Il maestro qualificato

...secondo chi?

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    Got ignorance?
    Uncertainty is an uncomfortable position. But certainty is an absurd one.


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    CITAZIONE (Abicetta @ 30/8/2011, 10:50) 
    Credo che non ci siano attestati che tengano o regole oggettive ed evidenti:

    Quoto abbastanza...

    CITAZIONE (Abicetta @ 30/8/2011, 10:50) 
    o ci si affida al proprio lama senza farsi troppe pippe mentali che fanno solo perder tempo,

    Probabilmente il rapporto tra Lama e discepolo e' particolare, ed e' sicuramente diverso di quello tra maestro e discepolo. Personalmente però l'affidarsi incondizionatamente ad una persona sia una scelta molto difficile, che si puo' prendere solo dopo lunghe ricerche e non su basi emotive o razionali.
    Forse un legame così dovrebbe essere continuamente validato per sua natura, come ogni rapporto umano intenso. Non voglio dire che debba essere continuamente messo alla prova, ma che vanno messi sul tavolo dubbi e difficoltà.
     
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    La parola "lama" è l'equivalente tibetano di "guru", che, a sua volta, è soltanto l'equivalente sanscrito di "maestro".

    Qui ci troviamo di fronte alla concezione orientale del maestro, concetto molto autoritario ed a senso unico. Le ringhiere sono allora sociali. Qui quelle ringhiere non esistono e quindi, è necessario avere un atteggiamento molto più critico al maestro in partenza, cosicché, col passare degli anni, la relazione possa diventare fruttuosa, perché equilibrata. Un maestro, anche tibetano, rimane un essere umano, e, nel contesto occidentale, le ringhiere che impediscono il lama di fuorviare sono assente. Mantenendo il dubbio, avendo l'occhio alle debolezze umane di colui, si puo' pero' finire per sviluppare una relazione forte e arricchente. Questo, di sicuro, non puo' avvenire se si adopera la fede cieca.
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  3. yeshe
     
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    C'è una storia tibetana che narra di quattro studenti che si recano da un Lama per essere accolti come discepoli.
    Il lama li riceve e chiede loro se sono disposti a rifiutare i loro maestri precedenti, come condizione per essere accolti.....dice loro di dormirci sopra e li congeda.
    Il giorno dopo i giovani tornano dal Lama e il primo dice: accetto, il mio maestro era sempre burbero e severo, lo rifiuto!
    Il secondo dice: anche io accetto di rifiutarlo, era un buon vecchietto ma senza nerbo
    Il terzo dice: certamente lo rifiuto era pieno di difetti e per niente carismatico
    Il quarto si avvicina, si prostra e dice: mi spiace, me ne vado....non posso rifiutare che mi ha aiutato nonostante i suoi limiti e debolezze....e poi chi non ne ha?
    Il Lama sorrise e sentenziò:voi tre potete tornare a casa perchè non conoscete la riconoscenza e il rispetto.......tu rimani e impara il poco che posso darti!


    In the Lamrim Yeshe Nyingpo, Padmasambhava says: "The vajra master, the root of the path, is someone who has the pure conduct of samaya and vows. He is fully adorned with learning, has discerned it through reflection, and through meditation he possesses the qualities and signs of experience and realization. With his compassionate action he accepts disciples." In short, someone with the correct view and genuine compassion.


    http://youtu.be/fmYpHub5bfY

    http://youtu.be/ybo8R6kYJ98

     
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    Nel suo libro "Momenti di Risveglio" edito da Ubaldini, Anyen Rinpoche scrive:
    "È importante notare che la consapevolezza non è intrinsecamente buona".
    Questa frase fa chiaramente capire come l'avere determinate caratteristiche intellettuali non sia automaticamente garanzia dell'essere un "buon maestro".
    Più avanti Anyen Rinpoche scrive:
    "C'è un proverbio tibetano che parla di un lama dal 'cuore bianco'. Egli desidera il nostro bene, mentre un lama dal 'cuore nero' desidera recarci danno, o forse non mira al nostro sviluppo spirituale, ma insegna il Dharma con qualche altra motivazione".
    e poi:
    "Il grande maestro Milarepa ha detto:
    È difficile incontrare un lama compassionevole che possieda trasmissioni, conoscenza dei testi e istruzioni orali.
    In questo insegnamento Milarepa sottolinea l'importanza di creare una connessione con un amico spirituale come condizione necessaria a sostenere la pratica del Dharma. Ma egli ci ricorda che non tutti i maestri posseggono alcune qualità particolari: devono aver ricevuto le opportune trasmissioni, avere la giusta intelligenza, le corrette istruzioni orali, i lignaggi di pratica, e anche il giusto bodhicitta. Più specificamente, le trasmissioni e le istruzioni orali devono provenire da un lignaggio di insegnamenti puro e ininterrotto, come è ad esempio, il Longchen Nyinthig. L'intelligenza del maestro deve permettergli di presentare gli insegnamenti in modo comprensibile a una grande varietà di studenti, così che possa recare loro giovamento. Inoltre, il bodhicitta non deve essere macchiato da alcun interesse personale o motivazione egoistica".

    Credo che queste affermazioni, perfettamente in linea con quanto detto da Padmasambhava e riportato nel post di Yeshe, possano essere un valido riferimento per chi debba valutare a quale maestro affidarsi. Ho messo in grassetto la frase riguardante il bodhicitta perchè ritengo che sia di assoluta importanza, visti i tempi che corrono, verificare la genuinità della compassione e della disponibilità di chi ci offre insegnamenti.
     
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  5. Losang
     
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    Sua Santità il 101esimo Ganden Tripa Lungri Namgyel Rinpoche ha dato un insegnamento (questo insegnamento è stato pubblicato in Francia: Sa Sainteté Ganden Tri Rompché Longri Namgyal, L'Essentiel de la voie progressive vers l'éveil, Editions Dervy, 2004) dove ha trattato brevemente tra le altre cose del maestro spirituale e secondo il mio umile avviso, chiarifica molto bene come nel buddhismo tibetano si abborda il problema del maestro.

    Sintetizzo.

    Per prima cosa bisogna aver presente come classificare i maestri o lama. I maestri che ci indicano il sentiero sono di diverso genere:

    1 Certi maestri detti "ordinari" nel senso che sono individui che non hanno realizzato direttamente la natura ultima delle quattro nobili verità.

    2 Altri maestri detti "superiori", sono degli arya cioè persone che hanno realizzato direttamente le quattro nobili verità; altri sono arya bodhisattva che hanno raggiunto una delle tre ultime terre dei bodhisattva.

    3 Altri maestri sono dei corpi di emanazione supremi (nirmanakaya) , come fu Shakyamuni con i suoi 32 segni e 80 attributi caratteristici di un buddha.

    4 Altri infine sono dei corpi di godimento (sambhogakaya).

    Le ragioni di queste distinzioni sono le seguenti:

    un individuo all'inizio del suo cammino spirituale, con la mente ostruita dai veli karmici, l'unico maestro che è in grado di incontrare e seguire è quello che appare sotto un aspetto di un essere "ordinario", non ha nessuna possibilità di incontrare e riconoscere un essere "superiore". E' indispensabile che un essere "ordinario" sia la sua guida spirituale. Anche se il maestro non è un essere "ordinario" deve apparire al discepolo debuttante come un essere "ordinario" in preda dei desideri, dell'avversione, dell'orgoglio, dell'ignoranza, perché è così che appare e, non potrebbe essere altrimenti, agli occhi degli esseri "ordinari". Solamente quando il discepolo si è incamminato lungo il sentiero e la mente comincia a liberarsi dei veli karmici, è in grado di incontrare e riconoscere un maestro che è un arya bodhisattva. In seguito coloro che si sono incamminati lungo il sentiero dei bodhisattva e hanno raggiunto il livello superiore dell'accumulo dei bodhisattva (inferiore, mediano e superiore) realizzano il samadhi, e sono in grado di vedere i maestri sotto l'aspetto del corpo di emanazione superiore (nirmanakaya) con i segni e attributi di una emanazione suprema dei buddha. Quando il discepolo è diventato un arya bodhisattva e ha raggiunto l'ottava, la nona e la decima terra (chiamate le tre terre pure) acquisisce il potere di incontrare il maestro sotto la forma del corpo di godimento (sambhogakaya).

    Dove sono esposte queste caratteristiche del maestro? Sono esposte negli insegnamenti del Buddha.
    Alcune sono esposte nell'Hinayana Pitaka, in particolare Vinaya Pitaka; altre sono esposte nei Bodhisattva Pitaka, in particolare nei Sutra Pitaka; altre infine sono esposte nei Tantra Pitaka nel quadro degli insegnamenti del mantra segreto.

    Quindi rimettersi ad un maestro spirituale richiede al discepolo molta considerazione.

    Conformemente agli insegnamenti Hinayana (ricordo che siamo nell'ambito del buddhismo tibetano) noi dobbiamo considerare il maestro come uguale al Buddha. Non avendo la possibilità di incontra il Buddha venuto nel nostro mondo 2500 anni fa, l'unico intermediario è il maestro che rimpiazza il Buddha presso di noi.

    Secondo gli insegnamenti del Bodhisattva Pitaka (mahayana) conviene non solamente considerare la bontà del maestro uguale a quella dei buddha, ma considerare la sua natura uguale a quella del Buddha, solo il suo aspetto esteriore è simile a uno dei diversi maestri.

    Infine, secondo gli insegnamenti del veicolo dei tantra, i discepoli percepiscono il maestro non solamente come aventi la natura del Buddha, ma considerano che il suo aspetto è quello di Vajradhara.

    Spero di aver contribuito alla discussione.

     
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  6. Tabasco
     
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    CITAZIONE (yudo‚ maestro zen @ 1/9/2011, 10:18)
    La parola "lama" è l'equivalente tibetano di "guru", che, a sua volta, è soltanto l'equivalente sanscrito di "maestro".

    Qui ci troviamo di fronte alla concezione orientale del maestro, concetto molto autoritario ed a senso unico. Le ringhiere sono allora sociali. Qui quelle ringhiere non esistono e quindi, è necessario avere un atteggiamento molto più critico al maestro in partenza, cosicché, col passare degli anni, la relazione possa diventare fruttuosa, perché equilibrata. Un maestro, anche tibetano, rimane un essere umano, e, nel contesto occidentale, le ringhiere che impediscono il lama di fuorviare sono assente. Mantenendo il dubbio, avendo l'occhio alle debolezze umane di colui, si puo' pero' finire per sviluppare una relazione forte e arricchente. Questo, di sicuro, non puo' avvenire se si adopera la fede cieca.

    quoto. :bow:
    CITAZIONE (yeshe @ 1/9/2011, 18:39)
    C'è una storia tibetana che narra di quattro studenti che si recano da un Lama per essere accolti come discepoli.
    Il lama li riceve e chiede loro se sono disposti a rifiutare i loro maestri precedenti, come condizione per essere accolti.....dice loro di dormirci sopra e li congeda.
    Il giorno dopo i giovani tornano dal Lama e il primo dice: accetto, il mio maestro era sempre burbero e severo, lo rifiuto!
    Il secondo dice: anche io accetto di rifiutarlo, era un buon vecchietto ma senza nerbo
    Il terzo dice: certamente lo rifiuto era pieno di difetti e per niente carismatico
    Il quarto si avvicina, si prostra e dice: mi spiace, me ne vado....non posso rifiutare che mi ha aiutato nonostante i suoi limiti e debolezze....e poi chi non ne ha?
    Il Lama sorrise e sentenziò:voi tre potete tornare a casa perchè non conoscete la riconoscenza e il rispetto.......tu rimani e impara il poco che posso darti!

    ottimo aneddoto!

    Edited by Tabasco - 3/9/2011, 14:36
     
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  7. yeshe
     
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    due brevi video-interventi in inglese dal centro di Hong Kong di Kalu RInpoche sulla saggezza e il rispetto al guru da Sangye Nyenpa Rinpoche (29/09/2011):

    Pal Shangpa Thekchen Ling
    Wisdom and Respect towards Devotion to Gurus from H.E. Sangye Nyenpa Rinpoche:

    www.facebook.com/video/video.php?v=2246958345877

    www.facebook.com/video/video.php?v=2247014947292

     
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  8. Tomo Ko
     
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    Per quel che riguarda lo zen un'amica mi ha segnalato questo interessante e pertinente articolo della "Stella del mattino"

    Non lo commento perchè mi pare non ce ne sia bisogno

    http://www.lastelladelmattino.org/buddista...te&submit=Cerca


    Uno sguardo dal ponte


    Pubblichiamo una lettera inizialmente concepita per non essere diffusa fuori dagli ambienti istituzionali del Soto Zen. Dopo approfondita ponderazione abbiamo invece deciso di renderla pubblica. Pensiamo che alcuni aspetti del suo contenuto possano essere di chiarimento per coloro che hanno rapporti con lo Zen in quanto istituzione o abbiano, a vario titolo, interesse ai meccanismi in base ai quali si preparano e si certificano i monaci zen nella scuola Soto

    Alla c. a. del Direttore
    Ufficio Europeo del Soto Zen,
    Parigi.
    Come gentilmente richiesto nella lettera d’invito all’inaugurazione del corso, Vi trasmettiamo le nostre considerazioni a proposito dei tempi e dei modi con cui si sta procedendo all’organizzazione del primo corso (ango) europeo per il clero previsto alla Gendronnière da settembre a dicembre 2007.

    Proponiamo il nostro punto di vista sia riguardo ad alcuni aspetti rilevanti del presente sia sulle future possibili prospettive nelle relazioni istituzionali tra l’Ufficio Centrale del Soto Zen giapponese ed il Buddismo Zen europeo.

    1. Osservando i preparativi ed i programmi relativi al primo ango europeo, pensiamo che la strategia con la quale si sta muovendo la Direzione Centrale del Soto Shu conduca a trapiantare in Europa, con minime variazioni, il sistema giapponese di formazione del clero, ovvero l’istruzione che i religiosi giapponesi ricevono nei senmon sodo (monasteri per la formazione del clero).
    Se le cose stanno nel modo da noi paventato, riteniamo sia un errore da un punto di vista religioso, culturale e storico insieme. Non intendiamo mettere qui in discussione il sistema di preparazione del clero del Soto Zen in Giappone, tuttavia è evidente che il metodo giapponese di educare il clero ha come obiettivo quello di condurre i monaci giapponesi a seguire la tradizione culturale e religiosa del loro Paese, che non in tutti i suoi aspetti è necessariamente una tradizione legata al Buddismo Zen.
    L’Europa è un mondo totalmente diverso. Lo possiamo dire sulla base della nostra esperienza di monaci zen europei che hanno vissuto e seguito l’educazione per il clero Soto Zen giapponese, in Giappone, nei monasteri scuola, i già citati senmon sodo, seguendo completamente l’iter e le regole della scuola giapponese.
    Affinché si possa genuinamente sviluppare lo Zen in Europa dobbiamo creare l’atmosfera per lasciar nascere a poco a poco una nuova sensibilità, un nuovo linguaggio, un nuovo sistema educativo.
    Dobbiamo dare spazio al fiorire di una esperienza, a una possibilità dello zen che interagisca sulla base della cultura europea; se invece importeremo un sistema clericale istituzionale dal Giappone andremo nella direzione opposta.
    Non abbiamo bisogno di una vecchia chiesa giapponese in Europa, dove già ci sono molte, forse troppe chiese: abbiamo bisogno di uno spirito nuovo per rinnovare questo mondo vecchio e malato, all’Est come all’Ovest.
    Così non abbiamo bisogno del precisissimo sistema giapponese di calcolare il rango dei religiosi, del sistema giapponese di determinare le carriere religiose né del sistema di certificazione dello status del clero secondo criteri nipponici.
    Tra Giappone ed Europa non c’è la stessa relazione che -nel Medio Evo- vi fu tra Cina e Giappone perciò l’Ufficio Centrale della Scuola Soto di Tokyo non può considerare quell’antica relazione come lo standard per gestire la situazione attuale. Temiamo che questo non sia sufficientemente chiaro sia da parte giapponese sia da parte europea.
    Sono stati necessari parecchi secoli per poter giungere all’attuale forma organizzativa della Scuola Soto in Giappone e per formarla nella realtà culturale e sociale del Giappone: anche noi avremo bisogno di molto tempo perché vi sia qui in Europa un genuino sistema educativo per i monaci plasmato nell’argilla spirituale europea.
    Pensiamo che la Direzione Centrale di Tokyo e l’Ufficio Europeo del Soto Zen abbiano troppa fretta riguardo a questo punto così delicato e che la maggior parte delle decisioni siano prese soprattutto da un punto di vista giapponese e su considerazioni della stessa provenienza. Una volta che si sarà imboccata una certa direzione sarà molto difficile, o addirittura impossibile, modificare quella direzione e le scelte che essa implica.
    2. Come è noto, sono necessari molti anni -meglio: tutta la vita- per educarsi ad una vita che si conformi allo zen; questo deve accadere all’interno dell’atmosfera religiosa, culturale, psicologica corrispondente alla natura delle persone di quel particolare Paese. La storia del buddismo ce lo insegna chiaramente. Nessuno può pensare che sia possibile educare un monaco zen, in Europa, grazie a qualche periodo di tre mesi trascorso in un centro di pratica organizzato in stile giapponese.
    Se il sistema educativo giapponese per il clero è efficiente e adatto al Giappone, questo lo si deve al fatto che è immerso completamente all’interno della società e dello spirito giapponese.
    Abbiamo molte cose da imparare dalla tradizione zen giapponese ma non il nuovo sistema educativo che si deve formare sulla base dell’incontro tra lo spirito dello Zen e la cultura europea e non sulla base dell’incontro tra la cultura giapponese e lo spirito religioso europeo. Questo sarebbe un terribile errore.
    Per imparare come gestire i riti e le cerimonie, parte importante di una tradizione, non abbiamo bisogno di specifici corsi monastici, è sufficiente continuare ad organizzare seminari di due/tre giorni, come l’Ufficio Europeo del Soto Zen ha egregiamente fatto sino ad ora. I monaci ed i praticanti zen ricevono già un’educazione nelle loro comunità, templi, sale di pratica. Il modo di portare a compimento questo tipo di educazione non è nel trascorrere qualche mese in un centro di pratica di stile giapponese situato in Europa invece che in Giappone: molto presto la motivazione a partecipare a queste esperienze educative sarà condizionata dal desiderio di ricevere qualche tipo di certificazione o qualifica. Nessun tipo di certificazione, non importa quanto alto sia il suo livello, ha mai contribuito ad educare qualcuno, specialmente in campo religioso. Se volete aiutarci, per cortesia, prima considerate che cosa già da 30-40 anni stiamo facendo sul piano dello zazen e prendete la direzione di favorire in Europa la nuova vita di un’antica religione universale, lasciando da parte gli interessi limitati e particolari di una chiesa nazionale.
    3. È nostra forte impressione che tutte le decisioni importanti a proposito dell’Europa siano prese dall’Ufficio Centrale del Soto Zen, in Giappone, avendo presente la situazione e gli interessi dell’istituzione clericale giapponese e non la realtà europea e i suoi bisogni.
    Pensiamo che il clero europeo del Soto Zen e l’istituzione del Soto Zen Shu giapponese condividano le stesse responsabilità nell’insufficienza di sforzi per una vera cooperazione: le istituzioni clericali giapponesi continuano a guardare dalla prospettiva di un’istituzione nazionale mentre i religiosi dello zen europeo non pongono con sufficiente chiarezza le loro istanze e sembrano accontentarsi di ricevere qualche documento che certifichi il loro status.

    Speriamo, per quanto possibile in una lettera, di aver esposto con sufficiente chiarezza il nostro punto di vista e che comprendiate perché non abbiamo inteso cooperare alla realizzazione dell’ango organizzato alla Gendronnière.
    Abbiamo voluto esplicitare queste considerazioni perché rispettiamo il lavoro di tutti coloro che vi sono coinvolti, anche se non ne condividiamo la forma e le finalità e riconosciamo gli sforzi e i sacrifici personali di coloro che tentano di sviluppare corrette relazioni tra l’antica tradizione zen giapponese e la nuova realtà zen europea.

    Cordialmente

    Massimo Daido Strumia, Giuseppe Jiso Forzani, Mauricio Yushin Marassi

    8 settembre, 2007

     
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    un'esposizione estremamente chiara. anche incisiva.
    Ha avuto un seguito?
     
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  10. Tomo Ko
     
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    CITAZIONE (warmbeer @ 3/3/2012, 14:43) 
    un'esposizione estremamente chiara. anche incisiva.
    Ha avuto un seguito?

    Sarebbe interessante saperlo.....

    Questo penso renda chiaro quali sono stati gli sviluppi.....

    www.lastelladelmattino.org/buddista/index.php/875

    Oggi in Giappone, nella quasi totalità dei casi (1), gli appartenenti al Soto Zen, ben lungi dall’essere “monaci zen” dediti allo zazen, al lavoro manuale ed allo studio, sono preti ordinati ancora bambini dal padre da cui hanno poi ereditato la conduzione del tempio di famiglia.

    Tempio nel quale l’attività principale, per non dire l’unica, consiste nella celebrazione, a pagamento, di funerali o cerimonie di commemorazione dei defunti.
    Questo sistema si perpetua da molte generazioni grazie ai senmon sodo, centri di educazione del clero, in cui si svolgono le ango (2), periodi di tre mesi ciascuno dedicati all’educazione intensiva alle cerimonie e alla minuziosa etichetta di origine confuciana che governa la vita dei templi. Ogni prete deve trascorrere almeno tre mesi in un senmon sodo per ottenere la “patente”, detta kyoshi in giapponese, che gli permette di esercitare legalmente il mestiere. In base alla quantità di tempo trascorsa in quei luoghi ed ai ruoli ivi ricoperti si articola una gerarchia clericale complicatissima che ordina la piramide del clero.


    Da settembre a dicembre del 2007, il Soto Zen Shumucho, braccio amministrativo di quella piramide di potere, ha organizzato in Francia la prima ango europea, pare proprio con l’intento di riprodurre in Europa lo stesso meccanismo all’interno del quale lo zen giapponese è una holding di amministrazione del lutto, le cui filiali sono i singoli templi.
    Quando l’ango europea era ancora in preparazione, Jiso Forzani, Daido Strumia ed io avevamo inviato una lettera all’Ufficio europeo del Soto Zen, in cui sconsigliavamo di procedere in quella direzione. Ora, ad ango conclusa, pubblichiamo l’intervento di Jiso Forzani alla riunione di chiusura. Riunione nella quale vi è stato chi, come Pierre Dokan Crepon, dendo kyoshi (un rango tra quelli ora detti, appositamente studiato per gli occidentali) direttore del centro zen di Vannes, auspica una continuazione delle ango per contrastare “l’anarchia spontaneista” che a suo dire dilagherebbe tra i praticanti zen. Vi sono stati altri, come Jean Pierre Taiun Faure, dendo kyoshi, direttore del tempio Kanshoji a Limoges, che auspicano senz’altro che le prossime ango “rilascino attestati ai partecipanti in modo da certificarne la maestria”.
    Se quello che sta accadendo proseguirà nella medesima direzione, avremo un Soto Zen europeo di rito confuciano giapponese. Il buddismo occorrerà cercarlo altrove.

    1) L’unica eccezione a me nota è Antaiji. Sarei lieto di sapere che ve ne sono altre.
    2) Una parola dal senso antico di “ritirarsi nella tranquillità”, che ricorda i ritiri della comunità delle origini durante il monsone: in sanscrito vārshika, “che appartiene al periodo delle piogge”.

    Un commento in coda all'articolo:


    ......
    di queste cose ne parlavamo già molti anni fa, ricordi? Beh, prima o poi doveva diventare palese; inutile sorprendersi oggi.
    Gli uomini sono sempre uomini, in ogni latitudine, e cercano e desiderano ciò che gli esseri umani cercano e desiderano. Potere, dominio, controllo delle situazioni. E lo strumento – sul piano collettivo-sociale – è sempre uno, la logica colonialista, che si avvale di tre opzioni principali: quella economica (oggi quella più in voga) quella militare e quella religiosa.
    Sapevamo bene che saremmo diventati strumenti della logica colonialista giapponese, nel momento in cui abbiamo preso il bambino (il buddismo zen/lo zazen) con l’acqua sporca (tutto l’ambaradan che ci ruota attorno). Per questo – ognuno a modo suo – abbiamo cercato di mantenere vivo lo spirito critico senza abboccare troppo a facili allettamenti e coinvolgimenti che facessero leva sulle nostre fragili emozioni umane, cioè sul nostro ego. Certamente nel cercare di separare il bambino dall’acqua, abbiamo (ho) fatto molti errori; molti li abbiamo (ho) pagati, altri li pagheremo… Ma sono altresì certo che ben più pesanti errori sono quelli che siamo riusciti ad evitare, per noi stessi e per tutti coloro che sinceramente e senza secondi fini – se non il proprio ed altrui risveglio – desiderano avvicinarsi alla pratica tramite nostro. Ciò non per merito, ma per pura fortuna: considero infatti un mero ‘colpo di culo’ l’essere capitato in quel filone ‘zen’ che fa riferimento ad Antaiji, ad Uchiyama. E l’esserci capitato in anni in cui la ricerca non era ancora condizionata da tanti ‘dottorini in carriera’ che, come avviene in sanità, più che dalla consapevolezza del dolore e dall’impulso di portare aiuto sono mossi dal desiderio di carriera personale: entrare nelle grazie del primario, guadagnare visibilità, esibirsi su palcoscenici prestigiosi (conferenze, simposi, magari la TV!) per arrivare infine a gestire un reale potere di comando o di controllo su altri; e giocare un po’ a risko, infine. E’ questo il meccanismo con cui i colonialismi attecchiscono nei territori di conquista.
    Ecco, se dovevo buttare un sassolino nello stagno, l’ho fatto. Ciò non toglie però che esistano problemi reali anche sul versante opposto: è vero che c’è una certa improvvisazione (la parola anarchia viene sempre usata a sproposito, come sinonimo di disordine, ed anche questo uso è indicativo di un atteggiamento di potere da parte di quel sig. Crepon, anche se magari mi sbaglio non conoscendolo); è vero che nascono come funghi monaci ‘saputi’ senza una sufficiente esperienza e preparazione ecc. Basta pensare a quanti anni di preparazione sono richiesti per esercitare la psichiatria, la medicina o analoghe arti, mentre i ‘dottori dello spirito’ si sentono spesso ‘abilitati’ dopo training preparatori di pochi anni, di pochi mesi, a volte addirittura di poche settimane…Forse che lo spirito è meno delicato/importante della materia?
    Già anni fa, ricordi?, proponevo di ragionare sul tema di una Verifica Qualità delle scuole e dei (se-dicenti o detti da altri) maestri. E’ un tema importante, che certo non può, a mio avviso, essere affrontato in modo gerarchico secondo parametri giapponesi, tibetani coreani o altri.
    Per ora grazie a te, a Jiso e a Daido che avete entusiasmo e voglia per spendere le vostre energie anche partecipando a situazioni formali ed ambigue come quella oggetto dell’editoriale. Grazie per il vostro lavoro e per la netta presa di posizione che, ovvio, condivido pienamente.
    Saluti
    Aggiungo una cosa che mi è rimasta nella penna, a proposito del discorso ‘verifica-qualità’: penso che per iniziare sarebbe oltremodo utile una profonda riflessione (anche collettiva) su ciò che distingue, in ambito ‘religioso’, il principio di “autorità” da quello di “autorevolezza”.
     
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  11. Tomo Ko
     
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    Veri e falsi istruttori spirituali. (Réné Guénon)

    Abbiamo sovente insistito sulla distinzione che bisogna fare
    tra l'iniziazione propriamente detta, che è il collegamento puro
    e semplice a una organizzazione iniziatica, il che implica
    essenzialmente la trasmissione di un'influenza spirituale, ed i
    mezzi che possono in seguito essere messi in opera per
    contribuire a rendere effettiva un'iniziazione che non era
    all'inizio che virtuale, mezzi la cui efficacia è naturalmente
    subordinata, in tutti i casi, alla condizione indispensabile di un
    ricollegamento precedente.
    Questi mezzi, poiché costituiscono l'aiuto apportato dal di
    fuori al lavoro interiore da cui dovrà risultare lo sviluppo
    spirituale dell'essere ( beninteso che essi non possono mai
    supplire in alcun modo a questo stesso lavoro), possono essere
    chiamati, nel loro insieme, col termine di istruzione iniziatica,
    prendendo questo termine nel suo senso più esteso, e non
    limitandosi alla comunicazione di certi dati d'ordine dottrinale,
    ma comprendendovi allo stesso modo tutto ciò che, a qualsiasi
    titolo, è adatto a guidare l'iniziato nel lavoro che egli compie
    per giungere a una vera realizzazione spirituale a qualsiasi
    grado essa sia.
    Ciò che è più difficile, soprattutto nella nostra epoca, non è
    certo il fatto di ottenere un ricollegamento iniziatico, ciò che
    può essere perfino troppo facile; ma è di trovare un istruttore
    veramente qualificato, come abbiamo detto, cioè capace di di
    svolgere realmente la funzione di guida spirituale, applicando
    tutti i mezzi convenienti alle proprie possibilità particolari, al
    di fuori delle quali è evidentemente impossibile ottenere alcun
    risultato effettivo. Senza un tale istruttore, come abbiamo
    spiegato precedentemente, l'iniziazione pur essendo
    sicuramente valida in se stessa, poiché l'influenza spirituale è
    stata realmente trasmessa attraverso un rito appropriato,
    rimarrà sempre semplicemente virtuale, salvo in rarissimi casi
    eccezionali. Ciò che aggrava ancor più la difficoltà, è che
    coloro che hanno la pretesa di essere delle guide spirituali,
    senza essere in alcun modo qualificati per svolgere questo
    ruolo, probabilmente non sono mai stati così numerosi come al
    giorno d'oggi; e il danno che ne risulta è tanto più grande che,
    di fatto, questa gente ha generalmente delle facoltà psichiche
    molto potenti e più o meno anormali, ciò che evidentemente
    non prova nulla dal punto di vista di uno sviluppo spirituale ed
    è anzi generalmente una indicazione piuttosto sfavorevole a
    questo riguardo, ma che non è meno suscettibile di creare
    illusioni e di imporsi a tutti coloro che sono insufficientemente
    avvertiti e che, di conseguenza, non sanno fare le distinzioni
    essenziali.
    Non si potrebbe quindi guardarsi troppo contro questi falsi
    istruttori, che non possono che sviare coloro che si lasciano
    sedurre da loro, e che dovrebbero anzi stimarsi fortunati se
    non capita loro nulla di più dannoso che di perdere il loro
    tempo; che d'altronde questi non siano che dei semplici
    ciarlatani, come ve ne è fin troppi attualmente, o che si
    illudano essi stessi prima di illudere gli altri, ovviamente ciò
    non cambia nulla riguardo alle conseguenze, e anche in un
    certo senso, coloro che sono più o meno completamente
    sinceri (poiché ce ne possono essere di vari gradi) sono forse
    ancora più dannosi per la stessa loro incoscienza. C'è appena
    bisogno di aggiungere che la confusione dello psichico e dello
    spirituale, disgraziatamente così diffusa tra i nostri
    contemporanei e che abbiamo denunciato in molte occasioni,
    contribuisce in larga misura rendere possibili le peggiori
    incomprensioni a questo riguardo; se a ciò si aggiunge
    l'attrazione dei pretesi “poteri” e il gusto dei “fenomeni” più o
    meno straordinari, che d'altronde vi si associano perlopiù
    inevitabilmente, si avrà da ciò una spiegazione completa del
    successo di certi falsi istruttori.
    Vi è tuttavia una caratteristica dalla quale molti di costoro, se
    non tutti, possono essere riconosciuti abbastanza facilmente, e,
    benché ciò sia, in sostanza, una conseguenza diretta di tutto
    quanto abbiamo costantemente esposto riguardo l'iniziazione,
    noi non crediamo inutile, a riguardo delle questioni che ci
    sono state poste negli ultimi tempi a proposito di diversi
    personaggi più o meno sospetti, di precisarlo in modo ancora
    più esplicito. Chiunque si presenti con un istruttore spirituale
    senz'esser collegato a una forma tradizionale determinata o
    senza conformarsi alle regole stabilite da queste, non può
    possedere veramente la qualità che egli si attribuisce; costui
    può essere, secondo i casi, un volgare impostore o un'illuso,
    ignorante delle reali condizioni dell'iniziazione; e in
    quest'ultimo caso più ancora che nell'altro, c'è veramente da
    temere che egli non sia, nella maggioranza dei casi, in
    definitiva, null'altro che uno strumento al servizio di qualche
    cosa che non sospetta neppure lui stesso. Noi diremo la stessa
    cosa (d'altronde questa caratteristica si confonde forzatamente
    fino ad un buon punto con la precedente) di chiunque abbia la
    pretesa di dispensare indistintamente un insegnamento di
    natura iniziatica a chiunque ed anche a dei semplici profani,
    trascurando la necessità, quale condizione prima della sua
    efficacia, del ricollegamento a una organizzazione regolare, o
    anche di chiunque proceda seguendo dei metodi che non sono
    conformi a quelli di alcuna iniziazione riconosciuta
    tradizionalmente. Se si sapessero applicare queste poche
    indicazioni e ci si sapesse attenere sempre strettamente, i
    promotori di “pseudo-iniziazioni”, qualunque forma esse
    rivestano, si troverebbero immediatamente smascherati (1);
    resterebbe soltanto ancora il danno che potrebbe venire da
    rappresentanti di iniziazioni deviate, benché reali, e che hanno
    smesso di rimanere nella linea dell'ortodossia tradizionale; ma
    ciò è certamente molto meno diffuso, perlomeno nel mondo
    occidentale, e, di conseguenza, evidentemente molto meno
    urgente per preoccuparsene nelle circostanze presenti. Del
    resto, possiamo dire perlomeno che gli istruttori che si
    collegano a tali iniziazioni hanno generalmente in comune con
    gli altri di cui abbiamo parlato, l'abitudine di manifestare i loro
    poteri psichici ad ogni proposito e senza alcuna ragione valida
    ( dato che non possiamo considerare come tale l'attirare
    discepoli e trattenerli con questi metodi, che è lo scopo cui
    essi mirano di solito ), e di attribuire maggior peso ad uno
    sviluppo eccessivo e più o meno disordinato delle possibilità
    di questo tipo, ciò che va sempre a detrimento di ogni vero
    sviluppo spirituale.
    D'altra parte, per quanto riguarda i veri istruttori spirituali, il
    contrasto che essi presentano verso i falsi istruttori, sotto i vari
    rapporti che abbiamo indicato, può, se non farli riconoscere
    con tutta sicurezza (nel senso che queste condizioni, se sono
    necessarie, possono tuttavia non essere sufficienti), per lo
    meno aiutare grandemente; ma qui conviene fare un'altra
    considerazione per dissipare ancora qualche falsa idea.
    Contrariamente a quanto molti sembrano immaginare, non è
    sempre necessario, perché qualcuno sia atto a svolgere questo
    ruolo, entro certi limiti, che egli sia giunto a una realizzazione
    spirituale completa; dovrebbe essere ben evidente, in effetti,
    quanto sia sufficiente molto meno di ciò per essere capace di
    guidare validamente un discepolo nei primi stadi della sua
    carriera iniziatica. Beninteso, quando costui avrà raggiunto il
    punto al di là del quale egli non può condurlo, l'istruttore che
    si trova in questo caso, ma che è tuttavia veramente degno di
    questo nome, non esisterà mai di fargli sapere che ormai egli
    non può più far nulla per lui, e di indirizzarlo allora per
    proseguire il suo lavoro nelle condizioni più favorevoli, sia al
    suo proprio Maestro, se la cosa è possibile, sia ad un altro
    istruttore che egli riconosca come più qualificato di se stesso;
    e, quando è così, non vi è nulla di stupefacente ne di anormale
    che il discepolo possa finalmente superare il livello spirituale
    del suo primo istruttore, che d'altronde, se è veramente ciò che
    egli deve essere, non potrà che felicitarsi d'aver contribuito
    alla sua parte, per modesta che essa sia, per condurlo a questo
    risultato. Le gelosie e le rivalità individuali, in effetti, non
    potrebbero aver alcun posto nel vero dominio iniziatico,
    quando invece al contrario, esse sono quasi sempre presenti
    nel modo di agire dei falsi istruttori; e questi sono unicamente
    coloro da denunciare e combattere, ogni volta che le
    circostanze lo esigano, non solamente dai Maestri spirituali
    autentici, ma anche da tutti quelli che hanno un qualche grado
    di coscienza di ciò che sia realmente l'iniziazione.

    (1) non bisogna dimenticare, naturalmente, di contare tra numero delle
    pseudo-iniziazioni, come abbiano spiegato in altre occasioni, tutte quelle
    che pretendono di basarsi su forme tradizionali non aventi più attualmente
    alcuna esistenza effettiva; ma queste perlomeno sono manifestamente
    riconoscibili a prima vista e senza che ci sia bisogno di esaminare le cose
    da più vicino, ciò che non è sempre la stessa cosa per le altre.
     
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    26/12 14:05 warmbeer: Essere affiliato all'Ubi non è di per sè una garanzia. (almeno) due dei più "maestri qualificati" soto zen non sono "affiliati UBI" ... e se che li chiami "maestro qualificato" ti prendono a bastonate. :)

    26/12 15:38 mauricello: Non so l'UBI, ma l'UII (Unione Induista Italiana), si danno un pacco di arie

    26/12 16:45 arkeo2001: Fighe le bio dei maestri, sembra un'appendice alle bio degli 84 mahasiddha

    27/12 0:55 Q. A. Simmaco: "e se che li chiami 'maestro qualificato' ti prendono a bastonate." Questa è la prova che sono maestri qualificati

    27/12 9:11 arkeo2001: O anche del fatto che sono furbi e hanno capito che facendo così passano per maestri qualificati... Una delle mie due o tre "fregature" in questo campo è andata esattamente così; il problema si è semplicemente annidato in una matrioska interna e al momento non me ne ero accorto c'è poco da fare, occorre "vedere all'opera" il potenziale maestro per qualche anno almeno non dico vivendoci accanto ma quasi.

    27/12 9:18 warmbeer: Concordo con arkeo, secondo me occorrerebbe proprio distinguere tra obbedienza e amicizia in ambito spirituale.

    27/12 11:55 Q. A. Simmaco: Scherzavo sulla facilità al bastone dei maestri zen! Naturalmente sono d'accordo

    27/12 12:31 arkeo2001: Anche io ovviamente scherzavo, penso che il riferimento che avevamo tutti inespresso è "comportamento non sempre convenzionale" e si può ostentare ciò che non si ha in modi molto sottili, ma so che anche questa è una banalità...

    27/12 14:51 warmbeer: vabbè allora qui siamo tutti dei simpatici umoristi! Però il discorso della "schiavitù spirituale" è una cosa seria... specialmente nelle vie che portano alla liberazione (tutte, anche l'ateismo, e parlo da ateo)

    Disclaimer: Ho commesso l'errore di incollare le discussioni in tag nell'area vaijrayana, e di rispondere non tenendo conto della tradizione. Chiedo venia

    Edited by warmbeer - 28/12/2016, 16:04
     
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  13. mauricello
     
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    27/12 9:18 warmbeer: Concordo con arkeo, secondo me occorrerebbe proprio distinguere tra obbedienza e amicizia in ambito spirituale.

    Per me "obbedienza" in campo spirituale è un termine mostruoso, foriero di foschi scenari.
    In ambito spirituale preferisco il termine "condivisione", "comune sentire", ed un vero maestro sa riconoscere il sentire dei suoi allievi cosicché non vi è alcuna necessità di imporre "obbedienza"
     
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    CITAZIONE (mauricello @ 28/12/2016, 08:32) 
    Per me "obbedienza" in campo spirituale è un termine mostruoso, foriero di foschi scenari.
    In ambito spirituale preferisco il termine "condivisione", "comune sentire", ed un vero maestro sa riconoscere il sentire dei suoi allievi cosicché non vi è alcuna necessità di imporre "obbedienza"

    Da persona allergica all'imposizione dell'autorità, devo però dire una cosa: in momenti nei quali non hai la piena consapevolezza delle giuste scelte da fare, il maestro è l'unico che può orientarti, anche in modo paradossale (cioè con insegnamenti che vadano oltre la comune δόξα, e che perciò siano controintuitivi ma non per questo inefficaci). In tali momenti, devi affidarti alla sua lunga visione perché rappresenta la tua vista, essendo tu miope nelle prove spirituali che dovrai affrontare. Come sapere se fidarsi è molto difficile, e dipende dalla capacità, oggettiva, di riconoscerne i meriti. Tuttavia, una volta affidatosi al suo insegnamento, bisogna sempre approcciarsene criticamente, ma ciò non significa averne fiducia anche quando immediatamente non si è convinti del senso e dei risultati. Diversa cosa è se il maestro ti dà motivo di dubitare delle sue capacità o dei suoi fini, o se agosce con un senso di superiorità e non è disponibile all'insegnamento.
     
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    CITAZIONE (Q. A. Simmaco @ 28/12/2016, 09:59) 
    Da persona allergica all'imposizione dell'autorità, devo però dire una cosa: in momenti nei quali non hai la piena consapevolezza delle giuste scelte da fare, il maestro è l'unico che può orientarti, anche in modo paradossale (cioè con insegnamenti che vadano oltre la comune δόξα, e che perciò siano controintuitivi ma non per questo inefficaci). In tali momenti, devi affidarti alla sua lunga visione perché rappresenta la tua vista, essendo tu miope nelle prove spirituali che dovrai affrontare. Come sapere se fidarsi è molto difficile, e dipende dalla capacità, oggettiva, di riconoscerne i meriti. Tuttavia, una volta affidatosi al suo insegnamento, bisogna sempre approcciarsene criticamente, ma ciò non significa averne fiducia anche quando immediatamente non si è convinti del senso e dei risultati. Diversa cosa è se il maestro ti dà motivo di dubitare delle sue capacità o dei suoi fini, o se agosce con un senso di superiorità e non è disponibile all'insegnamento.

    Ben detto... Ho sempre pensato che accanto alla figura del boccalone estasiato dal guru indiano mangiasoldi, ci siano percentualmente molte più persone che diffidano di tutto e tutti e pensano che secoli di tradizione e lavoro di generazioni siano lì pronti a essere interpretati perché nessuno ci era arrivato prima. Penso che questa, ancora prima della credulità, sia la malattia della mentalità post-rivoluzione francese.
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