Libertà per il Tibet , democrazia per la Cina!

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    2nov2011
    TORCE UMANE IN TIBET

    ROMA 2 NOVEMBRE – PIAZZA MONTECITORIO ORE 15

    MANIFESTAZIONE DI SOLIDARIETA’ AI MARTIRI DEL TIBET

    IMMOLATI PER LA LIBERTA’ DEL LORO PAESE


    18 di ottobre di quest’anno sul web appare una foto terribile.
    19477004_th
    Il corpo carbonizzato di Tenzing Wangmo giace, ancora fumante, riverso e rigido su un prato verde. Sullo sfondo si vede un piccolo gruppo di monache che corre verso i poveri resti ormai senza vita.
    Fino a quel giorno le autorità cinesi, per le quali la menzogna e la negazione dell’evidenza sono uno degli sport più praticati, avevano sostenuto che tutte le notizie che filtravano da Ngaba – notizie che raccontavano di una situazione di repressione drammatica che aveva portato ad immolarsi col fuoco ben nove giovani sotto i vent’anni – erano frutto di fantasia ed erano messe in giro per denigrare il governo di Pechino.
    Al contrario – dicevano - Ngaba è una tranquilla e laboriosa cittadina del Sichuan dove tutto è rose e fiori.
    Oggi le autorità cinesi stanno inviando truppe aggiuntive in tenuta antisommossa e dotate di estintori a Nagba e a Lhasa e gridano furiosi al complotto. Sono già in rete filmati che testimoniano l’apparato repressivo messo in moto da Pechino.
    I cinesi accusano il Dalai Lama di istigare i giovani tibetani a darsi fuoco e si permettono, proprio loro, di rilevare addirittura che questi sono gesti violenti che vanno contro la morale buddista (sic) e che costituiscono una forma di terrorismo mascherato.
    Ecco dunque un altro pretesto per aumentare la repressione e annunciare ulteriori “misure restrittive” in Tibet.
    Come sempre Pechino risponde con l’arroganza e la forza, chiudendo gli occhi e negando quello che da sessanta anni a questa parte il popolo tibetano ha cercato di ricordare a loro e al mondo: la brutale e sanguinosa occupazione di un paese libero, la sistematica violazione dei diritti dei tibetani, gli arresti e le detenzioni, le torture e gli aborti forzati…
    Per Pechino i tibetani stanno benissimo e sorridono al loro futuro sotto l’illuminata guida del Partito Comunista Cinese.
    Ma allora perché, da marzo a oggi, ben nove giovani si sono cosparsi di benzina e dati fuoco al grido di “Tibet Libero”? Cinque di questi sono morti per le ustioni riportate:
    Chi descrive la morte di Tenzing racconta della ragazza che camminava tre le fiamme gridando slogan contro il regime cinese e pregando per il ritorno del Dalai Lama.
    Un gesto disperato che solo la disperazione può spingere un essere umano a compiere.

    Il 2 di novembre a Roma, dalle ore 15.00, davanti a Montecitorio, ci sarà una pacifica manifestazione promossa dalla Comunità Tibetana in Italia e dall’Associazione Italia-Tibet in ricordo di questi giovani martiri tibetani.


    Una manifestazione che vuole ricordare a Pechino e al mondo libero che il problema del Tibet non si risolverà mai con la brutale repressione e la propaganda menzognera cui, peraltro, nessuno crede più. Finché la Cina continuerà nella sua ottusa e cocciuta negazione del “problema Tibet” lo spirito e l’eroismo dei tibetani saranno sempre lì, indomiti e coraggiosi emblemi di un popolo che non intende farsi “normalizzare”.
    Neppure le più che accomodanti proposte del Dalai Lama in questi anni sono state accettate da Pechino, che anzi le rigetta come un tentativo subdolo di attentare all’unità della madre patria. E pensare che il Dalai Lama è per Pechino un’assicurazione, forse l’unica, che la lotta del Tibet non degeneri in forme di violenza aperta o addirittura di terrorismo.
    Sosteniamo il popolo del Tibet, i suoi diritti e la sua pacifica lotta contro il regime di Pechino.
    Diamo un segnale forte alla Repubblica Popolare Cinese, all’arroganza di chi si ritiene ormai il padrone del mondo.



    COMUNITA’ TIBETANA IN ITALIA

    www.comunitatibetana.org



    ASSOCIAZIONE ITALIA-TIBET

    www.italiatibet.org




    Questi i tibetani che si sono auto immolati:








    Nome: Tenzin Wangmo

    Età: 20 anni

    Monastero: Dechen Choekorling nunnery

    Data della protesta: 17 Ottobre 2011

    Località: Ngaba

    Morta in loco



    Nome: Norbu Damdrul

    Età: 19 anni

    Monastero: ex Monaco di Kirti

    Data della protesta: 15 Ottobre 2011

    Località: Ngaba

    Non si hanno sue notizie (portato via dalla polizia)



    Nome: Kayang (aka Lhungyang)

    Monastero: ex Monaco di Kirti

    Età: 18 anni

    Data della protesta: 7 Ottobre 2011

    Località: Ngaba

    Morto l’8 Ottobre



    Nome: Choephel

    Monastero: ex Monaco di Kirti

    Età: 19 anni

    Data della protesta: 7 Ottobre 2011

    Località: Ngaba

    Morto l’11 Ottobre




    Nome: Kelsang Wangchuk

    Monastero: Kirti monastery

    Età: 17 anni

    Data della protesta: 3 Ottobre 2011

    Località: Ngaba

    Ricoverato in ospedale



    Nome: Lobsang Kunchok

    Monastero: Kirti monastery

    Età: 18 o 19 anni

    Data della protesta: 26 Settembre 2011

    Località: Ngaba

    Ricoverato in ospedale



    Nome: Lobsang Kelsang

    Monastero: Kirti monastery

    Età: 18 o 19 anni

    Data della protesta: 26 Settembre 2011

    Località: Ngaba

    Ricoverato in ospedale



    Nome: Tsewang Norbu

    Monastero: Nyitso monastery, Tawu county, Kardze, Sichuan

    Età: 29 anni

    Data della protesta: 15 August 2011

    Località: Tawu

    Morto all’istante



    Nome: Phuntsok

    Monastero: Kirti monastery

    Età: 21 anni

    Data della protesta: 16 March 2011

    Località: Ngaba

    Morto il 17 marzo







    (dati forniti da: Tibet Society - <http://bit.ly/TSimcs>)
     
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  2. yeshe
     
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    sembra propio che non finisca , purtroppo siamo a dieci immolazioni.........................

    Fire spreads in Tibet – Monk self immolates in Kardze
    Phayul[Tuesday, October 25, 2011 15:56]
    By Sherab Woeser

    DHARAMSHALA, October 25: Phayul is receiving confirmed information from Tibet that another Tibetan monk self-immolated in an apparent protest against China’s occupation today.

    According to sources in exile, Dawa Tsering a 38 year-old monk from Kardze Monastery in eastern Tibet set himself ablaze at around 9.30 am local time.

    A monk from Sera Jey monastery in south India, Lobsang Dakpa, while confirming the news told Phayul that Dawa Tsering self-immolated within the walls of the Kardze Monastery.

    “Dawa Tsering was engulfed in flames as he shouted slogans for the return of His Holiness the Dalai Lama from exile and the re-unification of the Tibetan people,” Dakpa said.

    Chinese security personnel who have been stationed in the monastery since the 2008 pan-Tibet uprisings, arrived at the scene and doused the flames.

    According to sources, Dawa Tsering refused medical attention and is currently being described in critical condition with severe burn injuries.

    “When the Chinese police tried to take Dawa Tsering away, he cried and pleaded not to be taken away,” Dakpa said.

    As of now the situation in and around the monastery is being described as tense with monks protecting Dawa Tsering inside the monastery and armed Chinese security guards surrounding the monks and the monastery.

    This is the tenth instance since March this year when Tibetans inside Tibet have set themselves on fire demanding the return of the Dalai Lama from exile and protesting Beijing’s repressive policies in Tibet.

    DECIMO CASO DI AUTOIMMOLAZIONE NEL TIBET ORIENTALE

    Dharamsala, 25 ottobre 2011. Dal Tibet è arrivata in mattinata la notizia di un nuovo caso di auto immolazione. Dawa Tsering, trent’otto anni, un monaco del monastero di Kardze, nel Tibet orientale, si è dato fuoco alle 9.30, ora locale, durante l’esecuzione di una cerimonia di danze rituali all’interno dell’istituto religioso. Il primo, breve comunicato diffuso faceva sapere che il religioso era stato trasportato all’ospedale ma non si avevano notizie sul suo stato di salute né sulla località del ricovero. Si tratta del decimo episodio di auto immolazione di un tibetano dallo scorso 16 marzo.

    Più tardi si è appreso che, già avvolto dalle fiamme, Dawa chiedeva il ritorno del Dalai Lama dall’esilio e la riunificazione del popolo tibetano. La polizia cinese, subito accorsa, ha spento il fuoco. Secondo alcune fonti, Dawa ha rifiutato le cure mediche ed è descritto in gravi condizioni. “Quando la polizia ha cercato di prenderlo per trascinarlo fuori dal monastero” – si legge in un comunicato diffuso dal monastero di Sera in India – “Dawa supplicava di non essere portato via”. Al momento la situazione attorno al monastero di Kardze è tesa. I monaci proteggono il religioso ma le forze di sicurezza stazionano sia all’interno sia all’esterno del monastero.

    Si è appreso che il 19 ottobre, a Ngaba, i tibetani sono scesi per le strade per esprimere la loro solidarietà ai compatrioti – otto quelli residenti a Ngaba – che eroicamente si sono immolati per la libertà del loro paese. In gran numero, i tibetani di Ngaba e quelli dei vicini villaggi, vestiti con gli abiti tradizionali, hanno affollato le vie della città recitando mantra, preghiere e digiunando per l’intera giornata.

    Lo stesso giorno, a New Delhi, quattromila tibetani provenienti da tutta l’India e dal Nepal hanno partecipato a un raduno interreligioso di preghiera. Oltre duemila tra monaci e monache hanno capeggiato il corteo che da Ramlila ha raggiunto Jantar Mantar. Il 20 ottobre è stata la volta delle donne tibetane: in mille, comprese alcune parlamentari, numerose monache, studentesse e madri di famiglia, hanno percorso la stessa strada e ricordato la morte di Tenzin Wangmo, la monaca deceduta dopo essersi data fuoco. Il giorno successivo, oltre 1.500 giovani tibetani, alcuni dei quali avevano scritto sui loro corpi, dipinti di rosso a evocare le fiamme, i nomi di coloro che si sono auto immolati a Ngaba (nella foto). Prima delle manifestazioni, una delegazione di parlamentari tibetani si era recata presso i rappresentanti del governo indiano e presso diciassette ambasciate straniere per perorare la causa del Tibet e degli abitanti della Contea di Ngaba.

    Poche finora le prese di posizione della comunità internazionale ai tragici avvenimenti. Segnaliamo la dichiarazione a favore del rispetto dei diritti dei tibetani di un portavoce del Dipartimento di Stato americano e quella di un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, “attonito di fronte al crescente numero di episodi di auto immolazione”. Analoga dichiarazione è venuta da un senatore del Partito dei Verdi australiano.



    Fonti: Phayul – The Tibet Post - DIIR


     
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  3. yeshe
     
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    questo articolo sarà pubblicato domani sull’ Hindusthan Times.
    Il Tibet alla prova del fuoco.

    Il monaco tibetano Phuntsok tra i suoi amici era conosciuto come un tranquillo e timido novizio fino a quando un pomeriggio si mise a marciare per la strada, la tonaca impregnata di benzina, e si diede fuoco. La polizia corse verso di lui, lo bastonò con sbarre di ferro ed estinse le fiamme.
    Ma ormai il giovane monaco ventenne era già stato consumato dal fuoco.
    Era il 16 marzo scorso a Ngaba nell’Amdo,Tibet orientale, nel terzo anniversario dell’insurrezione del 2008 durante la quale in quella regione ai confini con la Cina morirono nove persone. Oggi la popolazione è controllata notte e giorno da polizia armata. Tra I Tibetani e il regime cinese vige un rapporto di paura e sospetto.
    La polizia antisomossa di Pechino, la (PAP) la polizia armata del popolo, cercò di rimuovere rapidamente il corpo carbonizzato di Phuntsok per nascondere l’evidenza. Monaci, monache, nomadi e contadini formarono immediatamente un muro formidabile di mille anime indomabili. Costretti a chiamare rinforzi entro la sera
    la PAP mise soto assedio il monastero di Kirti a Ngaba, l’Alma Mater di Phutsok. Questo monastero fondato 130 anni fa,con I suoi 2500 monaci, è uno dei centri più influenti di studi buddisti nel Tibet orientale. È qui che è avvenuta la recente immolazione di una monaca, Tenzin Wangmo , di 19 anni, la nona della serie, subito seguita a ruota il 25 Ottobre dal monaco Dawa Tsering del monastero di Kardze. Il decimo della lista. I manifesti sui muri avvertono – « altri seguiranno se continuerà la repressione».
    La protesta tramite autoimmolazione divenne un’icona grazie alle immagini prese da Malcom Browne nel 1963 di un monaco in fiamme durante la guerra in Vietnam. Thich Quang Duc, 66, voleva protestare contro il regime anti-buddhista del presidente Ngo Dihn nel Vietnam del Sud. La su immolazione fece storia e venne subito imitata da molti che in seguito si daranno fuoco per opporsi alla guerra dell’America contro il Vietnam del Nord.
    Fino ad allora la protesta tramite auto immolazione era stata
    praticata da cattolici, Buddisti Zen, Quackeri d’America e da vari gruppi in India. Nessuno qui potrà dimenticare la protesta contro la comissione Mandal da parte di Rajiv Goswami il 19 Settembre 1990.
    Quest’anno un povero fruttivendolo tunisino venne
    percosso e umiliato da un vigile urbano. Quando il governatore si rifiutò di riceverlo diede questo avvertimento –« Se non mi ricevono, mi darò fuoco !» Il giorno dopo , Bouazizi si cosparse di benzina e accese i fiammifero. Il suo atto provocò una manifestazione antigovernativa che dilagò come un incendio in tutto il Medio Oriente. Il Presidente Ben Ali venne destituito, dopo essere stato 23 anni al
    potere, e, a ruota, altri tiranni furono deposti o uccisi come il Colonnello Gheddafi nei giorni scorsi.
    L’atto di autoimmolazione di Bouazizi ispirò un movimento in tutto il Nord Africa. Il vento della rivoluzione del Gelsomino sta ancora soffiando sul mondo Arabo. Ma chi si ricorda che la prima autoimmolazione Buddhista di un monaco avvenne in Cina nel lontano 397 D.C. ?
    Lo storico cinese Jan Yuan-hua, educato in India e residente in Canada, nel suo saggio sull’ autoimmolazione buddhista nella Cina Medievale cita du biografi cinesi del quinto e del decimo secolo.
    Il professor Jan elenca più di 50 monaci che tentarono o commisero l’autoimmolazione. Il concetto di «wang-shen» o «yi-shen». Letteralmente –abbandono o perdita del corpo- era ispirato principalmente dal testo del Sutra del Loto importato dall’India. In questo Sutra si narra la storia di Bhaisaiyaraja, che raggiunse lo stato di Bodhisatva con il darsi fuoco. Si crede che, a causa della sua profonda devozione il fuoco che consumava il suo corpo durò
    per ben 1200 anni.
    Quello che in India era solo un atto teorico, per i devoti cinesi di Buddhismo più coraggiosi divenne una reale tradizione da mettere in pratica. Successivamente, nel 570, ci fu la protesta contro l’imperatore antibuddhista WU della dinastia Dei Chou(557-581) : il monaco Tao-chi e sette amici digiunarono fino alla morte nella provincia odierna del Sichuan.
    Tutti questi casi di autoimmolazione e scioperi della fame fino alle estreme conseguenze avvennero in Cina molto prima che il Buddhismo raggiunse il Tibet dall’India nel settimo secolo d.c .
    La settimana scorsa la portavoce del ministro degli esteri cinese definiva atti di terrorismo mascherati questi tragici e disperati appelli alla libertà del Tibet. Purtroppo la rivoluzione culturale di Mao estirpò il Buddhismo dalla Cina. Oggi i giovani della più grande nazione buddhista , ben 450 milioni praticanti in Cina, devono seguire gli insegnamenti del Buddha da altre parti, per lo più in Tibet oppure alcuni vengono perfino a Dharamsala. L’onnipotente partito comunista cinese è paranoico riguardo alla religione che sia Buddhista,cattolica oppure Falung Gong. Tuttavia vi è una spasmodica, struggente, ansiosa, ricerca di spiritualità nella Cina di oggi.
    Per un Buddista attentare alla vita, sia per omicidio che suicidio, è proibito. Per questo togliersi la vita equivale a distruggere quanto c’è di più sacro, la vita umana dotata di cocienza. A proposito dell’autoimmolazione di Thich Qaung Duc, il celeberrimo maestro di buddismo Thich Nhat Hahn disse» Come la crocefissione di Gesù Il suo atto rappresenta
    l’assoluta volontà di soffrire al fine di portare il prossimo, gli altri, al risveglio . »

    Tenzin Tsundue , scrittore tibetano e attivista

    Note bibl.
    1 – History of Religions, Vol. 4, 1965 University of Chicago Press
    2 – A Review of Socially Engaged Buddhism for the New Millennium, edited by Pipob Udomittipong and Chris Walker


    Dharamsala, 26 ottobre 2011. Nel corso di un programma televisivo andato in onda domenica 23 ottobre sul canale televisivo CNN IBN, il nuovo Primo Ministro tibetano Lobsang Sangay ha affermato che lo spirito dei tibetani è più forte di quello degli oppressori cinesi e che la lotta del popolo tibetano prevarrà sulle politiche repressive cinesi.

    Rispondendo alle pressanti domande del giornalista indiano Karan Thapar che gli chiedeva se la causa tibetana non fosse da considerare ormai una causa persa di fronte alla riluttanza della comunità internazionale a inimicarsi la Cina, Lobsang Sangay ha risposto che fino a quando lo spirito dei tibetani sopravvivrà e sarà forte la causa non sarà mai perduta. Ha affermato che, rispetto alle altre nazioni del mondo, i tibetani sono “geneticamente” più preparati a confrontarsi con la Cina. “Abbiamo assistito alle alterne vicende di questo paese, abbiamo combattuto contro i cinesi, li abbiamo invasi, abbiamo a nostra volta subito l’invasione, per 2000 anni ci siamo confrontati con loro”, ha spiegato il Kalon Tripa. All’intervistatore che gli ricordava il recente rifiuto del governo sud africano alla concessione del visto al Dalai Lama e l’imbarazzo dello stesso presidente Obama, costretto a ricevere il leader tibetano nella Sala delle Mappe anziché nella Sala Ovale per non irritare la Cina, Sangay ha risposto che questa è la lotta, una lotta difficile ma sostenuta dalla volontà dei tibetani, che sapranno sopravvivere per tutto il tempo necessario alla politica repressiva cinese, e confortata dalla religione buddhista che i tibetani praticano da millenni.

    Dopo aver ribadito che è intenzione dei tibetani continuare il processo di dialogo con la Cina, a dispetto dell’attuale chiusura della dirigenza di Pechino e delle frasi minacciose pronunciate dal prossimo leader designato, Xi Jinping, Sangay ha detto: “La Cina afferma di essere uno stato di diritto, di desiderare una società armoniosa e la pace nel mondo: se questi sono i principi che proclama e sui quali si fonda, ebbene, agisca di conseguenza”.

    Interrogato sulla questione della reincarnazione del Dalai Lama, il Kalon Tripa ha affermato che la Cina non possiede “il diritto, la legittimazione e l’autorità” per interferire sull’argomento. “I cinesi hanno definito Sua Santità il Dalai Lama un demonio, non credono nella reincarnazione, considerano la religione un veleno, hanno un governo comunista: dovrebbero comportarsi in conformità alla loro ideologia, non hanno voce in materia di reincarnazione”.

    L’intera intervista, in lingua inglese, al sito:

    http://ibnlive.in.com/videos/195743/our-sp...s-tibet-pm.html


    purtroppo il timore che dalle autoimmolazioni si passi a gesti più estremi e violenti si è già concretizzato:


    Tibet : Government Building Bombed
    Gio, 27/10/2011 - 17:01
    A bomb has exploded at a government building in a town in Tibet's Chamdo prefecture and Chinese security forces have sealed off the area.The blast in Karma town came amid rising protests, including 10 self-immolations this year, against Chinese rule in Tibetan-populated areas.One source said words reading “Tibet’s independence” were written in red on the destroyed walls of the office building and "Free Tibet" fliers were strewn within the compound.The entire road access leading to and from Chamdo had been completely cut off including closure of Karma monastery.All the monks in Karma monastery, located on the eastern bank of the Dzachu River in Chamdo, had been confined inside the monastic compound, putting a strict control on their movements since the explosion.

    Authorities had also allegedly halted activities of many Tibetans engaged in the production of Buddhist religious objects and artifacts in the area, known for the profession.

    Chamdo has been described by the Chinese official media as the "frontline" of the "patriotic education" campaigns favored by the Chinese Communist Party as a means of pre-empting nationalist protests in Tibet.

    New measures have been introduced over the past few months to counter dissent and demonstrations.

    Chinese security forces have stepped up security following 10 self-immolation and other protests this year against Chinese rule.

    In Ngaba prefecture, the Kirti monastery, home of most of the 10 Tibetans who have self-immolated so far this year, has been under siege most of the year by Chinese security forces.


     
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  4. Tomo Ko
     
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    CITAZIONE
    Fino ad allora la protesta tramite auto immolazione era stata
    praticata da cattolici, Buddisti Zen, Quackeri d’America e da vari gruppi in India. Nessuno qui potrà dimenticare la protesta contro la commissione Mandal da parte di Rajiv Goswami il 19 Settembre 1990.

    Quello che hai scritto mi ricorda gli attivisti dell'IRA che si lasciavano morire di fame in prigione come protesta contro l'occupazione dell'Irlanda del nord da parte degli Inglesi. All'epoca ero un'adolescente ma la cosa mi aveva estremamente colpito.
    M auguro che per i Tibetani la questione si risolva meglio, che tutte queste immolazioni possano servire veramente a risvegliare gli animi e a risolvere in modo positivo la situazione.
     
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  5. yeshe
     
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    DHARAMSHALA, October 29: The European Parliament on October 27 adopted an urgency resolution on Tibet following the recent spate of ten self-immolations in Tibet.
    Expressing its deep concern over the self-immolations, the European Parliament condemned the continued crackdown by Chinese authorities on Tibetan monasteries and sentencing of the Kirti monks without fair trial.
    In the resolution, the European Parliament urged the Chinese authorities to lift restrictions and heavy-handed security measures imposed on Kirti monastery while demanding China to account for the status of the Tibetans who survived self-immolation.
    The European Parliament also urged the Chinese authorities to allow independent international media and human rights monitors to visit the area.
    Calling on China to respect rights of the Tibetans and to take proactive steps to resolve their underlying grievances, the European Parliament urged Chinese authorities to cease promoting policies threatening the Tibetan language, culture, religion, heritage and environment.
    The resolution also called on the European Union and its Member states to press China to resume dialogue with His Holiness the Dalai Lama and his representatives.
    The European Parliament impressed upon the European External Action Services (EEAS) and the EU delegation in China to continue raising concrete individual cases of Tibetans imprisoned for the peaceful exercise of religious freedom in meetings and to present a report to the EP within the next twelve months, suggesting actions or policies to implement.
    Lending support to the ongoing campaign led by Tibetans and Tibet supporters targeting the G 20 summit, the European Parliament called on the President of the European Council, Herman Van Rompuy and President of the Commission, Jose Manuel Barroso as well as the EU leaders who are members of the G20 to urge President Hu Jintao to address the human rights situation in Tibet at the upcoming G20 summit on 3-4 November 2011 in Cannes, France.

    http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.../IT&language=IT

    ‘Self-immolation sign of deep desperation’ says the Dalai Lama
    Phayul[Saturday, October 29, 2011 15:50]
    By Sherab Woeser
    His Holiness the Dalai Lama is received by Japanese well wishers upon arriving at a hotel in Osaka on October 29, 2011. The Tibetan spiritual leader is scheduled to give a public talk on overcoming life's difficulties tomorrow at the Osaka Maishima Arena tomorrow. (Photo/OHHDL/Tenzin Choejor)OSAKA, October 29: Tibetan spiritual leader His Holiness the Dalai Lama arrived in Japan earlier this morning on a 10-day visit which will see him travel to the worst hit areas of the devastating tsunami that struck the island nation in March this year.
    The Dalai Lama had briefly visited Japan last April to offer prayers and attend a memorial service at Tokyo's Gokokuji Temple for the victims of the earthquake and tsunami.
    Arriving from New Delhi, the Dalai Lama was received at the Tokyo Narita International Airport by Lhakpa Tshoko, the Representative of the Liaison Office of His Holiness the Dalai Lama for Japan and East Asia and Rev. Fujita Kokan and Rev. Saito Ugyen of Koyasan University.
    Ruthlessness only will not be good for all
    Upon arrival at the hotel, the Dalai Lama briefly interacted with Japanese reporters.
    Responding to a question on the recent spate of self-immolations in Tibet, the Tibetan spiritual leader said that Chinese leaders should heed to the genuine grievances of the Tibetan people.
    "This incident of growing self-immolations in Tibet needs to be studied from philosophical, religious and political view points. It is a sign of deep desperation; Chinese leaders need to look into these incidents more seriously. Ruthlessness only will not be good for all."
    While saying it was “too early” to hope for “big change” from China’s next leaders, His Holiness noted that “harmony must come from the heart”.
    Referring to the mass uprisings in Tibet in 2008, followed by the Uyghur uprisings in 2009 and the mass movements in Inner Mongolia this year, the Dalai Lama said, “trust and fear cannot go together”.
    Travelling from Tokyo, the 76-year old Tibetan leader arrived in Osaka, the country’s commercial capital later in the afternoon. The Dalai Lama is scheduled to give teachings on the Heart Sutra and also give a public talk on overcoming life’s difficulties at the Osaka Maishima Arena tomorrow.
    During the visit, His Holiness is scheduled to give teachings and public talks, meet with religious heads and interact with scientists.

     
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  6. yeshe
     
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    Facebook, Twitter and YouTube help push Tibetan struggle

    By Varinder Bhatia | India Express
    CHANDIGARH, India, 28 October 2011

    From the protest marches, the hungerstrikes and the waving of Tibetan flags before Chinese leaders have all been tried, Tibetan protesters in India have gone on to find means more effective in expressing themselves.
    The Central Tibetan Administration has opened accounts on Facebook and Twitter, is set to get one on YouTube, and has revamped its website, all of this aimed at spreading awareness about the Tibetan movement and raising funds from the international community.
    The revamp has come under the leadership of the Harvard-educated Dr Lobsang Sangay, now Prime Minister (Kalon Tripa) of the Tibetan government-in-exile. The improved website provides links to the CTA’s Facebook and Twitter pages, both under construction. Other links will take the visitor to websites on the struggle, including movements by Tibetan nongovernmental organisations, and to videos of Chinese atrocities on Tibetans in Tibet.
    Dr Sangay says his government has tied up with Google that has cleared a YouTube account, on which videos on the struggle will be uploaded. The runtime will be no bar. “Usually, YouTube imposes a restriction on uploading videos longer than 9 minutes 59 seconds. For any video beyond that, one needs special sanction, which we have got,” says Kaydor Aukatsang, adviser and special coordinator on development in the CTA.
    “A team of four computer science graduates are working round the clock to design the new website of the Central Tibetan Administration. The website is in the testing phase,” Aukatsang adds. “All these measures will not only create awareness on the Tibetan struggle across the globe, but also help us raise funds for our movement. If US President Barack Obama can raise funds for his election campaign using the Internet, I am sure we too can get good support from people across the globe. An audiovisual broadcasting unit is working on these projects, under the guidance of Department of International Relations.”
    In yet another move, the Tibetan administration has launched an online television channel, TibetOnline.tv, where news on the movement is being uploaded. The channel has been designed as an application usable on BlackBerrys, Android and various Apple gadgets. The CTA plans to develop it gradually into a full-fledged 24×7 channel that can be watched from any part of the world. “We will recruit news anchors, build studios and probably launch HD videos.”
    Prime Minister Sangay says, “The Tibetan Computers Resource Centre is on the job of redesigning a new and more sophisticated Central Tibetan Administration website, which will be more rich in content and will be used to assess almost every dimension of the Tibetan struggle. Funds are very important and we will leave no stone unturned in raising funds for the Tibetan cause.”
    Copyright © 2011 The Indian Express Limited

    Published in Indian Express




















     
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  7. yeshe
     
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    31/10/2011 11:38
    TIBET - CINA
    Arresti e carcere per scrittori e letterati, per colpire la cultura tibetana. Un noto scrittore tibetano condannato a 3 anni di carcere, nel Sichuan tibetano, è detenuto da un anno e si ignorano le accuse. Le autorità cinesi arrestano intellettuali, monaci e semplice insegnanti tibetani, per stroncare la cultura tibetana.
    Dharamsala (AsiaNews/Agenzie) – Non ha soste la persecuzione contro gli intellettuali tibetani. Il tribunale di Barkham (in cinese: Ma’erkang), nella prefettura di Ngaba (Aba) in Sichuan, ha condannato nei giorni scorsi a 3 anni di carcere l’insegnante e scrittore tibetano Jolep Dawa, 39 anni.
    Fonti tibetane riferiscono che nemmeno si conoscono le accuse, né le ragioni per cui Dawa è detenuto dal 1° ottobre 2010. Egli è editore della rivista in lingua tibetana Durab Kyi Nga (I, of this Century) ed organizzatore di conferenze culturali tibetane.
    Secondo queste fonti, egli pochi giorni prima della condanna ha potuto vedere la moglie e i figli, ma anche a loro è proibito parlare della sua detenzione.Dopo l’arresto, la polizia ha confiscato il suo computer e tutti i diari e i suoi scritti letterari. Dawa è stato già detenuto negli anni scorsi. Dapprima, per un mese, perché coinvolto in una campagna contro l’uso di pellicce di animali tibetani per fare vestiti. Poi per 3 mesi dal marzo 2008.
    Il 19 ottobre la polizia ha anche arrestato, nella sua casa nella contea Yatsi, il giovane scrittore tibetano Choepa Lugyal Aka Meche, noto per il suo prolifico lavoro di saggista e commentatore politico. Non si conosce l’accusa, la polizia ha perquisito l’abitazione portando via il computer e una copia del libro tibetano “Shar-dungri”, proibito dalle autorità. Il Tibet da anni è sottoposto a un continuo controllo militare e isolato dal mondo, con censura e taglio di internet e linee telefoniche mobili e fisse. La persecuzione cinese da tempo ha preso di mira gli intellettuali tibetani, che molto contribuiscono a tenere viva la ultramillenaria cultura e lingua del Tibet. A giugno un tribunale di Karze, prefettura di Aba, ha condannato a 4 anni di carcere lo scrittore ed editore Tashi Rabten, per avere aiutato a pubblicare la rivista “Eastern Conch Mountain”.
    Nei giorni scorsi il Dalai Lama, leader spirituale dei buddisti tibetani, ha ripetuto che “Non vogliamo separare il Tibet. Vogliamo l’autonomia solo per preservare la nostra cultura, lingua e religione”, alludendo alla sistematica repressione cinese contro la cultura e la religione tibetana.
    Intanto il 14 ottobre la polizia ha arrestato il monaco Geshe Tsultrim Gyatso del Monastero Amdo Ditsa, nella prefettura di Tsolho (Hainan) provincia di Qinghai. Gyaltso da 10 anni è amministratore capo del monastero e per anni ha insegnato nelle scuole tibetane della zona.
    Nei giorni scorsi è stato pure arrestato il monaco Lodroe, 36 anni, del monastero di Kirti. Se ne ignora la sorte.


    TIBET: MONACI ABBANDONANO IL MONASTERO PER SFUGGIRE AI SEVERI CONTROLLI GOVERNATIVI

    31 ottobre 2011. In seguito all’esplosione di una rudimentale bomba carta avvenuta la scorsa settimana a Dzagyu Karma, una città della provincia di Chamdo, le autorità cinesi hanno vietato qualsiasi lo svolgimento di attività religiosa e stanno strettamente sorvegliando i monaci del locale monastero sospettati di essere gli autori del presunto attentato. Riferisce Radio Free Asia che la maggior parte dei monaci, non potendo sopportare le pressioni esercitate dalle forze di sicurezza cinesi, ha abbandonato il monastero. Solo qualche monaco anziano è rimasto all’interno dell’istituto religioso.
    “La polizia cinese e le forze di pubblica sicurezza, accompagnate da funzionari governativi, sono entrate nel monastero ogni giorno”, ha scritto un residente nella zona in una mail inviata a Radio Free Asia. “Hanno indetto riunioni, minacciato la gente e bloccato il traffico in tutta l’area”. “Hanno fotografato tutti i monaci, prese le loro impronte digitali e prelevato campioni di sangue di ognuno”. “Molti monaci, di conseguenza, hanno preferito abbandonare il monastero per sfuggire alle perquisizioni e agli arresti”.
    Altre fonti, tra le quali una locale agenzia di viaggio, hanno riferito che è stato vietato a tutti gli stranieri l’ingresso nella prefettura di Chamdo. I residenti di etnia han devono mostrare i permessi di residenza ed esibire i necessari documenti di identificazione.
    Sembra che l’esasperazione dei tibetani di Chamdo sia stata acuita da una recente disposizione governativa che prevede la costruzione di edifici – denominati “Centri per il Partito Comunista” – nelle aree rurali della zona con conseguente aumento degli insediamenti di popolazione di etnia han in tutta l’area. Testimoni oculari hanno raccontato che sulle pareti dell’edificio governativo nelle cui vicinanze è avvenuta l’esplosione sono state scritte frasi di invocazione all’indipendenza del Tibet e di richiesta di libertà per i tibetani. A conferma del rifiuto dei tibetani ai nuovi insediamenti, figurava anche la frase: “Chiunque abiterà nelle aree rurali dovrà parlare la lingua tibetana altrimenti non lo accetteremo”. “Se questa politica di insediamento di cittadini han nelle aree rurali cinesi non cesserà, protesteremo e saremo costretti a ricorrere alla forza”.
    Questi nuovi episodi confermano la situazione di tensione ed esasperazione dei tibetani e si aggiungono ai dieci casi di auto immolazione avvenuti in Tibet nel giro di pochi mesi.
    A proposito di questi drammatici eventi, si è appreso da Dharamsala il 30 ottobre che la Cina, nelle ultime settimane, ha realizzato dei falsi filmati in cui semplici cittadini e funzionari tibetani sono obbligati a recitare allo scopo di denigrare e svilire i casi di immolazione. In uno di questi filmati, definiti dai monaci del monastero di Kirti in India “un insulto al sacrificio dei tibetani”, figura perfino Phuntsog, il monaco immolatosi il 16 marzo 2011 e morto per le gravi ustioni riportate. Secondo quanto previsto dalla macabra sceneggiatura, il monaco si dichiara “dispiaciuto” per essersi dato fuoco.
    Da Osaka, dove è arrivato il 29 ottobre, il Dalai Lama interrogato dai giornalisti, ha dichiarato: “I recenti e numerosi episodi di auto immolazione devono essere valutati sia dal punto di vista filosofico e religioso sia da quello politico”. “Sono comunque un segnale della grande disperazione dei tibetani e i leader cinesi devono tenerne seriamente conto”.

    Fonti: Radio Free Asia - Phayul



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