’Université de la Méditerranée di Marsiglia, uno dei fondatori della gravità
    quantistica a loop, ha intitolato il suo saggio per il FQXi Forget Time. Rovelli e il fisico
    britannico Julian Barbour sono i più illustri sostenitori di questa idea. Hanno cercato di
    riscrivere la meccanica quantistica facendo a meno del tempo, come pare necessario per
    la relatività.
    Rovelli e Barbour ritengono che l’impresa sia possibile perché, sebbene la relatività
    generale sia priva di tempo globale, riesce a descrivere il cambiamento correlando i
    sistemi fisici tra loro invece che a un’idea astratta di tempo globale. Negli esperimenti
    mentali di Einstein determinano i tempi degli eventi confrontando i rispettivi orologi
    usando segnali luminosi. Possiamo descrivere le variazioni nella posizione di un
    satellite in orbita attorno alla Terra in termini di ticchettii dell’orologio di cucina, o
    viceversa. Quel che stiamo facendo è descrivere le correlazioni tra due oggetti senza
    usare un tempo globale come intermediario. Invece di dire che il colore dei capelli varia
    con il tempo, possiamo correlarlo con l’orbita del satellite. Invece di dire che una
    pallina accelera di dieci metri al secondo al secondo, possiamo descriverla in termini del
    mutamento di un ghiacciaio. E così via. Il tempo diventa ridondante. Il cambiamento
    può essere descritto senza tempo.
    Questa enorme rete di correlazioni è organizzato in modo ordinato, quindi possiamo
    definire qualcosa chiamato “tempo” e riferire tutto a esso, senza tenere traccia di tutte le
    relazioni dirette. I fisici sono in grado di sintetizzare il funzionamento dell’universo
    in termini di leggi fisiche che si svolgono nel tempo. Ma questa comodità non deve
    ingannarci, facendoci pensare che il tempo sia un componente fondamentale della
    struttura dell’universo. Anche il denaro rende la vita molto più semplice rispetto ai
    baratti, ma è un’etichetta inventata, che assegniamo alle cose a cui attribuiamo un
    valore, non qualcosa che per noi ha un valore di per sé. Analogamente il tempo
    permette di correlare sistemi fisici tra loro senza dover calcolare il rapporto tra un
    ghiacciaio e una pallina. Ma anche il tempo è un’invenzione comoda, che non esiste in
    natura più di quanto esista il denaro.
    Sbarazzarsi del tempo ha il suo fascino, ma comporta numerosi inconvenienti
    collaterali. Innanzitutto, richiede il ripensamento completo della meccanica quantistica.
    Consideriamo il famoso caso del gatto Schrödinger. Il gatto è sospeso tra la vita e la
    morte: il suo destino dipende dallo stato di una particella quantistica. In genere, si dice
    che il gatto è vivo o morto in funzione del risultato di una misurazione o di un processo
    equivalente. Invece, Rovelli direbbe che lo stato del gatto non si risolve mai. La povera
    bestia potrebbe essere morto rispetto a se stesso, vivo rispetto a un essere umano che si
    trova nella stanza morto rispetto a un secondo essere umano fuori
    dalla stanza e così via.
    Una cosa è che il momento della morte del gatto dipenda dall’osservatore, come dice
    la relatività ristretta. Un’altra, ancora più sorprendente, è che il suo verificarsi o meno
    sia relativo, come suggerisce Rovelli, seguendo lo spirito della relatività. Dato che il
    tempo è fondamentale, bandirlo trasformerebbe il modo in cui i fisici vedono il mondo.
    Recuperare il tempo
    Il mondo è privo di tempo e, tuttavia, sembra che il tempo faccia parte del mondo.
    Spiegare perché il mondo sembra temporale è una questione pressante per chiunque
    abbracci la gravità quantistica priva di tempo. Anche la relatività generale è priva del
    tempo newtoniano, ma almeno ha vari sostituti parziali che, presi insieme, si
    comportano come il tempo newtoniano, quando la gravità è debole e le velocità relative
    sono basse. L’equazione di Wheeler-DeWitt è priva anche di questi sostituti. Barbour e
    Rovelli hanno proposto idee sul modo in cui il tempo (o almeno l’illusione del tempo)
    possa comparire dal nulla. Ma la gravità quantistica canonica già offre un’idea più
    sviluppata.
    Noto come tempo semiclassico, risale a un articolo del 1931 del fisico britannico
    Nevill F. Mott che descriveva la collisione tra un nucleo di elio e un atomo più grande.
    Per ottenere un modello del sistema, Mott aveva applicato un’equazione in cui non
    compare il tempo, e che di solito solo a sistemi statici. Poi aveva diviso il sistema in due
    sottosistemi e aveva usato il nucleo di elio come “orologio” per l’atomo. Il risultato
    notevole è che l’atomo obbedisce, rispetto al nucleo, alle equazioni della meccanica
    quantistica dipendenti dal tempo. Una funzione dello spazio svolge il ruolo del tempo.
    Così, anche se il sistema nel suo complesso è privo di tempo, le singole parti non lo
    sono. Nell’equazione priva del tempo relativo al sistema totale si nasconde un tempo
    per il sottosistema.
    Qualcosa di simile funziona per la gravità quantistica, come spiega Claus Kiefer
    dell’Università di Colonia nel saggio per FQXi, proseguendo l’opera di Thomas Bank,
    dell’Università della California di Santa Cruz. L’universo può essere privo di tempo ma,
    se lo dividiamo in varie parti, alcune possono fare da orologio per le altre. Il tempo
    emerge dall’assenza di tempo. Percepiamo il tempo perché la nostra natura è di essere
    una di quelle parti.
    Per quanto questa idea di tempo sia interessante e sbalorditiva, pretendiamo ancora
    di più. L’universo non può sempre essere diviso in pezzi che facciano da orologi per gli
    altri. In questi casi la teoria non fa previsioni probabilistiche. Per affrontare queste
    situazioni servirà una teoria quantistica completa della gravità e un profondo
    ripensamento del tempo.
    Dal punto di vista storico, i fisici sono partiti dal tempo altamente strutturato
    dell’esperienza: il tempo con un passato fisso, un presente e un futuro aperto.
    Gradualmente, hanno smantellato questa struttura, di cui rimane poco o nulla. Ora
    devono invertire questo procedimento e ricostruire il tempo dell’esperienza a partire dal
    tempo della fisica non fondamentale, che a sua volta va ricostruito a partire da una rete
    di correlazioni tra le parti di un mondo fondamentalmente statico.
    Il filosofo francese Maurice Merleau-Ponty ha affermato che il tempo in realtà non
    scorre di per sé e che il suo scorrere apparente è un risultato del fatto che “poniamo
    surrettiziamente nel fiume un testimone del suo corso”. Quindi, la tendenza a credere
    che il tempo scorra è dovuta al fatto che dimentichiamo di inserire nella
    rappresentazione noi stessi e i nostri collegamenti con il mondo.
    Merleau-Ponty parlava della nostra esperienza soggettiva del tempo. Fino a poco tempo
    fa – ironia del linguaggio… – nessuno avrebbe immaginato che lo stesso tempo
    oggettivo si potesse spiegare come risultato di questi collegamenti. Forse il
    tempo esiste solo dividendo il mondo in sottosistemi ed esaminando poi cosa li tiene
    insieme. In questa rappresentazione il tempo fisico emerge perché ci consideriamo
    separati da ogni cosa.

    Letture
    Rovelli C., Relational Quantum Mechanics, in “International Journal of Theoretical
    Physics”, vol. 35, n. 8, pp. 1637-1678, agosto 1996. Disponibile all’indirizzo:
    www.arxiv.org/abs/quant-ph/9609002/.
    Healey R., “Can Physics Coherently Deny the Reality of Time?”, in Time Reality
    and Experience, Callender C. (a cura), Università di Cambridge, Cambridge 2002.
    Smolin L, Three Road to Quantum Mechanics, Basic Book, New York 2002.
    Barbour J., La fine del tempo. Einaudi, Torino 2003.
    Greene B., La trama del cosmo. Spazio, tempo, realtà, Einaudi, Torino 2004.
    Callender C., Introducing Time, Totem Books 2005.
    Musser G., The Complete Idiot’s Guide to String Theory, Alpha 2008.
    Carrol S.M.G., From Eternity to Here: The Quest for the Ultimate Theory of Time,
    Dutton 2010.
    Kiefer C., Does Time Exist in Quantum Gravity,
    www.fqxi.org/community/forum/topic/265
    Rovelli C., Forget Time, www.fqxi.org/community/forum/topic/237
    Callender C., Time Special, www.fqxi.org/community/forum/topic/302
    (traduzione di G. Gewurz)
     
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    A succession of feelings, in and of itself, is not a feeling of succession. (William James)

    (Una successione di sensazioni, in sé e per sé, non è una sensazione di successione).

    The duration of sensation and the sensation of duration are different.
    And it is the same with [succession]. The succession of sensations and
    the sensations of succession are not the same. (Husserl)

    Giusto. O no?
     
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    Chi ha il tempo?
    Quando mai ce lo prendiamo (il tempo)?

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